Lavoro pubblico, servono almeno 1,2 milioni di assunti entro il 2030
Tagli al Welfare «Piano straordinario» della Fp Cgil: servizi a rischio per pensionamenti e fabbisogni ridotti. Sorrentino e Landini: 87mila precari saranno licenziati e niente soldi per i contratti
Tagli al Welfare «Piano straordinario» della Fp Cgil: servizi a rischio per pensionamenti e fabbisogni ridotti. Sorrentino e Landini: 87mila precari saranno licenziati e niente soldi per i contratti
Sono la categoria, assieme ai pensionati, più colpita dalla prima manovra del governo Meloni. Per i dipendenti pubblici nel testo della legge di bilancio arrivato in parlamento non ci sono i fondi per il previsto rinnovo contrattuale (c’è solo un miliardo per un «emolumento accessorio una tantum»), tagli ai ministeri, alla sanità e nemmeno il promesso riconoscimento per infermieri e sanitari dei pronto soccorsi e dei reparti Covid.
Ma la situazione è ancora più grave per «gli 87mila precari nei servizi pubblici, esclusi i settori della scuola e della ricerca, completamente dimenticati dal governo Meloni», come denuncia la segretaria generale della Fp Cgil Serena Sorrentino. Per loro si prospetta nient’altro che il licenziamento. Tutto per risparmiare.
A questa situazione la Fp Cgil risponde lanciando il suo «piano straordinario per l’occupazione nel settore pubblico», presentato ieri pomeriggio nella sede della confederazione a Corso d’Italia a Roma, alla presenza del direttore generale di Fpa, Gianni Dominici.
Per la Cgil è necessario un piano pluriennale di assunzioni stabili nelle pubbliche amministrazioni di 1,2 milioni di posti di lavoro per coprire sia il turnover al 2030, pari a 700 mila uscite per pensionamenti entro quella data, esclusi i compari Istruzione e Ricerca, sia i fabbisogni reali di personale.
Dal rapporto della Funzione Pubblica Cgil emerge in pillole che: dal 2000 al 2020 in Italia ci sono stati 200 mila dipendenti pubblici in meno; l’età media del personale in 20 anni è cresciuta di 6 anni e mezzo, e già nel 2020 era di 50 anni; dal 2026 andranno in pensione (anche a Fornero immutata) 300 mila dipendenti, dal 2030 700 mila in tutta la Pubblica amministrazione (esclusa Istruzione e Ricerca); 110 milioni di euro in meno sulla formazione in dieci anni.
Per queste ragioni la Fp Cgil, insieme alla Cgil, chiede: «Un piano pluriennale di assunzioni stabili di 1.200.000 posti di lavoro, che potranno coprire sia il turn-over al 2030 che i fabbisogni reali di personale stimati, così suddivisi: 180mila nelle Funzioni Centrali, di cui 120 mila per pensionamenti e 60 mila per fabbisogni; 350 mila nelle Funzioni Locali, di cui 220 mila per pensionamenti e 130 mila per fabbisogni; 500 mila nella sanità, di cui 240 mila per pensionamenti e 260 mila per fabbisogni; per i restanti settori 170 mila tra personale in regime di diritto pubblico e comparto autonomo, di cui 140 mila per pensionamenti e 30 mila per fabbisogni.
La Fp Cgil sottolinea poi come tra alcuni profili professionali in particolare le assunzioni proposte potrebbero impattare sui servizi per i cittadini. Il fabbisogno di 15.145 tra cancellieri e funzionari giudiziari porterebbe la durata media di un processo civile a 2 anni. Il fabbisogno di 6.122 medici di emergenza e urgenza porterebbe l’attesa media in Pronto soccorso a 60 minuti. Nei servizi per l’infanzia il fabbisogno del personale 0-3 pari a 24.600 garantirebbe alle famiglie con bambini un educatore ogni 5 alunni, invece che ogni 7.
Nella manovra «non c’è un euro che viene destinato al rinnovo dei contratti pubblici che sono già scaduti, determinando il rischio di un ulteriore impoverimento delle retribuzioni», visto anche l’alto livello di inflazione, sottolinea il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. «Mettere al centro il lavoro pubblico e la sua funzione può essere il motore di un nuovo modello di sviluppo del Paese. Un piano straordinario è una esigenza non solo per i giovani del Paese ma anche per ammodernare il Paese», aggiunge Landini.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento