Siamo gettati nel mondo all’improvviso, inconsapevoli e smarriti, eppure è la felicità che ciascuno di noi agogna più di ogni altra cosa, fin dai primi anni di vita. Gli accadimenti dell’esistenza a volte, però, ci spingono altrove, in luoghi della mente difficili da controllare, dove la pazzia sembra prendere il sopravvento su tutto il resto, trasformando la nostra quotidianità in una battaglia con gli abissi profondi dell’animo umano. E il dialogo con la pazzia sembra essere una costante nella scrittura di Antonella Lattanzi, autrice barese da lustri oramai di casa a Roma, e riguarda la tossica Nikita, protagonista del suo esordio Devozione, Angela e Michela, le sorelle in lotta di Prima che tu mi tradisca, Carla, la donna che nel giorno della festa di compleanno di sua figlia affronta la sparizione del suo ex marito in Una storia nera, e poi Francesca, la madre depressa che dialoga con la sua casa in Questo giorno che incombe.

IN PIÙ DI UN’OCCASIONE, sembra impazzire anche Antonella, la protagonista di Cose che non si raccontano, da poco pubblicato da Einaudi (pp. 216, euro 19). Con un’unica e importante differenza: in questa storia non c’è spazio per la finzione. Ogni cosa raccontata è lo spietato resoconto di avvenimenti accaduti all’autrice.
Il libro narra il desiderio ostinato della protagonista di diventare mamma e gli insormontabili ostacoli per trasformare in atto la sua voglia smisurata. Dopo due aborti volontari a vent’anni, molti anni dopo e con un compagno a fianco, Antonella, già scrittrice affermata, sente che è giunto il momento di avere un figlio, ma nonostante i tentativi più disparati e disperati questo figlio non vuol venire. Fino a quando, dopo l’ennesimo tentativo, grazie alla procreazione assistita, rimane incinta non di uno ma di tre bambine, ma il destino le volterà terribilmente le spalle.

È UN LIBRO CHE PARLA di felicità effimere, dolori e rabbia incontrollate, di amicizia come spazio di salvezza, di relazioni di coppia sul punto di esplodere, di medici paterni e medici bastardi, ma è un libro che parla forse più di ogni altra cosa del potere della scrittura: «Quello che è successo me lo sono meritata pure perché, mentre cerco il coraggio di scrivere tutto questo, io penso: sarà un libro? Sarà un bel libro? Me lo sono meritata perché, anche ora, invece di pensare solo a quello che è successo, io sto pensando alla scrittura. Anche adesso che tre bambine non ci sono più».

La scrittura di Lattanzi ha un ritmo trascinante e feroce, prende per mano il lettore e lo conduce nel suo mondo senza concedergli tregua. La spudoratezza del racconto personale è affiancata in ogni momento da uno stile magnetico che dona forza al magma delle azioni e dei pensieri della protagonista: «Ci hanno detto che erano tre bambine il giorno prima che morissero. Come sei esagerata, vita. Quanto male eclatante, enfatico, vuoi fare. Non mi piace la scrittura enfatica. E non mi piaci tu». Cose che non si raccontano è uno di quei libri che si scrive una volta nella vita ed è la conferma di una ottima scrittrice italiana.

(L’autrice sarà ospite il 26 a Libri Come con Nicola Lagioia e Annalena Benini, ore 17,30, Auditorium arte)