L’Aquila continua a bruciare, le fiamme lambiscono le abitazioni
Trecento uomini al lavoro da quasi una settimana, pronti ad evacuare gli abitanti di Pettino
Trecento uomini al lavoro da quasi una settimana, pronti ad evacuare gli abitanti di Pettino
Da circa una settimana le fiamme, incessantemente, divorano il territorio abruzzese. Hanno distrutto 500 ettari di bosco e vegetazione, stando ai dati nazionali dei vigili del fuoco, e si sono avvicinate alle case. Minacciandole. L’incubo è soprattutto col buio, con le fiamme che avanzano indisturbate, che squarciano l’oscurità e si levano dalle alture, dando vita a uno spettacolo di luce angosciante e deleterio.
È un inferno quello che sta vivendo L’Aquila, con le sue montagne, coperte di verde, distrutte dagli incendi. Che, da giovedì scorso, stanno interessando i monti Omo e Pettino. Sul posto, ieri, 85 vigili del fuoco con 45 automezzi, mentre 6 canadair e 2 elicotteri dall’alba hanno continuato con gli sganci d’acqua sui due fronti. Complessivamente gli uomini che stanno lavorando per frenare e arginare la furia del fuoco sono circa 300, con Protezione civile, esercito, alpini, volontari, forze dell’ordine e polizia locale. «Al momento – affermano i vigili – non ci sono situazioni di pericolo per la popolazione, con le squadre che presidiano i centri abitati più vicini».
Per Pettino, la frazione più a rischio, è pronto il piano di sgombero, anche se si invoca l’arrivo della pioggia a sostenere le operazioni di spegnimento. Le ultime notti sono trascorse con la preoccupazione e la paura e tanti residenti si sono riversati in strada, anche se le fiamme non hanno sfondato le linee tagliafuoco. «Di due fronti, ne rimane sostanzialmente uno. Nella frazione di Arischia è sotto controllo, seppure non del tutto domato. Nei quartieri di Cansatessa e Pettino, invece, il quadro è più serio e ha generato apprensione tra i cittadini», scrive su Facebook il sindaco, Pierluigi Biondi, sottolineando che «per ora non sono state disposte evacuazioni, ma abbiamo comunque individuato strutture e alloggi alternativi per l’ospitalità».
Il rogo è ben visibile da ogni parte della città. Inceneriti polmoni verdi e sentieri frequentatissimi. Si avverte a distanza l’odore acre del fumo. «Tredici anni fa – ricorda Biondi – fu cancellata una parte della montagna di San Giuliano. Ora si spera di riuscire a evitare quello che sarebbe un tragico bis, nella stessa zona, attraverso una lotta che sembra quasi un corpo a corpo con il fuoco».
Al centro di coordinamento si sono visti il questore, Gennaro Capoluongo, il prefetto Cinzia Torraco e il governatore Marco Marsilio, che ha anche fatto un sopralluogo in elicottero con il responsabile della Protezione civile regionale, Silvio Liberatore.
Intanto vanno avanti le indagini della Procura per individuare i responsabili della devastazione.
«È un rogo partito in sordina – afferma l’ex consigliere Enrico Perilli, di Sinistra italiana, che ha la madre che vive a Pettino – e che potrebbe ricongiungersi con i danni lasciati da quello di tre anni fa. La stessa fascia pedemontana arde ogni stagione, da 10 anni a questa parte. Chi ha acceso gli inneschi conosce perfettamente i luoghi, le correnti ascensionali, sa quanto siano impervi e irraggiungibili. È un’area maledetta, dove passa anche la famosa faglia del terremoto del 2009. La situazione è al momento drammatica. Ci sono famiglie che, in via precauzionale, hanno già lasciato la propria abitazione. La nostra bellissima pineta – riflette – non esiste più».
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