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L’Aquila continua a bruciare, le fiamme lambiscono le abitazioni

L’Aquila continua a bruciare,  le fiamme lambiscono le abitazioniCanadair in azione nella zona di Pettino (L’Aquila) – a

Trecento uomini al lavoro da quasi una settimana, pronti ad evacuare gli abitanti di Pettino

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 5 agosto 2020

Da circa una settimana le fiamme, incessantemente, divorano il territorio abruzzese. Hanno distrutto 500 ettari di bosco e vegetazione, stando ai dati nazionali dei vigili del fuoco, e si sono avvicinate alle case. Minacciandole. L’incubo è soprattutto col buio, con le fiamme che avanzano indisturbate, che squarciano l’oscurità e si levano dalle alture, dando vita a uno spettacolo di luce angosciante e deleterio.

È un inferno quello che sta vivendo L’Aquila, con le sue montagne, coperte di verde, distrutte dagli incendi. Che, da giovedì scorso, stanno interessando i monti Omo e Pettino. Sul posto, ieri, 85 vigili del fuoco con 45 automezzi, mentre 6 canadair e 2 elicotteri dall’alba hanno continuato con gli sganci d’acqua sui due fronti. Complessivamente gli uomini che stanno lavorando per frenare e arginare la furia del fuoco sono circa 300, con Protezione civile, esercito, alpini, volontari, forze dell’ordine e polizia locale. «Al momento – affermano i vigili – non ci sono situazioni di pericolo per la popolazione, con le squadre che presidiano i centri abitati più vicini».

Per Pettino, la frazione più a rischio, è pronto il piano di sgombero, anche se si invoca l’arrivo della pioggia a sostenere le operazioni di spegnimento. Le ultime notti sono trascorse con la preoccupazione e la paura e tanti residenti si sono riversati in strada, anche se le fiamme non hanno sfondato le linee tagliafuoco. «Di due fronti, ne rimane sostanzialmente uno. Nella frazione di Arischia è sotto controllo, seppure non del tutto domato. Nei quartieri di Cansatessa e Pettino, invece, il quadro è più serio e ha generato apprensione tra i cittadini», scrive su Facebook il sindaco, Pierluigi Biondi, sottolineando che «per ora non sono state disposte evacuazioni, ma abbiamo comunque individuato strutture e alloggi alternativi per l’ospitalità».

Il rogo è ben visibile da ogni parte della città. Inceneriti polmoni verdi e sentieri frequentatissimi. Si avverte a distanza l’odore acre del fumo. «Tredici anni fa – ricorda Biondi – fu cancellata una parte della montagna di San Giuliano. Ora si spera di riuscire a evitare quello che sarebbe un tragico bis, nella stessa zona, attraverso una lotta che sembra quasi un corpo a corpo con il fuoco».

Al centro di coordinamento si sono visti il questore, Gennaro Capoluongo, il prefetto Cinzia Torraco e il governatore Marco Marsilio, che ha anche fatto un sopralluogo in elicottero con il responsabile della Protezione civile regionale, Silvio Liberatore.

Intanto vanno avanti le indagini della Procura per individuare i responsabili della devastazione.

«È un rogo partito in sordina – afferma l’ex consigliere Enrico Perilli, di Sinistra italiana, che ha la madre che vive a Pettino – e che potrebbe ricongiungersi con i danni lasciati da quello di tre anni fa. La stessa fascia pedemontana arde ogni stagione, da 10 anni a questa parte. Chi ha acceso gli inneschi conosce perfettamente i luoghi, le correnti ascensionali, sa quanto siano impervi e irraggiungibili. È un’area maledetta, dove passa anche la famosa faglia del terremoto del 2009. La situazione è al momento drammatica. Ci sono famiglie che, in via precauzionale, hanno già lasciato la propria abitazione. La nostra bellissima pineta – riflette – non esiste più».

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