Visioni

L’autorialità sconfigge la «meraviglia»

L’autorialità sconfigge la «meraviglia»

Vincitori e Vinti Rassegna del palmares della Mostra 2015

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 13 settembre 2015

della serata finale di Venezia 72 è Jonathan Demme con la sua t-shirt «Reclaiming Democracy». Scelte nette, quelle del presidente e della giuria di Orizzonti, ottima la regia a Jake Mahaffy per Free Indeed, inquietante immersione nelll’ossessione fanatica religiosa delle chiese americane. Così come il premio speciale a Neon boi, brasiliano che ha respirato la lezione delle nuove onde, o quello speciale a L’infanzia di un leader, opera prima ambiziosa e persino irritante (ma con la potente musica di Scott Walker) che ha conquistato anche il premio De Laurentiis per il miglior film – giuria guidata da Saverio Costanzo.

Se Orizzonti ha mantenuto la promessa di una ricerca (peccato però per The Mountain, il bel film israeliano) non altrettanto sorprendenti si possono dire le scelte della giuria principale con presidente Cuarón. Ha vinto un cinema d’autore «solido», impegnato ma senza sobbalzi né slittamenti per le abitudini mentali dello sguardo col Leone d’oro a Desde Allà scritto da Guillermo Arriaga, e quello d’argento a El Clan di Pablo Trapero. Venezuela e Argentina «radiografate» nella Storia e nel presente, nei rimossi familiari specchio del Paese. Stessa linea cinematografica del film turco di Emin Alper Frenzy. Cinema senza sobbalzi e « di scrittura» anche quello di Christian Vincent e però Fabrice Luchini premiato con la Coppa Volpi è una tale presenza gigantesca del cinema che si può solo essere felici.

Di Valeria Golino si sapeva già subito dopo la proiezione, lei è stata stupenda, condividendo questa sua gioia da ragazza con il regista e tutto il gruppo del film, uno dei più belli visti qui, per invenzione di regia, e in qualche modo il suo premio come quello all’amore impossibile di Anomalisa di Kaufman spiazzano un po’ questo verdetto così irregimentato e unidirezionale (però il bambino di Beasts of No Nation, Abrahan Atah è molto bravo a confrontarsi con la storia).

Cuaron sul palco sorrideva soddisfatto o imperscrutabile, certo diranno che c’è molta America Latina nel palmares perché lui era il presidente – non hanno detto lo stesso per il Leone a Sacro Gra ? – ma non dimentichiamo che da quel continente negli ultimi decenni sono arrivate proposte forti e vitali, tra le migliori nelle cinematografie del mondo.

L’Italia esce quasi senza niente, eppure oltre a Gaudino stavolta aveva due film pieni di «meraviglia» come Sangue del mio sangue di Bellocchio e A Bigger Splash di Guadagnino, immagini le loro piene di energia, passione e invenzione di cinema. Le stesse che attraversano i film di Anderson (Heart of a Dog ) di Egoyan (Remember), troppo liberi o libertari per rientrare in questa visione del cinema. Politici nell’invenzione di linguaggi e di forme con cui decostruire la realtà e non raccontarla come ci si aspetta
Difatti il capolavoro politico di Gitai, Rabin, The Last Day, nel palmares non c’è. Domani è un altro giorno, per fortuna c’è anche questo cinema.

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