L’assalto Isis a Yarmouk avvicina Damasco ai combattenti palestinesi
Siria Le autorità siriane pronte a sostenere i combattenti palestinesi anche militarmente per respingere l’Is
Siria Le autorità siriane pronte a sostenere i combattenti palestinesi anche militarmente per respingere l’Is
Ora pare che a tutti interessi della sofferenza dei rifugiati di Yarmouk: devastato e affamato da due anni di assedio, il campo profughi palestinese ora è al centro delle attenzioni di chi si combatte da quattro anni. Al centro del conflitto lo è stato fin dall’inizio, per la presenza al suo interno di gruppi di ribelli siriani e milizie palestinesi, divise dalla fedeltà al presidente Assad.
Oggi gli occhi del mondo sono puntati sulle barbarie dello Stato Islamico, che ha occupato oltre la metà del campo, come se solo adesso Yarmouk meriti la dovuta attenzione per le sofferenze che lo strangolano. Un’attenzione da capitalizzare: ieri sia Damasco che la Coalizione Nazionale, federazione delle opposizioni moderate alleata occidentale, hanno offerto sostegno al campo occupato.
Mentre il vice ministro degli Esteri siriano, Faisal Meqdaq, ripeteva che Damasco «ha fatto di tutto per fornire aiuti ai profughi palestinesi», aiutandoli a fuggire dal campo (che ha assediato per due anni), Anwar Abdul Hadi, responsabile Olp in Siria, ha detto che «le autorità siriane sono pronte a sostenere i combattenti palestinesi in diversi modi, anche militarmente, per respingere l’Isis, con l’eccezione di un intervento armato diretto». Eppure, secondo i locali, sono da giorni regolari i raid dall’alto contro le postazioni islamiste, che però colpiscono anche i civili.
Ma, secondo l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, l’avanzata del califfato avrebbe permesso di raggiungere un accordo prima considerato impossibile tra Damasco e i gruppi palestinesi. Ahmad Majdalani, leader Olp in Cisgiordania, ha fatto sapere che l’accordo è in via di definizione, dopo un incontro con Meqdad.
Perché ora Damasco ha più paura: i miliziani dello Stato Islamico sono alle porte della capitale. Ancora più esplicito il ministro della Riconciliazione siriano, Ali Haidar, anche lui presente al meeting con l’Olp: «Le attuali circostanze rendono necessaria una soluzione militare». A muoversi, in cerca di maggiore visibilità, è anche la Coalizione Nazionale: ieri il rappresentante dei ribelli moderati a Bruxelles, Mouaffaq Nyrabia, ha sottolineato la necessità di creare zone sicure per consentire l’ingresso di aiuti ai profughi prigionieri a Yarmouk, un corridoio umanitario contro «i bombardamenti aerei del regime e le barbarie dell’Isis».
Nyrabia ha colto l’occasione per lodare la decisione della Ue di inviare 2,5 milioni di euro alle Nazioni Unite per affrontare la crisi nel campo. Un passo tardivo: da anni l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, in grave crisi finanziaria, chiede uno sforzo maggiore da parte degli Stati membri per fronteggiare le tante emergenze umanitarie, da Gaza a Yarmouk. L’Isis ha fatto il miracolo, ora i soldi ci sono. Eppure nel campo si muore di fame, letteralmente, da almeno due anni.
Ad una vita senza più dignità (così la descrivevano i rifugiati di Yarmouk un anno fa, quando gli oltre 150 profughi morti di fame attirarono per qualche settimana l’attenzione internazionale) si aggiunge oggi la violenza di cui è famigerato portatore lo Stato Islamico. Sul terreno le alleanze continuano a non essere del tutto chiare, con i qaedisti di al-Nusra che si dichiarano neutrali ma sono accusati dai residenti di sostenere l’avanzata dell’Isis: «L’Isis è entrato nel campo da sud – racconta il 25enne Salamah al The Independent – L’operazione è stata coordinata con al-Nusra ». Sull’altro fronte ci sono i combattenti palestinesi, divisi dalla guerra civile siriana ma ora di nuovo uniti: il Plfp-Gc (il Fronte Popolare – General Command guidato da Ahmed Jibril) e Fatah al-Intifada fedeli al governo Assad, e Aknaf Beit al-Maqdis, vicino ad Hamas e anti-Assad dopo la giravolta della leadership islamista nel 2012.
E il disegno si fa più chiaro: la parte nord del campo, subito al di là dei suoi confini, è presidiata dalle forze governative; la parte settentrionale è ancora sotto il controllo dei combattenti palestinesi che hanno respinto nei giorni scorsi l’offensiva islamista; la zona sud è in mano all’Isis; il confine orientale è controllato dall’Esercito Libero Siriano. In 2 km quadrati di spazio si riproduce la guerra civile siriana.
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