L’Aquila, arresti sulla ricostruzione
Inchiesta Silenzio d'oro sui puntellamenti. Ancora manette eccellenti per il dopo sisma
Inchiesta Silenzio d'oro sui puntellamenti. Ancora manette eccellenti per il dopo sisma
«A me mi serve, io sto a regge… Psicologicamente sto a reggere per tutti! Calcola che a me m’hanno interrogato due volte…. Io non ho detto, anzi ho seguitato a difenderti e a dire… che i rapporti tra me e te erano solo di amicizia… Io ho tenuto il punto fino alla fine… Non è che mi servono 20 mila euro! 2-3 mila euro per tirare a campare… Tu vedi di darmi qualche cosa perché veramente non ce la faccio più… Devo pagare una rata… già sto arretrato, sennò mi levano pure la casa…».
Tangenti in cambio del silenzio: è il nuovo capitolo delle mazzette post sisma a L’Aquila. Appalti affidati direttamente grazie alle bustarelle che hanno alimentato il puntellamento degli edifici danneggiati nel terremoto del 6 aprile 2009. Pagamenti gonfiati rispetto ai materiali impiegati e richieste di denaro per tacere negli interrogatori della magistratura.
Questi i reati che hanno portato all’inchiesta «Redde rationem», letteralmente «Rendi conto», seguito di quella «Do ut des» del gennaio dello scorso anno che aveva travolto anche l’amministrazione comunale dell’Aquila, dato che il vice sindaco, Roberto Riga, figurava tra gli inquisti.
Adesso, come allora, personaggio di spicco della vicenda giudiziaria è Pierluigi Tancredi, ex assessore ed ex consigliere comunale dell’Aquila, eletto con il centrodestra e che, pur facendo parte della minoranza, nel giugno 2009 e solo per un po’ di giorni – prima che scoppiasse la protesta – ebbe l’incarico, dal sindaco Massimo Cialente, di «consigliere delegato a supporto e raccordo nell’ambito delle azioni tese al recupero e salvaguardia dei beni costituenti il patrimonio artistico della città dell’Aquila»: Tancredi si occupò, in sostanza, dei puntellamenti.
Per lui, che è ora funzionario della Asl provinciale dell’Aquila, sono scattati gli arresti domiciliari, come pure per gli imprenditori Maurizio Polisini, Andrea Polisini, Mauro Pellegrini e Giancarlo Di Persio. Nei guai poi il «faccendiere» Nicola Santoro, che ha l’obbligo di firma e di dimora.
E poi ci sono altri 13 indagati: Roberto Scimia, Roberto Arduini, Michele Giuliani, Tommaso Aquilani, Pulcheria Mele, Ciro Scognamiglio, Simonetta D’Amico, Antonio Lupisella, Mario Di Gregorio, Carlo Cafaggi, Giuseppe Galassi, Concetta Toscanelli e Daniela Sibilla. Sono accusati, a vario titolo e in concorso tra loro, di abuso d’ufficio, subappalto irregolare, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio, estorsione.
Gli accertamenti e i sequestri sono stati effettuati dai carabinieri – tra cui «Ultimo», l’ufficiale che ha arrestato Totò Riina – e hanno toccato anche le province di Teramo e Chieti e il litorale laziale, dato che uno degli inquisiti è stato bloccato a Ponza. Hanno collaborato anche i vigili del fuoco «con accertamenti svolti nei cantieri, sia per le loro competenze, sia perché destano meno attenzione».
Piega il pubblico ministero Antonietta Picardi in riferimento a Tancredi: «All’epoca dei puntellamenti aquilani ci fu un pactum sceleris tra imprenditori e quello che all’epoca era un rappresentante politico. Attualmente, chiede pagamento per il suo silenzio».
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