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Lavorare meno (e meglio) si può anche da noi

Tempi di Vita Lavorare meno (e meglio) si può anche da noi. La mia proposta di legge in Regione Emilia - Romagna

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 8 febbraio 2018

L’accordo stipulato da Ig Metall e imprese metalmeccaniche in Germania che contempla la possibile riduzione dell’orario lavorativo settimanale a 28 ore costituisce la prova provata del rilievo strategico della riduzione di orario ai fini del recupero di condizioni di vita e di lavoro veramente degne della persona umana. Nel cuore industriale d’Europa vengono così smentite le arcigne affermazioni del neoliberismo sulla necessità di uno sfruttamento sempre più intenso, prolungato e asfissiante delle risorse lavorative. Né si può pensare d’altra parte che gli imprenditori tedeschi vadano consapevolmente contro i propri interessi, ma, al contrario, dimostrano così di sapere comprendere le condizioni che rendono il lavoro effettivamente produttivo ed anche fidelizzato. Bisogna poi sottolineare che anche in quegli accordi la necessità di una compensazione salariale alla riduzione di orario è stata tenuta ben presente. Questa è la medesima preoccupazione che si ritrova nella proposta di legge regionale in tema di riduzione d’orario e di contratti di solidarietà espansiva che ho presentato come consigliere di opposizione all’Assemblea regionale dell’Emilia – Romagna. In Germania la compensazione è stata ottenuta tramite un contemporaneo aumento del salario orario; nella proposta da me presentata viene ottenuta attraverso l’utilizzo di strumenti diversi che tuttavia tendono a garantire una compensazione totale a fronte della riduzione di una giornata lavorativa ogni settimana (quattro invece di cinque). Per raggiungere questo scopo basta una semplice integrazione all’elenco delle prestazioni di welfare aziendale fiscalmente esenti, come ho cercato di spiegare sulle colonne di questo stesso giornale. Per finire, vorrei rispondere a chi ha osservato che una misura come quella pattuita dai sindacati tedeschi non sarebbe fattibile in Italia per la minor produttività del lavoro. L’obiezione parte dal presupposto infondato che la riduzione d’orario debba comportare per le imprese sempre e comunque un maggior costo orario del lavoro, ma non è così quando, come nella mia proposta, il monte orario lavorato resta il medesimo con il vantaggio dell’assunzione di altri lavoratori che equilibrano la diminuzione di orario dei loro colleghi. D’altro canto, la riduzione d’orario da sempre comporta un aumento della produttività individuale per ragioni facilmente intuibili connesse ad una migliore qualità della vita del lavoratore e all’evoluzione tecnologica che la stessa riduzione incentiva

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