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L’anatomia non è un destino

Verità nascoste Elton John, Dolce e Gabbana e il nostro corpo: un’entità biopsichica

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 28 marzo 2015

Elton John ha chiesto il boicottaggio degli stilisti Dolce e Gabbana, compagni nel lavoro e nella vita. In un’intervista, Domenico Dolce aveva definito come prodotto chimico i bambini nati dalla fecondazione in vitro, con cui il cantante e il suo compagno hanno avuto due figli.
L’idea, espressa da Dolce, che i figli debbano nascere da un profondo impegno d’amore tra genitori chiaramente definiti, descrive la migliore condizione di partenza che, tuttavia, non è necessaria né sufficiente. La grande maggioranza di noi è nata in condizioni meno ottimali, spesso per “errore”, a volte contro l’intenzione di uno o di entrambi dei nostri genitori, altre volte per riparazione di un legame in crisi. Tentiamo di porre rimedio alla mancanza iniziale, cercando nella vita ciò che della relazione erotica tra “mamma” e “papà” abbiamo intravisto o intuito. Non di rado suppliamo a ciò che mancava tra i nostri genitori con l’amore che loro hanno rivolto o avrebbero desiderato rivolgere ad altri, esterni al legame coniugale.
Sarebbe possibile questo lavoro di riconfigurazione della relazione di desiderio dentro di noi, se i nostri genitori fossero omosessuali? Si suppone che l’eros omosessuale non sia compiuto, perché riduce la differenza tra gli amanti. Nel campo genitoriale restringerebbe, dunque, l’orizzonte erotico dei figli, anche perché li priverebbe del corpo materno (primo oggetto d’amore), che nell’omosessualità femminile sarebbe acerbo (perché chiuso all’uomo) e in quella maschile assente.

Tra il corpo della donna e quello dell’uomo esistono differenze fondamentali, che li configurano in modo del tutto complementare nel campo sessuale. Ciò non implica che l’anatomia sia un destino. Il nostro corpo è un’entità biopsichica, che se sul piano anatomico, biologico è predisposto alla ricerca del corpo dell’altro sesso, sul piano psichico lo riproduce nel suo interno. Inoltre, l’espressione del suo desiderio e il suo godimento richiede l’affinità, accanto alla differenza. Senza l’affinità, la differenza diventa estraneità e viene meno la complementarità tra i diversi.

Nell’amplesso, la donna e l’uomo si incontrano nell’ambito di una doppia opposizione complementare: la parte femminile di lei con la parte maschile di lui e, viceversa, la parte femminile di lui con la parte maschile di lei. Questo incontro non avviene, senza la congiunzione contemporanea di due parti femminili e di due parti maschili, che trasforma la distanza in intimità. L’ampiezza e l’intensità dell’incontro e quindi la profondità del godimento, dipende dal gioco tra l’affinità e la differenza e dall’integrazione del sesso opposto in ognuno degli amanti, che rende il gioco possibile.

La relazione omosessuale è paritaria, sul piano del desiderio e del godimento, a quella eterosessuale, poiché il gioco tra maschile e femminile, nello spazio della coppia e dentro il singolo amante, è in essa ugualmente possibile. Neppure la definizione dei ruoli genitoriali soggiace a restrizioni invalicabili: grazie alla bisessualità psichica, la donna può sopperire all’assenza del padre e l’uomo a quella della madre.

Per i figli non è importante l’anatomia del corpo del genitore, ma la plasticità psichica di questo corpo, la sua capacità di espandere la sua espressione oltre al suo sesso di appartenenza.
Il gioco tra il femminile e il maschile poggia sulla centralità della relazione uomo-donna (che ispira ma non determina il campo dell’eros). Nondimeno, senza l’omosessualità, che trascendendola la estende, questa relazione si ridurrebbe a stereotipia del destino: perdita dell’uso soggettivo del nostro corpo.

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