Landini prepara il benvenuto a Meloni: ritiri la delega fiscale
Prima Giornata del Congresso Cgil «Favorisce i ricchi e la flat tax è incostituzionale». E ancora: «Cancelli l’autonomia differenziata». In due ore e un quarto di relazione il segretario lancia le priorità per i prossimi quattro anni: «Fisco madre di tutte le battaglie, incontro con il papa strategico»
Prima Giornata del Congresso Cgil «Favorisce i ricchi e la flat tax è incostituzionale». E ancora: «Cancelli l’autonomia differenziata». In due ore e un quarto di relazione il segretario lancia le priorità per i prossimi quattro anni: «Fisco madre di tutte le battaglie, incontro con il papa strategico»
Se leggendo il programma c’era il rischio che il congresso della Cgil si trasformasse in una convention americana, la relazione di Maurizio Landini lo ha per ora sventato. Due ore e un quarto di discorso con passaggi a braccio ad allungare un testo che ha affrontato tutti i temi: partendo da Cutro passando dalla guerra al rapporto con la politica, dalla «strategica» visita al papa ai salari da alzare.
Un Landini a tutto campo che ha mandato segnali chiari sia alla politica e a Giorgia Meloni – che domani sarà qua a Rimini per un attesissimo intervento – sia internamente avvisando tutti che i prossimi quattro anni la parola «cambiamento» sarà la stella polare per riavvicinare giovani e precari al sindacato.
TORNATO IN QUELLA RIMINI – sede storica dei congressi Cgil – nella quale otto anni fa da segretario della Fiom partì per la rincorsa alla guida della Cgil collezionando un 18% di voti con un discorso tutto diritti e conflitto in opposizione a Susanna Camusso che quattro anni dopo lo propose a suo successore, Landini ha illustrato la sua strada per affrontare la sfida della destra e della crisi della democrazia che trascina quella del sindacato.
Si parte da una fascetta bianca indossata al braccio sinistro da Landini e fornita a tutti i delegati come simbolo per ricordare i morti di Cutro e chiedere di «abolire la legge Bossi-Fini».
La «crisi della democrazia» conclamata «dalla maggioranza di non votanti alle elezioni politiche, cresciuta al 60% alle Regionali» per Landini si combatte «praticando la democrazia», che «così si difende e si estende».
Il ricordo della lettera della «dirigente scolastica Savino» che ha prodotto il grande successo della manifestazione di Firenze» è il prodromo per una proposta molto innovativa sulla violenza di genere: «Uno sciopero al contrario con cui i lavoratori, esclusivamente uomini, verseranno ore di salario a un Fondo» per assistere le donne colpite, assieme ad «assemblee e formazione sui luoghi di lavoro».
ALTRA INNOVAZIONE è l’adesione all’idea di tedesca di «codeterminazione nelle imprese» che va di pari passo al «principio di stesso lavoro, stessi diritti, stesso salario» per tutelare precari e autonomi che lavorano per la stessa impresa usando «il contratto di miglior favore» per tutti. Con le imprese quindi l’idea è di «assumere insieme il vincolo della qualità delle produzioni e della stabilità del lavoro», mettendo in secondo piano il «conflitto», sebbene Landini proponga «nuove forme di mutualismo» per «la riscoperta del ruolo del sindacato, come in Inghilterra».
Molto attesa era la parte sul «rapporto fra il sindacato e il sistema politico». «Abbiamo denunciato con forza la crisi di partecipazione» la cui «origine è nella rottura fra lavoro e rappresentanza politica, nel venir meno della distinzione politica: governi diversi, stessa precarietà, stesso taglio alla sanità pubblica che sta per implodere».
LANDINI CITA POI TRENTIN per ribadire l’autonomia della Cgil: «Non siamo un sindacato di opposizione o di governo, ma un sindacato di progetto», «che si misura alla pari con ogni soggetto». E allora, se il governo Meloni è «il primo in 13 anni che ha la maggioranza per durare tutta una legislatura», è «stato giusto invitarla e la ascolteremo», promette Landini ai 986 delegati. Ma ponendo richieste «molto precise» che rendono già difficile il discorso di domani della presidente del consiglio: «Abbiamo il diritto al confronto preventivo ma questo non sta avvenendo mentre il governo ci considera una lobby corporativa e non ci riconosce il ruolo generale e sociale», «noi non ci stiamo», urla Landini e lancia il monito: «Il fisco è la madre di tutte le battaglie» perché «non è possibile che sull’Irpef che pagano 36,5 milioni fra lavoratori dipendenti e pensionati su un totale di 41 milioni di contribuenti, decidono senza di noi». E dunque la richiesta al governo è forte: «Ritiri la delega fiscale che punta alla tassa piatta incostituzionale e alla riduzione da 4 a 3 aliquote che favorisce i redditi alti».
L’altra richiesta è «la cancellazione dell’autonomia differenziata» figlia di una riforma del titolo V del centro sinistra che fu «un grave errore perché ha ridotto i servizi ai cittadini». Per tutte queste ragioni Landini sostiene che «è il momento della mobilitazione», nel passaggio più applaudito della relazione.
LA PACE È IL CENTRO di una lunga parte della relazione che arriva a considerare «strategica» l’audizione di «5mila delegati Cgil da papa Francesco», l’unico che «propone un nuovo modello di sviluppo che rispetti l’ambiente e il lavoro». Il riferimento al Pd e all’elezione di Elly Schlein è solo un passaggio, seppur molto apprezzato dalla platea.
La chiusura è rivolta all’interno: «Voglio essere esplicito: mi ricandido ma dico fin d’ora che il mio impegno sarà quello di realizzare il cambiamento necessario», a partire da una nuova confederalità che mischi i lavoratori e le categorie. «Vorrei che i giovani, mai così precari e mai così sfruttati, potessero riscoprire la consapevolezza che insieme si possono cambiare le cose. Questo è il momento di fare», ha concluso Landini.
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