Lavoro nero, condannata Napoli sotterranea onlus
Guide turistiche sottopagate e sfruttate. Prima sentenza per l’associazione che gestisce le visite guidate del sottosuolo
Guide turistiche sottopagate e sfruttate. Prima sentenza per l’associazione che gestisce le visite guidate del sottosuolo
Condannata a pagare 81.054 euro più gli interessi e le spese legali per aver impiegato in nero una dipendente con «una media di oltre 12 ore al giorno, senza giorno di riposo per quasi tre anni, retribuzione di 4 euro l’ora, mancanza di copertura previdenziale, niente ferie o malattia». A stabilirlo il 9 ottobre è stato il giudice Paolo Coppola del tribunale del Lavoro di Napoli. In base agli atti, a sfruttare A. D. è stata l’associazione Culturale Napoli Sotterranea Onlus che gestisce le visite guidate nel sottosuolo con ingresso in piazza San Gaetano, nel cuore dei Decumani, e nel Teatro romano, un vero e proprio gioiello incastonato nei palazzi antichi. Una miniera d’oro grazie al flusso turistico.
Si tratta ancora del primo grado (la onlus ha sei mesi per fare appello) ma la sentenza offre uno spaccato delle condizioni in cui operavano tre dipendenti che hanno deciso di mettere a verbale la loro versione dei fatti. A. D., ad esempio, si era appena laureata, a dicembre 2014 viene presa come guida da Napoli sotterranea, un lavoro che richiede un alto livello culturale e la conoscenza delle lingue. Le condizioni a cui è stata costretta a sottostare per quasi tre anni le ha raccontate in tribunale: «Accompagnavo i turisti all’interno e all’esterno del sito ma dovevo anche fare la cassiera al bar. Lavorato dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20; sabato, domenica e festivi dalle 8 alle 21. In occasione di eventi serali e notturni dovevo anche allestire la sala e fare da cameriera fino a mezzanotte. La paga era di 4 euro l’ora. Lo straordinario non era contemplato e nessuna ricompensa extra per la reperibilità». Se ha mollato non è stato solo per il compenso misero: «Noi guide eravamo costantemente stressate per gli orari insostenibili, sempre in piedi, costrette a parlare senza sosta al pubblico, spesso sotto terra, senza adeguata areazione. E poi c’erano le offese continue, in privato e in pubblico. Mai richieste, solo ordini come fossimo dei servi. Ci obbligavano a rifiutare le mance perché Napoli sotterranea è una onlus. Quando non potevamo rifiutarle allora dovevamo consegnarle ai titolari, che se le tenevano».
Il giudice ha stabilito che «è provata la continuità del rapporto di lavoro e la subordinazione. Le mansioni sono inquadrabili nel quarto livello del Contratto nazionale di lavoro del Turismo». Ma nessun contratto è stato fatto firmare ad A. D. a cui dovranno essere risarcite «le differenze retributive ordinarie, per lavoro straordinario, ferie, festività, permessi, mancato risposo settimanale, tredicesima, quattordicesima, Tfr e indennità sostitutiva di preavviso».
La vittoria è arrivata anche grazie al team dello sportello legale dell’Ex opg Je so’ pazzo, che sta seguendo altre 5 cause contro Napoli sotterranea. «A. D. è una ragazza napoletana che è stata impiegata in un sito molto famoso senza alcuna tutela – spiega l’avvocato Maurizio Di Stasi che, con Elisena Iannuzzelli, Danilo Risi e Virginia Amorosi ha seguito la causa -. Costretta a lavorare 84 ore a settimana quando il contratto nazionale ne prevede 40. Le cave sono del Comune, date 30 anni fa in concessione con un canone irrisorio di 800 euro al mese a un privato che utilizza un bene comune per lo sfruttamento e l’arricchimento personale». La concessione scadrà il prossimo gennaio: «Abbiamo chiesto al Comune che ne internalizzi la gestione – spiega Chiara Capretti dell’Ex opg – in modo da farne davvero un centro culturale, investendo poi i proventi sul territorio altamente sfruttato dalla turistificazione».
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