L’arcipelago artistico della nostalgia, fra età d’oro e altrove
Mostre A Genova, una mostra presso Palazzo Ducale indaga il sentimento, dal Rinascimento al contemporaneo. A cura di di Matteo Fochessati in collaborazione con Anna Vyazemtseva, sarà visitabile fino al 1 settembre
Mostre A Genova, una mostra presso Palazzo Ducale indaga il sentimento, dal Rinascimento al contemporaneo. A cura di di Matteo Fochessati in collaborazione con Anna Vyazemtseva, sarà visitabile fino al 1 settembre
C’è quella per la patria perduta e quella per un paese – il proprio – che non si potrà mai più rivedere, quella per il tempo dell’infanzia o per le vestigia dell’antico, quella per un’età d’oro, il paradiso perduto al quale si potrà tornare solo con il pensiero e l’immaginazione o ancora ed infine, quella per chi non c’è più.
Nostalgia. Modernità di un sentimento dal Rinascimento al contemporaneo (Genova, Palazzo Ducale, fino al 1 settembre, sale dell’Appartamento del Doge, a cura di Matteo Fochessati in collaborazione con Anna Vyazemtseva) è la grande esposizione dedicata a un sentimento antico ma attuale e sempre, in qualche modo, presente nell’arte fino ad oggi.
IN UN EXCURSUS cronologicamente ampio, articolato e vario – presenti modellini di architettura (Armando Brasini, Antonio Maraini e Michele Busiri Vici), oggetti in ceramica (Giò Ponti, Clarice Cliff e Duilio Cambellotti), fotografie (Florence Henry e Gregorio Prieto), bozzetti per sculture in gesso (Cristoforo Marzaroli) – il percorso espositivo si svolge partendo dalla tesi di laurea del 1688 di Johannes Hofer, giovane studioso di medicina a Basilea, incentrata sullo studio dello stato di sofferenza fisica e psicologica dei mercenari svizzeri e degli studenti fuorisede per inoltrarsi poi nelle tante declinazioni di nostalgia rintracciabili nella storia dell’arte.
La nostalgia per siti dell’antichità ormai spariti è per esempio quella nella gigantesca tempera con Ricostruzione ideale di Ostia antica e del porto di Traiano che – in comodato presso la Wolfsoniana a Genova, come molte altre opere in mostra proviene dalla Mitchell Wolfson Jr. Collection: Roger Séassal, Grand Prix de Rome nel 1913, la esegue nel 1922 ricostruendo, del sito, i minimi dettagli con cura meticolosa. Una forma di nostalgia fu quella che, a cavallo fra otto e novecento, caratterizzò artisti che ispirandosi a ideali patriottici, si rifacevano a locali saghe antiche in nome dell’indipendenza del proprio paese. È il caso dell’arazzo norvegese – con impianto geometrico fortemente stilizzato adatto quindi a una versione ricamata – tratto da The suiters (1892) di Gerhard Munthe: tre orsi bianchi (i pretendenti) si avvicinano a tre giovani donne i cui capelli si elettrificano per lo spavento.
DI CAMBELLOTTI – anch’esso nella scia del nazionalismo romantico – sono in mostra un modello in ceramica di Capanna dell’agro romano (1910-1912) cosi come anche il prospetto e l’assonometria della stessa: tratti finissimi e meravigliosi di inchiostro acquerellato. Che poi il clima di revival fosse diventato anche fuga elitaria dalla realtà lo dimostrano figure come Evan Mackenzie, qui in un bel ritratto di Luigi de Servi e immortalato nel 1909 anche da Carlo Coppedè nelle decorazioni murali del suo castello genovese – Mackenzie – con la sua famiglia in abiti tradizionali scozzesi, o anche come Gian Giacomo Poldi Pezzoli la cui camera da letto, dipinta da Luigi Bisi fra 1880 e 1886, cattura l’occhio perché scura, piena di drappi e intagli lignei con luce tremolante, insomma una barocca creazione della coppia Bertini – Scrosati, autori dei tanti ambienti visibili nel museo omonimo ed ispirati a stili del passato.
Non poteva poi non figurare quella nostalgia dell’altrove, il desiderio per luoghi lontani e diversi evocato, per esempio nel collezionista, dai propri oggetti: sono queste le parole di Vittorio Pica che, nel 1894, sfogliando la propria collezione di grafica giapponese, dice che «troppo lontano è l’incantevole arcipelago e io sono condannato – come tanti altri a non contemplare quell’adorata plaga che con gli occhi della fantasia», oppure talvolta la nostalgia reale per un luogo in cui si è vissuto e lavorato: Galileo Chini, invitato nel 1911 dal re Rama VI a Bangkok, esegue per lui le decorazioni pittoriche del Palazzo del Trono e ricorderà il suo soggiorno col momento divisionista de L’ora nostalgica sul Mè-Nam del 1912.
LO SGUARDO nostalgico sull’infanzia e su gruppi familiari è affidato ad Aristide Sartorio (Lidio e Lucio sulla spiaggia a Fregene, 1927 con tanto di dedica in calce a S.A.R Principessa Maria di Savoia e una tavola cromatica chiara e leggera) e ad Ettore Tito che, in Spiaggia del Lido del 1914, mette in scena momenti spensierati di madri e bambini in riva al mare, scossi dal vento.
E poi tante altre le nostalgie qui presenti, declinate e sentite nei modi più diversi. Nelle teste reclinate e pensose si potrà ritrovare qualcosa, ricordi d’infanzia, profumi o un’epoca nella quale, si pensa, sarebbe stato forse più bello vivere, perdendosi nell’ignoto e inconoscibile blu di Yves Klein, adorato da Jarman ma anche negli sguardi dei migranti dell’opera intitolata Centro di permanenza temporanea: ritratti dall’albanese Adrian Paci si affollano sul finger senza aereo affacciandosi sul nulla che li aspetta.
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