Laura Guglielmi legge e segue le tracce di Calvino da una vita. È una guida privilegiata del suo concittadino ideale, infatti Italo nacque sì a Cuba dove i genitori lavoravano come studiosi e botanici ma crebbe e scoprì il mondo a Sanremo (o San Remo come la chiama lui, le non molte volte che cita la sua città). La splendida Liguria del Ponente e la sua pervicace distruzione a opera della speculazione edilizia e industriale (la floricultura) potrebbero essere il nucleo e trauma generatore di tutta l’opera. La storia (l’anteguerra, la Resistenza, il confine, il grasso dopoguerra), le architetture, i campi, i gerbidi, gli orti, gli alberi, la città misteriosa (l’arnia desolata ma intatta della Pigna)… In Italo Calvino e Sanremo Alla ricerca di una città scomparsa (Il Canneto, pp. 145, € 18,00) Guglielmi racconta la sua storia e quella di Calvino, restituendo allo scrittore una dimensione più umana e locale. Diventa parigino, sente New York «senza storia» come la città più sua, si incanta davanti alle evoluzioni degli storni a Roma, ma in realtà «Sanremo continua a saltar fuori», una città vera e compromessa da cui partire per fantasticare di città ideali, tanto meno dolenti.

Guglielmi ripercorre con acutezza la formazione di Calvino, insofferente della passione paterna per la coltivazione e la caccia, smanioso di chiudersi con un libro o correre al cinema. Ma il padre scienziato e orticoltore estroverso e la madre che raccoglie cataloga studia cura il giardino della villa, vero orto botanico, lasciano un segno determinante sul desiderio di precisione e chiarezza del figlio, di una prosa cristallina, tutto il contrario dell’espressionismo barocco di predecessori e coetanei (Gadda, Landolfi, Ortese).

Laura Guglielmi ha curato a Sanremo un itinerario calviniano con cartelli e citazioni che si può ripercorrere. E scoprire che tutto è cambiato, irriconoscibile, la Villa Meridiana assediata dai condomini, l’orto nell’«opaco» di Mario Calvino sotto i pilastri dell’autostrada. Italo Calvino e Sanremo racconta queste amare scoperte con freschezza, facendoci sentire la voce di Italo fin dai titoli dei capitoli («Una spiegazione generale del mondo», «Non è la voce di mia madre che ritorna», «Il romanzo si svolge in un paese immaginario»…). Un intreccio continuo e ben scandito che ci porta lungo tutto l’itinerario della vita dello scrittore, fino all’approdo a Castiglione della Pescaia, dove è sepolto. Sullo sfondo la Riviera centro di turismo cosmopolita, «dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Cinquanta: Giovanni Ruffini, la Zarina…, Matilde Serao, Henry James, Edward Lear…». Cito dal riassunto del Capitolo 6 («L’estate in cui cominciavo a prender gusto alla giovinezza»), che si legge nell’utile Indice tematico. Non è irrilevante evocare queste presenze importanti, letterarie e non, e le vicende del turismo, che poi spiegano l’evolversi e implodere dell’economia, speculazione edilizia, industrializzazione, corruzione. Raccogliendo e sintetizzando tante informazioni e microstorie («Nel 1905 s’aperse il Casinò», «La gita a Mentone», «Al mattino presto si vede la Corsica»), Guglielmi non solo ci propone un nuovo modo di leggere Calvino, ma offre una documentazione storica preziosa per lettori e studiosi della cultura e società del Novecento.
Calvino ha avuto fortuna ed è stato letto come esponente del postmoderno, cioè di una letteratura al quadrato, che parla solo di sé stessa, «invisibile». E oggi questo modello appare datato davanti alle crisi epocali del nuovo millennio. Letteratura da guerra fredda. Guglielmi restituisce Calvino alla realtà sociale e storica, biografica anche. È un ambito solo apparentemente più circoscritto, locale, in realtà è un nutrimento terrestre che ci permette di rileggere con nuovo interesse le sue fantasie, la sua vita fra gli alberi.

Va anche detto che Guglielmi scrive con accattivante leggerezza e misura, un racconto appassionato ma non troppo che somiglia all’autore della sua vita. Mario Calvino a caccia raccomanda a Italo di fare la posta alla lepre, ma lui volutamente se la lascia scappare davanti e poi nega che sia passata di lì. «Ora ho davanti agli occhi Italo con il fucile in mano, Mario che corre nella valletta di fronte e la lepre che passa e corre via felice con ancora il sangue caldo nelle vene». Calvino, ci ricorda Guglielmi, rifletteva «quale sia il modo migliore per riconoscere, in mezzo all’inferno, che cosa non sia inferno e farlo durare e dargli spazio».