Langhe 1943: follia d’amore e guerra partigiana
Festival Ispirato al romanzo di Beppe Fenoglio, «Una questione privata» dei fratelli Taviani. Dopo l’anteprima alla Festa Roma, sarà nelle sale l’1 novembre
Festival Ispirato al romanzo di Beppe Fenoglio, «Una questione privata» dei fratelli Taviani. Dopo l’anteprima alla Festa Roma, sarà nelle sale l’1 novembre
Immmerso in un universo di nebbia per rendere più concreta la lontanaza è l’inizio di Una questione privata dei fratelli Taviani. Si tratta, visto oggi, della lontananza degli anni, il 1943 della guerra partigiana, del ricordo dei tanti protagonisti di quell’epoca ormai scomparsi o colpiti nel pieno della gioventù, dell’occultamento sempre più evidente della Liberazione come momento fondativo del paese.
I fratelli Taviani si ispirano al romanzo di Beppe Fenoglio pubblicato postumo nel ’63 quando già l’argomento sembrava esaurito (il titolo lo mise Calvino colto da una frase) come a ribadire la loro militanza e lo fanno con uno stile che incanta, come a sfogliare quelle pagine già quasi pronte a fornire una sceneggiatura, ripescare le parole a volte un po’ attempate che diventano movimenti di macchina. E con Roberto Perpignani che inventa la strategia di un montaggio che non ti lascia abbandonare i sentieri delle valli, coautore strepitoso per affinità elettiva.
Perlustriamo cautamente insieme ai giovani partigiani, per avere il tempo di allontanarci dal presente, le Langhe e all’improvviso ecco la villa dei tempi felici, delle vacanze, del primo amore. Un tempo ancora più lontano, dove Fulvia, la bella signorina degli anni ’40 e i suoi due migliori amici si esercitano a vivere. Conteranno di più le belle parole di Milton, il bruno tenebroso, oppure l’azione spericolata di Giorgio il bello? Ora i due amici sono diventati partigiani in due compagnie diverse, nella villa è rimasta la custode che accompagna Milton per le stanze deserte e allude, riaccompagnandolo alla porta, a qualcosa di più intimo che avrebbe legato Giorgio a Fulvia. Quei due restavano insieme per ore e parlavano poco, dice la custode.
La pazzia investe Milton, nobilitata dai riferimenti letterari che si perdono nella notte dei tempi, dai classici greci e latini ad Ariosto a Shakespeare attualizzata ai tempi contemporanei, ma identica nei secoli. Il giovane studente guerriero è invaso da una furia cieca, incurante di percorsi più sicuri, di azioni da compiere e prudenza. Un pensiero fisso reso ancora più stravagante dal fatto che i problemi personali nulla contano nel corso della guerra. Una furia che trova il suo scopo da ragggiungere alla notizia che Giorgio è stato fatto prigioniero e occorre trovare un prigioniero fascista da scambiare con l’amico rivale. Deve sapere cosa è effettivamente successo tra Giorgio e Fulvia.
Le scene si susseguono come pagine sfogliate, con il tempo giusto della lettura e dei particolari che restano impressi nella memoria (…sembrava filtrare attraverso la porta la musica di Over the Raibow. Quel disco era stato il suo primo regalo a Fulvia…), con scene struggenti che portano il marchio dei registi, come quando in una cascina, oggetto di una strage fascista, la bambina fucilata sul corpo della madre improvvisamente si alza e va a bere nella cucina un bicchiere d’acqua preso dal secchio, come dopo aver giocato tutto il pomeriggio sull’aia. E poi torna a morire accanto alla madre. O il muto incontro tra Milton e i genitori sotto i portici del paese, stretti in un abbraccio silenzioso per non farsi scoprire dalla ronda. E soldati come fantasmi di Kurosawa.
Non è facile tornare ai classici di formazione di un paese, ora che si prova a occultare il 25 aprile. Chiara e netta la posizione dei registi. I Taviani danno ancora una volta un’indicazione politica. Paolo dirige, mentre Vittorio è preso come prigioniero dalla malattia. Come Milton e Giorgio, l’azione deve essere portata a termine. Paolo dirige e ogni tanto, diceva, sul set si girava a chiedere muta conferma ma Vittorio non c’era. La storia dei due amici e del loro forte rapporto d’intesa, diventa così ancora più lampante. Uno fiammeggiante, l’altro riflessivo. Come Milton interpretato da Luca Marinelli, occhi e movenze da rapace, instancabile in azione verso una duplice meta (liberare l’amico per conoscere infine la verità) e l’elegante Giorgio (Lorenzo Richelmy) che vediamo sempre agire prima di pensare e non rinunciare alla cura di sé anche nel fango (è lui che balla con la ragazza, con lei si arrampica sugli alberi, mentre Milton sta a guardare). Fulvia è interpretata da Valenina Bellè che era già in Meraviglioso Boccaccio dei Taviani (2014) ed è stata Lucrezia nella serie I Medici.
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