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L’autodifesa di Salvini: lo stop allo sbarco coerente con il contratto di governo

L’autodifesa di Salvini: lo stop allo sbarco coerente con il contratto di governo – Lapresse

Diciotti Nella sua memoria il ministro dell'Interno accusa Malta e chiama in causa anche il dicastero di Moavero

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 7 febbraio 2019

Oggi il Movimento di Di Maio farà un passo avanti decisivo nella lunga marcia di avvicinamento al voto che negherà l’autorizzazione a procedere contro il ministro degli Interni per il sequestro di 177 migranti sulla nave Diciotti. I sette senatori pentastellati della giunta per le autorizzazioni riceveranno infatti stamattina, prima dell’inizio della seduta alle 8.30, la memoria preparata dal ministro Salvini e dalla sua legale, la ministra Bongiorno, corredata da due allegati, uno del premier Conte, l’altro del vicepremier Di Maio e del ministro Toninelli, in cui viene ribadita la decisione collegiale del governo in merito allo sbarco negato.

Il pezzo forte però è l’autodifesa del ministro. E’ quella che dovrà convincere i pentastellati dell’esistenza di un «preminente interesse pubblico» a sostegno della scelta di Salvini e del governo. Il documento, dunque, evita meticolosamente non solo di entrare nel merito del reato contestato, ma anche di chiamare in causa la politica e neppure si sogna, come da indiscrezioni della vigilia,di attaccare la magistratura. Giulia Bongiorno, già artefice dell’assoluzione di Andreotti, si muove con perizia. La difesa è dunque rigorosamente «tecnica», mira a dimostrare la presenza di una «esclusiva finalità di pubblico interesse».

Il ragionamento squadernato dal ministro tocca diversi punti ma parte dalle accuse rivolte a Malta, Paese al quale sarebbero spettati gli oneri di accoglienza ancora il 20 agosto, quando la nave attraccò nel porto di Catania, e che avrebbe «dirottato» la Diciotti verso l’Italia. Si era dunque creata una controversia internazionale che l’Italia ha affrontato nei limiti e nelle forme permessi dagli art. 11 e 117 della Costituzione. Restando all’interno di questa cornice, «il Governo ha posto in essere tutti gli strumenti di risoluzione del conflitto», «per il tramite», specifica la memoria e non a caso, «della branca dell’esecutivo a ciò deputata», cioè del ministro degli Esteri Moavero che viene così direttamente chiamato in causa. In concreto, secondo Bongiorno il ministro difendeva la sovranità nazionale nel contenzioso con un altro Paese, ma senza esorbitare dai limiti fissati dalla Carta.

L’asse centrale dell’arringa è però «la questione della redistribuzione dei migranti tra i vari Paesi europei». E’ quello «il punto di partenza e di arrivo di ogni atto compiuto dal ministro» d’accordo con l’intero governo. Dopo aver doviziosamente citato il carteggio con l’Europa intrecciatosi in quei giorni la conclusione: la vicenda non può essere considerata se non all’interno della sua coerenza con «una politica dello Stato sui flussi migratori, peraltro risultante anche nel contratto di Governo». Un’argomentazione a cui la difesa delega una doppia funzione: da un lato inquadrare la vicenda all’interno dell’esigenza – di interesse pubblico – della ripartizione dei flussi migratori; dall’altro mettere i senatori 5S di fronte a un voto sull’intera politica migratoria del governo.

Ultimo punto, l’ordine pubblico. Posto che «l’indiscriminato accesso nel territorio dello Stato» costituirebbe, secondo l’autodifesa di Salvini, una minaccia per l’ordine pubblico e che «il caso di specie» rientra appunto nelle strategie di contrasto a quell’indiscriminato accesso, la decisione sulla Diciotti «costituisce già di per se stessa perseguimento di un preminente interesse pubblico». Quasi di sfuggita il documento segnala che identica tesi era stata esposta il 12 settembre scorso da Conte, a Parigi.

Basterà a convincere i lacerati 5S?I n questi casi, di solito, si convince chi voleva farsi convincere e viceversa. Ma la temperie nei ranghi, pur ancora divisi e tormentati, dei 5S propende ormai in maggioranza per l’interpretazione più favorevole al ministro. Quasi definitivo l’intervento di ieri di Di Maio: «Siamo sempre stati contro l’immunità parlamentare. Ma quello di Salvini è un caso specifico». L’ultima parola non verrà pronunciata oggi. La base più rigida va portata ad accettare il voto contro l’autorizzazione dolcemente, senza forzature. Si attenderà la proposta del presidente della giunta Gasparri nella prossima riunione, poi la discussione. Ma alla fine il voto, salvo sorpresa, salverà il ministro.

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