Cultura

L’animale che salta i confini

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EverTeen «La storia dell'orso», di Stefano Ricci. Una graphic novel pubblicata da Quodlibet per raccontare vicende lontane e vicine, momenti crudeli e improvvise amicizie

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 7 febbraio 2015

Un ritaglio di un giornale sloveno con la foto di un orso in piedi. E poi la caccia spietata perché a qualcuno non è piaciuto che quell’animale facesse su e giù fra due paesi, incurante dei confini e delle frontiere, beffandosi delle leggi umane. Braccato, viene ferito a morte, forse punito per questa sua tracotanza, per il suo infischiarsene dei fili spinati e dei divieti che fanno a brandelli il territorio, delimitano spazi. È pure un ladruncolo, ruba le arnie piene di api, come gli aveva insegnato la madre quando era piccolo. Nelle foreste si vive come si può.

Stefano Ricci, bolognese, disegnatore e fumettista racconta in una speciale graphic novel La storia dell’orso: è un volume piuttosto imponente, uscito per Quodlibet (pp. 432, euro 28) che invita a due livelli di lettura. Da una parte, l’insensatezza di quel pedinamento crudele (che sfocia in una fiaba con tanto di animali parlanti e un mondo alla rovescia), dall’altra è la registrazione, a tratti cruda, di ciò che vede un giovane in forze al servizio civile sugli Appennini (guida un’autombulanza).

Scrive un diario per se stesso e per reagire alla malinconia della solitudine – ma ogni pagina è indirizzata a Stellina – in cui confluiscono pezzi di storia presente, malattie fatali di sconosciuti provati nel fisico e nella mente, lo stupore per la natura e il suo brulicare di vita («Ieri ho visto cinque picchi, meraviglia di percussioni con la testa…; ieri notte ho visto un cervo. Io a piedi sulla strada che esce dal paese, nevicata forte, una macchina lo illumina con i fari, il cervo procede lentissimo, nuvole di vapore gli escono dal naso…»).

Spesso nevica in questo albo magistralmente illustrato, così lo stacco fra il candore e il segno nero che segnala pericoli e fermenti esistenziali si fa più intenso. La magica anomalia che attraversa la narrazione è il linguaggio che accomuna umani e non. Parlano la stessa lingua. Ed è così che l’orso ferito viene soccorso, segnalato a Manfred da un cinghiale, coccolato da una ragazza e nascosto fino alla salvezza. È una strana storia dove gli uomini si confidano con bestiole che possono capirli, ricordano la Germania divisa, ripercorrono pomeriggi di guerra, rivedono i tedeschi mentre fucilano, le città bombardate. L’andamento è onirico, così come sognante è il tratto delle illustrazioni che a volte si dissolve, altre prende forma.

Lo spaesamento del lettore accende pensieri: un orso in fuga inseguito dalla morte che fa amicizia con un uomo. Viene a sapere di torture e storture della Storia. Non è l’unico in cerca di libertà su questa terra. Gli umani, in più, sono ossessionati dal passato, prigionieri del tempo.

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