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L’autopsia smentisce la «legittima difesa» del tabaccaio di Ivrea

L’autopsia smentisce la «legittima difesa» del tabaccaio di IvreaPoliziotti di fronte al tabacchi a Pavone Canavese – LaPresse

Giustizia fai da te Non ci sarebbe stata colluttazione con il rapinatore: il commerciante avrebbe sparato dall'alto, forse alle spalle. Salvini: sto sempre con l’aggredito. Conte: non è detto che dobbiamo avere le stesse idee

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 12 giugno 2019

Prima venne Salvini con tanto di hashtag lapidari, poi fu subito la volta della folla urlante, del parroco del paese («vogliamo essere vicini a Franco», aveva detto durante la messa don Beppe Dorma, ricevendo il plauso di Libero) e, infine, di Adinolfi con il suo Popolo della Famiglia.

Se non stessimo parlando di un fatto drammatico saremmo di fronte all’ennesima performance del teatrino politico italiano dell’era gialloverde, pronto ad affrettare i tempi della giustizia prima che questa faccia il suo corso. Perché, sbraita Salvini, la difesa è sempre legittima.

L’esito dell’autopsia ha, però, contraddetto la prima ricostruzione. Franco Iachi Bonvin, tabaccaio di Pavone Canavese, comune di quasi 4 mila abitanti vicino a Ivrea, non sarebbe sceso in cortile durante il furto e non avrebbe sparato dopo una colluttazione con i ladri. Ion Stavila, giovane moldavo di 24 anni, sarebbe, infatti, stato freddato da un colpo dall’alto, probabilmente sparato dal commerciante dal balcone di casa. Il proiettile avrebbe, forse, raggiunto il giovane alle spalle. Ed è morto così, nella notte tra giovedì e venerdì, nel corso di un furto a una tabaccheria. Mentre i complici si davano alla fuga.

È stato un colpo preciso quello che ha raggiunto la parte destra del suo cuore; Stavila avrebbe fatto qualche passo lungo il marciapiede prima di morire, dove si è accasciato. Gli elementi certi, dopo l’autopsia eseguita dal medico legale Roberto Testi, sono dunque questi: un solo proiettile al cuore e l’assenza di colluttazione; entrambi aspetti che smentiscono la ricostruzione data dal tabaccaio a margine dell’accaduto. Iachi Bonvin è tuttora indagato per eccesso colposo di legittima difesa. Il suo racconto non aveva convinto del tutto gli investigatori e i loro dubbi si sono rafforzati ieri mattina.

«Non è ancora possibile stabilire se il colpo sia stato sparato di fronte o di spalle né se dall’alto. Non sappiamo ancora quale sia il foro di ingresso e quello di uscita del proiettile», ha precisato il procuratore capo di Ivrea Giuseppe Ferrando. Lo dovranno stabilire gli esami balistici.

«Dobbiamo trovare ancora gli altri proiettili», ha aggiunto il magistrato, invitando alla prudenza. Nella pistola, un Revolver 357, sono stati trovati sette bossoli. Se i nuovi elementi fossero confermati dalla scientifica potrebbe non essere applicabile la nuova legge sulla legittima difesa, anche perché non c’è stata un’aggressione alla persona ma solo al patrimonio. «In casi come questo – ha sottolineato il procuratore – bisogna valutare attentamente ogni dettaglio».

«Se fosse vero che il tabaccaio di Ivrea ha sparato dall’alto e alle spalle saremmo di fronte alle prime due vittime delle menzogne di Salvini sulla legittima difesa. Il ladro, sanzionato per un furto con la pena di morte direttamente eseguita sul posto, e il tabaccaio, ingannato dalla propaganda del governo, che si ritrova indagato per omicidio volontario. Perché anche oggi, nonostante la riforma, la difesa è legittima solo a certe condizioni, e non può mai trasformarsi in giustizia fai da te», ha dichiarato Alfredo Bazoli, il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera.

Nei prossimi giorni Iachi Bonvin sarà di nuovo ascoltato dal procuratore di Ivrea Ferrando. Intanto, ieri sera, i commercianti di Pavone hanno organizzato una fiaccolata di solidarietà con il tabaccaio. Hanno dato adesione alla manifestazione oltre alla Lega anche i fascisti del terzo millennio di CasaPound.

L’uomo forte del governo, il vicepremier Matteo Salvini, incurante delle ultime rivelazioni, ha ancora tuonato: «Sono e sarà sempre a fianco dell’aggredito, mai dell’aggressore». Il premier Giuseppe Conte si è, però, smarcato dal suo ingombrante vice: «Non emetto sentenze – ha osservato – e comunque non è detto che dobbiamo avere le stesse opinioni su tutto».

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