“Landini parla a Renzi? Ma lui non è tutta la Cgil”
Edili Il segretario Fillea, Walter Schiavella, alla Fiom: basta personalismi, più confederalità. Le costruzioni a congresso: «Male il decreto Poletti, bene gli 80 euro e gli investimenti: ma vanno verificati. Attenti al Durc»
Edili Il segretario Fillea, Walter Schiavella, alla Fiom: basta personalismi, più confederalità. Le costruzioni a congresso: «Male il decreto Poletti, bene gli 80 euro e gli investimenti: ma vanno verificati. Attenti al Durc»
Le divisioni dentro la Cgil non stanno facendo bene al sindacato, e forse danneggiano anche i lavoratori. Più il Congresso si avvicina all’assise di Rimini, a inizio maggio, più nell’organizzazione guidata da Susanna Camusso, spiazzata dall’attivismo e dagli attacchi del premier Matteo Renzi, si cerca una formula per uscire dall’angolo. E brucia l’autonomia con cui Maurizio Landini e la sua Fiom si stanno ritagliando un rapporto privilegiato con il presidente del consiglio. Non senza rischi va detto, per tutti: per gli stessi metalmeccanici in primis, che potrebbero restare bruciati, delusi, ma anche per il resto della Cgil. «Non va bene che qualcuno tenti di farsi tutto quando è solo una parte di noi», dice Walter Schiavella, leader degli edili Fillea, grossa categoria industriale che oggi apre il suo congresso a Roma.
Il dibattito si è personalizzato, è vero, ma non è che forse alla Cgil sia mancato un luogo dove svolgere un confronto politico? Faccio un esempio: ancora nessuno ha capito come mai non abbiate accettato di far confrontare nelle assemblee sul Testo Unico le due posizioni diverse. Da lì forse le distanze con Landini si sono acuite, portandolo a organizzare un’altra consultazione. Che poi, voglio dire: siamo nell’era dei web e dei social, mica ancora nel Novecento.
Forse possiamo ripensare le nostre regole interne, è vero. Ma comunque a me pare che sia mancato un punto fondamentale in tutti questi passaggi: il fatto che in un’organizzazione confederale puoi discutere, magari anche scontrarti pesantemente, ma poi devi accettare le decisioni della maggioranza. In questo caso del nostro Direttivo. Una parte non può farsi tutto, rovesciare il tavolo e fare da sé. Abbiamo assistito a una deriva identitaria che impedisce una sintesi: non possiamo essere solo una confederazione di diversità, dobbiamo a un certo punto arrivare a una posizione sola, e parlare alla politica, al Paese, con un’unica voce. Ciascuno di noi, la Fillea come la Fiom, è un soggetto politico, con le sue specificità, e può portare le esigenze dei suoi iscritti. Ma non può farsi parte politica.
Il riferimento è al rapporto Renzi-Landini, al suo rivolgersi direttamente al governo, «saltando» la Cgil. Perché, non è lecito farlo?
Credo sia sbagliato che chi rappresenta le esigenze, legittime, dei metalmeccanici, voglia poi interloquire, come se rappresentasse l’interesse generale, di welfare, pensioni, precari. Peraltro queste confusioni, questo presunto «derby» Fiom-Cgil – con colpe nostre, ma anche dei giornali che lo hanno raccontato – questo posizionamento politico, oscura i tantissimi temi pure presenti nel nostro congresso, le altre posizioni, sfumate o meno.
Cerchiamo di capire allora come voi, la Fillea, vedete Renzi. Tra il piano scuola e dissesto idrogeologico, gli 80 euro, e un decreto Poletti che forse non vi tocca come altre categorie, potreste essere contenti.
Un attimo: è vero che la nostra categoria è già iper precarizzata, e che solo il 5% dei nostri addetti ha l’articolo 18. Molti vengono licenziati a fine cantiere. Ma questo non vuol dire che il decreto Poletti non ci tocchi, fa male ad esempio a tante industrie del mobile che noi seguiamo. E poi vorremmo vedere il contratto a tutele crescenti, e il disboscamento delle 40 forme di precarietà. Gli 80 euro? Finché non li vediamo in busta paga, non dico nulla: appena ci saranno, diremo “bene”. Il piano scuola – 3 miliardi – e dissesto – 1,7 miliardi – erano soldi già stanziati, il merito di Renzi è concentrarli su questi due fini. Bene, ma aspettiamo: se entro giugno i primi cantieri non partono, il nostro settore crolla. Dal 2008 abbiamo già perso 750 mila posti di lavoro, 480 mila strettamente edili. E vediamo anche quanti posti crea, di che qualità.
Insomma, giudizio sospeso.
Come è giusto. Il sindacato parte da bisogni concreti, e su quelli misura la sua controparte. Lancio anche l’allarme Durc, di cui non si parla: il decreto Poletti lo rende elettronico, e questo è un bene. Ma ne allunga la durata a 6 mesi e ne rende le procedure fumose, il che è come dire che in pratica lo annulla.
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