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Lankum, le illusorie antitesi tra tradizione e modernità

Lankum, le illusorie antitesi tra tradizione e modernitàLankum

Musica Intervista alla band irlandese, sabato prossimo in concerto a Bologna. Le radici nelle «session» al pub, il rinnovamento dell’Irish Trad, il sostegno alla Palestina

Pubblicato circa 7 ore faEdizione del 13 ottobre 2024

Sulla sponda settentrionale del fiume Liffey, a un miglio scarso dal folklore prêt-à-porter del Temple Bar, c’è un piccolo pub a gestione familiare, The Cobblestone, diventato in poco meno di quarant’anni epicentro dell’Irish Trad dublinese. Una scena che non ha bisogno di revival, rinnovandosi quotidianamente attraverso le session serali che si animano attorno ai tavoli, tra gli avventori resi edotti del dovuto contegno dai cartelli «listening area» e «musicians only».
Partiti anch’essi come impresa di famiglia, i Lankum sono certamente tra le gemme apicali di questo vivaio. «Quello spazio è stato catalizzatore del nostro incontro e del nostro progressivo legame», conferma Daragh Lynch, fondatore assieme a suo fratello Ian della band attesa a Bologna sabato 19 nell’ambito del Barezzi Festival; «io continuo a frequentare le session a Dublino, mentre Cormac suona più spesso a Sligo».

QUEST’ULTIMO, entrato nel gruppo nel 2003 assieme a Radie Peat proprio grazie agli appuntamenti al Cobblestone, espone il naturale percorso che li ha condotti a un’identità musicale solo apparentemente antitetica al folk, del quale la loro impronta drone condivide la radice modale: «Non è stata una scelta programmata, piuttosto un’espressione spontanea dei diversi stili che amiamo; il drone è già presente nella musica irlandese, non facciamo altro che evidenziarlo. Spesso i nostri arrangiamenti sono una lenta costruzione fondata su una singola nota, un bordone: sarà per questo che ci piace il minimalismo».

Lo stesso procedimento naturale di sottolineatura è alla base del loro dark side, su cui la critica si concentra spesso e volentieri: «Alcune delle canzoni che reinterpretiamo sono già dark in partenza e il più delle volte ci limitiamo a tirar fuori ciò che è già ben presente. Voglio dire, Go Dig My Grave parla di qualcuno che si impicca…». La citazione ci porta al sottogenere della keening song (dal gaelico caoineadh, «piangere»), rivisitato dai Lankum a partire dal modello a cappella tipico del rituale funebre irlandese: «Una strana combinazione di canto e pianto» sintetizza Lynch soffermandosi sui «professional keeners pagati per esibire il dolore ai funerali» proprio come le chiangimuèrti salentine fino a pochi decenni fa.

Nell’ultimo anno abbiamo sempre detto o cantato qualcosa riferito al conflitto in Medio Oriente. Penso non ci sia neanche da discutere per una cosa così palesemente ingiusta
Un altro canzoniere lugubre che Cormac e Daragh trovano «infinitamente avvincente» è quello delle murder ballads, stimolo per una riflessione sul potere narrativo delle canzoni: «Un tempo era il canto a esprimere questo lato macabro dell’essere umano, che oggi invece trova spazio nelle serie crime e nella cronaca nera. Ciò che caratterizza le murder ballads, però, è il frequente contrasto tra testo e musica: nel nostro cervello è impressa l’equivalenza tra tonalità minore e tristezza, ma queste canzoni sono spesso in maggiore e in andamento allegro, anche quando raccontano il delitto nei minimi dettagli… Sono fottutamente raccapriccianti!».

LA RIPRESA dei generi canori e strumentali dell’Irish Trad si inserisce in una ricerca di gruppo la cui posizione, fondata su una profonda conoscenza del repertorio folk e delle sue costanti reinterpretazioni, oscilla lungo il continuum tra tradizione e modernità (altra antitesi illusoria): «Quando siamo bloccati su un’idea di arrangiamento – osserva Daragh – torniamo sempre al cuore della canzone, cercando di capire qual è il sentimento dettato dalla melodia e dall’eventuale testo. È una posizione forte da cui partire perché poi possiamo svilupparla nello stile maturato nel corso degli anni passati a suonare insieme».
Ben più nette altre loro posizioni, come quella pro-Palestina che a novembre 2023 ha portato all’annullamento di un concerto in Germania: «Nell’ultimo anno abbiamo sempre detto o cantato qualcosa riferito al conflitto, e la stragrande maggioranza delle persone è favorevole. L’unica reazione opposta si è avuta in Germania, a Lipsia, con proteste pro-Israele in città. Penso non ci sia neanche da discutere per una cosa così palesemente ingiusta», chiosa Lynch, che ricorda come l’Irlanda sia stata «così fortemente pro-Palestina per molto tempo. Il popolo irlandese ha sempre avuto un’affinità e una solidarietà naturale con gli oppressi di tutto il mondo».

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