Visioni

L’attitudine punk dei Sleaford Mods

L’attitudine punk dei Sleaford ModsSleaford Mods

Musica Il duo inglese al quinto album, «Eton Alive», tagliente e politico

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 27 aprile 2019

Quando si vuole sottendere l’attitudine punk – al di fuori di chitarra, basso e batteria – si pensa all’impatto di un suono sporco, alla detonazione del messaggio, a quell’arrangiarsi del do it your self che capta il sentire comune di ribellione. I Prodigy sono stati i punk più rilevanti dell’epoca elettronica, gli stessi Prodigy invitarono a un feat nel brano Ibiza gli Sleaford Mods i quali, a parte essere il fenomeno del momento dell’underground, hanno quella spiccata e irresistibile natura punk, in cui la provocazione però va di pari passo con la coscienza politica.

PERCHÉ dietro agli Sleaford Mods emerge una storia precisa, quella della nuova working class inglese, fatta di lavoretti per pochi euro, espedienti, uffici del lavoro, l’assenza di prospettive, sfruttamento del capitalismo, un corollario di disillusioni e pessimismo che precipitano come macigni nei testi. Una narrativa che ritrova nella band una voce autorevole, attraverso quell’arte viscerale, acuminata e aggressiva che trova nel garage rap, nella produzione lo-fi, spietate armi di comunicazione. Le atmosfere prodotte allora sembrano sprigionare la rabbia dei sobborghi di Liverpool, dei dock inglesi, del pub della periferia di Londra e dei grigi luoghi di lavoro. Anche i video sono semplici, non ammiccano, gli abiti e i contesti sono quelli di un giorno o una casa qualsiasi, con le immagini sorrette dell’inerzia dei primi piani ma spinte violentemente dallo spoken word martellante, talvolta urlato.

Eton Alive (da Eton, college nel Berkshire frequentato dalla upper class britannica e quindi dai dirigenti che verranno) è il nuovo album, quinto in studio del duo di Nottingham, un prodotto tagliente che rappresenta il disagio ai tempi della Brexit, sullo sfondo la tecnologia arrembante e la società civile che tracolla. Ci sono 12 tracce meno spigolose degli altri lavori (basti ascoltare Firewall Mix 3), dove hanno cercato più forma e sonorità finanche orecchiabili come nel brano Substraction, malgrado il disco inizi alla vecchia maniera con l’industrial (dedicato a noi consumatori compulsivi) di Into the Payzone. L’oscuro post-rock di OBCT, l’ironica Kebab Spider, o la quasi funk Discourse sulla mancanza di profondità e di sentimenti nei discorsi, sono fra le più riuscite ma in realtà è difficile scegliere.

LA PRESENZA scenica e la voce di Jason Williamson sono inconfondibili mentre il socio Andrew Fearn (nei concerti con birra in mano a muovere la testa) crea semplici ma efficacissimi campionamenti. Tempo fa hanno dichiarato che, quando gli affari hanno iniziato a girare dopo 10 anni di musica e aver lasciato i rispettivi lavori, si sono sentiti in colpa per essere dei privilegiati, ma poi hanno superato il trauma. Quindi hanno deciso che fosse anche l’ora di finirla di lavorare per altri e Eton Alive è stato prodotto con la loro nuova etichetta indipendente Extreme Eating Records. Se non stessimo parlando «solo» di musica, potremmo riporre su di loro le speranze dell’agognato cambiamento.

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