Landini: «Pace e non riarmo, più salario e sicurezza contro la precarietà»
Intervista al Segretario della Cgil Il segretario Cgil: la guerra non si ferma comprando armi. I soldi vadano a ambiente, sanità e scuola. Siamo ad Assisi per chiedere un negoziato stile Helsinki. Per i giovani contratto unico di ingresso e pensione di garanzia. La gente non arriva a fine mese e Confindustria continua a chiedere fondi senza condizioni. Giusto ragionare su un trattamento economico complessivo minimo
Intervista al Segretario della Cgil Il segretario Cgil: la guerra non si ferma comprando armi. I soldi vadano a ambiente, sanità e scuola. Siamo ad Assisi per chiedere un negoziato stile Helsinki. Per i giovani contratto unico di ingresso e pensione di garanzia. La gente non arriva a fine mese e Confindustria continua a chiedere fondi senza condizioni. Giusto ragionare su un trattamento economico complessivo minimo
Maurizio Landini, un Primo maggio di guerra dopo due anni di pandemia. La voglia di festeggiare come si trova?
Dopo quasi 20 anni siamo di nuovo ad Assisi, città della pace per fermare la guerra scellerata voluta da Putin, per far tacere le armi, per sostenere il popolo ucraino, per dare parola al negoziato sul modello della conferenza di pace di Helsinki del 1975 come indicato da Mattarella. E siamo ad Assisi per affermare che la lotta per la pace e per il lavoro sono due facce della stessa medaglia. La guerra non si ferma con le armi e investendo sul riarmo. È il momento di investire sull’ambiente, sulla sanità, sulla scuola, la formazione, sulle energie rinnovabili. Solo così si migliora la qualità della vita delle persone e si afferma la giustizia sociale e la centralità del lavoro.
Qui da noi invece è in corso una battaglia sui salari: il ministro Orlando propone uno scambio aumenti a livello inflazione- aiuti alle imprese ma Confindustria dice no e si arrocca sul taglio del cuneo fiscale. Come se ne esce?
Non so se è chiaro a tutti ma la gente non arriva a fine mese. La questione salariale è decisiva e vorrei ricordare due cose a Confindustria: in questi anni le imprese tra incentivi fiscali e decontribuzioni hanno ricevuto oltre 100 miliardi senza condizionalità. Gli aiuti pubblici andrebbero vincolati alla difesa dell’occupazione, alla creazione di lavoro stabile superando la precarietà. Ora è il momento di sostenere il reddito da lavoro e le pensioni attraverso la decontribuzione, l’estensione del bonus energia, l’aumento del fondo affitti e la moratoria dei mutui. Ci sono contratti da rinnovare, alcuni addirittura fermi da anni. E i contatti nazionali devono servire a tutelare e aumentare il potere di acquisto e per farlo debbono avere a riferimento l’inflazione reale, non quella deputata dai costi energetici. E questo va nell’interesse di tutto il paese perché è l’unico modo per sostenere la domanda interna e non trovarci dentro a una vera e propria fase di recessione.
Il salario minimo – nei termini di Trattamento economico complessivo e media dei valori dei contratti nazionali – può essere lo strumento per rilanciare la battaglia per la dignità del lavoro?
Il contrasto al lavoro povero e ai contratti pirati è sicuramente un obiettivo importante. perché in questi anni le diseguaglianze sono aumentate fino al punto che si è poveri lavorando. Non ci sfugge che la proposta avanzata dal ministro Orlando fa riferimento al Trattamento economico complessivo definito nei contratti collettivi nazionali sottoscritti dai sindacati maggiormente rappresentativi e quindi punta a sostenere e rafforzare la funzione della contrattazione collettiva. Per questo consideriamo utile e importante il terreno di confronto proposto e pensiamo sia giusto un possibile provvedimento legislativo che dà validità generale ai contratti nazionali fino a certificare la rappresentanza delle parti sociali.
A livello di guerra rimangono i dati sui morti sul lavoro. Un cambio di passo legislativo c’è stato ma c’è la sensazione che senza un cambio culturale la striscia di sangue sarà infinita.
È una condizione inaccettabile. La sicurezza continua ad essere concepita come un costo per cui ridurlo diventa una condizione per competere. Non a caso, come ci dicono le statistiche dell’Inail, infortuni e morti sul lavoro sono cresciuti in coincidenza con la ripresa economica. Sono importanti gli interventi legislativi realizzati ma questi non sono ancora serviti a bloccare la strage perché è ancora troppo alta la precarietà e continua a prevalere una logica di gestione degli appalti fondata sul massimo ribasso. Occorre intervenire su queste due questioni e fondare la prevenzione sulla formazione sia delle imprese che dei lavoratori.
Lei invece ha lanciato una proposta passata troppo sotto silenzio: per combattere la precarietà un unico contratto di ingresso. Perché non fa notizia?
La lotta contro la precarietà è per noi la priorità. E continuiamo a chiedere che tutti, politici e imprese, si misurino su questo tema. Bisogna cancellare forme di lavoro assurde che mortificano la dignità del lavoro e delle presone. Il contratto unico di ingresso al lavoro a carattere formativo finalizzato alla stabilità dell’occupazione rimane per noi un obiettivo e una rivendicazione da far vivere nella contrattazione e nel confronto con il governo. Le giovani generazioni non le si può continuare a far vivere in un eterno presente di precarietà.
La guerra ha cambiato le priorità e il tema pensioni è sparito, nonostante le aperture del governo verso pensione di garanzia e flessibilità in uscita. Riuscirete a farlo rientrare nella legge di Bilancio?
Non è per noi passato in secondo piano il tema della riforma delle pensioni. E intendiamo farlo vivere dalla prossima legge di bilancio. Del resto contrastare il lavoro precario significa anche introdurre nel nostro paese la pensione di garanzia così come gli incidenti sul lavoro si contrastano riconoscendo i lavori gravosi e rivedendo di conseguenze l’età di uscita. Il disagio sociale si contrasta estendendo la 14esima per le pensioni più basse ed è ora di riconoscere il lavoro di cura e le differenze di genere.
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