L’arcobaleno oltre la nebbia
Centro Calamandrei Il Centro Studi jesino porta avanti una forma di resistenza attraverso l’organizzazione di eventi culturali e pubblicazioni. Resistenza contro l’imbarbarimento dei costumi, l’indifferenza di chi lascia morire centinaia di esseri umani nei nostri mari, contro chi ci vuole convincere che le nuove generazioni non siano in grado di vivere guidate da ideali e di apprendere dalla storia di questo Paese
Centro Calamandrei Il Centro Studi jesino porta avanti una forma di resistenza attraverso l’organizzazione di eventi culturali e pubblicazioni. Resistenza contro l’imbarbarimento dei costumi, l’indifferenza di chi lascia morire centinaia di esseri umani nei nostri mari, contro chi ci vuole convincere che le nuove generazioni non siano in grado di vivere guidate da ideali e di apprendere dalla storia di questo Paese
«Alla fine della nuvola» è il titolo del cortometraggio (14 minuti) prodotto dal Centro Studi Calamandrei di Jesi (www.centropierocalamandrei.it) per la regia di Federica Biondi che evoca, già dal titolo, una delle metafore di Piero Calamandrei, tra i nostri padri costituenti, autore della epigrafe «per il Camerata Kesserling», che si conclude con il famoso «Ora e sempre Resistenza».
E proprio una forma di resistenza vuole essere quella portata avanti con tenacia dal Centro Studi jesino, attraverso l’organizzazione di eventi culturali e pubblicazioni. Resistenza contro l’imbarbarimento dei costumi a cui assistiamo giorno dopo giorno; contro l’indifferenza di chi lascia morire centinaia di esseri umani nei nostri mari negando anche il più elementare dei diritti: quello alla sopravvivenza; resistenza contro chi ci vuole convincere che le nuove generazioni non siano in grado di vivere guidate da ideali e di apprendere dalla storia di questo Paese.
E anche questo film si configura come un’operazione culturale volta alla conoscenza e alla difesa dei valori della Costituzione. «Alla fine della nuvola» comincia con un parroco interpretato da un vero sacerdote (Don Giuliano Fiorentini) che, parlando ai fedeli, accusa quegli italiani che, pur professandosi cristiani, accettano che i diritti umani vengano calpestati e che i nomi degli immigrati siano ridotti a «numeri su braccialetti gialli»; perciò chiude la Chiesa «per fallimento» in occasione del Natale (quando le Chiese sono affollate).
Evidente il richiamo al gesto di Don Paolo Farinella, parroco genovese della Chiesa di San Torpete che compì lo stesso gesto prima dello scorso Natale per schierarsi concretamente contro «l’osceno decreto (in)sicurezza» di Salvini, ritenendo che esso contenesse delle «atrocità incostituzionali» che nascondono delle «derive umanitarie» inaccettabili. Nelle scene successive vediamo giovani studenti e studentesse che, spronati dal docente, si avviano alla scoperta di Calamandrei attraverso sue parole, le sue idee e le sue azioni concrete, restandone incantati e affascinati. Si tratta di passaggi emozionanti, in cui i pensieri del giurista, interpretato ottimamente dallo storico Angelo d’Orsi, si intrecciano con quelli delle giovani generazioni, che sembrano «prendere coscienza» della loro storia.
La scena conclusiva si svolge in un’aula di Tribunale in cui Calamandrei difende quel sacerdote accusato di «troppa umanità» con le parole usate , il 30 marzo 1956 dinanzi al Tribunale penale di Palermo in occasione della difesa di Danilo Dolci, arrestato per aver organizzato un’azione di protesta consistita nel famoso «sciopero alla rovescia», coinvolgendo disoccupati per rimettere in sesto una vecchia strada comunale abbandonata nella zona di Trappeto (Palermo). Dolci fu accusato di oltraggio a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e invasione di terreni.
Durante quel processo, moltissimi intellettuali si schierarono come testimoni della difesa (da Carlo Levi e Elio Vittorini, da Sartre a Bobbio) e la straordinaria arringa conclusiva di Calamandrei nell’incipit fa riferimento ai giovani: «Le parole dei giovani sono parole di speranza, preannunziatrici dell’avvenire: e questo è un processo che preannuncia l’avvenire» e nella conclusione si rivolge direttamente ai giudici con un incitamento e una richiesta di aiuto ai «signori Giudici», che dovranno, con la sentenza, difendere i vivi e i morti «che si sono sacrificati» per «difendere questa Costituzione che vuol dare a tutti i cittadini del nostro Paese pari giustizia e pari dignità!».
Allo stesso modo il Centro Studi Calamandrei, dopo oltre sessant’anni, si rivolge alle giovani generazioni e ai loro insegnanti affidando loro un messaggio sul quale riflettere e dal quale avviare discussioni: la Costituzione, l’accoglienza, le migrazioni, l’Europa.
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