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L’anatema di Salvini contro il ribelle di Verona

L’anatema di Salvini contro il ribelle di Verona

Lega Nord Il capo della Lega minaccia il sindaco Flavio Tosi, colpevole di aver messo in discussione la candidatura di Luca Zaia per le regionali del prossimo giugno. "Zaia non si discute, chi lo discute si mette fuori dalla Lega". Il sindaco non abbassa la testa ma almeno promette di partecipare alla manifestazione della Lega che sabato prossimo sfilerà a Roma contro il governo Renzi. Lo strappo è tutt'altro che ricucito

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 25 febbraio 2015

La pratica dell’epurazione è passaggio obbligato per ogni leader che voglia farsi rispettare. Che sia plateale o meno (alla Berlusconi o alla Renzi) poco importa, quello che conta è che prima o poi ogni capo ha il suo eretico da espellere. O da minacciare. Oggi tocca a Matteo Salvini esercitare il potere assoluto nella Lega che fu di Maroni (ridotto al ruolo di spalla), a farne le spese potrebbe essere il sindaco di Verona Flavio Tosi. Un osso duro, uno che il consenso se l’è guadagnato, e che adesso, dopo la svolta a destra del capo, può permettersi il lusso di rappresentare l’ala “sinistra” del partito. Il “pierino” leghista si era già distinto a suo tempo schierandosi contro la bufala “secessione”, rispetto a Borghezio e allo stesso Salvini pareva un uomo di stato. La Lega è cambiata ma oggi ci risiamo, anche se per Tosi, con i sondaggi che danno il partito al 16%, sarà molto più difficile ritagliarsi il ruolo di ribelle.

La ruggine è di vecchia data, ma le questioni sul tappeto sono due. Una di prospettiva, che rischia di mandare all’aria i piani della Lega proprio nella sua regione più rappresentativa (il Veneto); e una più contingente, visto che il sindaco di Verona si è detto riluttante a partecipare alla manifestazione romana di sabato prossimo, il palcoscenico che dovrebbe servire a Matteo Salvini per consacrare il nuovo partito a vocazione nazionale , in alleanza con la destra più impresentabile.

L’insubordinazione del sindaco di Verona è arrivata al punto da mettere in discussione la conferma di Luca Zaia alla guida della Regione Veneto alle prossime elezioni regionali, ipotizzando addirittura la propria candidatura come in una guerra fratricida. Intollerabile per il capo. La motivazione è politica, ha cercato di spiegare ieri: “La Lega, alle regionali del Veneto, nel 2010, raccolse il 35%. Quelli erano voti trasversali, eterogenei, che rappresentavano tutta la società veneta, non erano voti di destra. Adesso Salvini sta spostando la Lega molto a destra”. E ancora: “Io dico che per vincere serve tutto il centrodestra”. La svolta “alfaniana” ha fatto infuriare Salvini: “Su Zaia non si discute, chi è contro Zaia è fuori”. Poi la precisazione, per rincarare la dose: “Io non espello nessuno, ma eventualmente c’è qualcuno che si autoesclude. Chi non sostiene Zaia, sostenga la Moretti, Passera, sostenga Alfano. Su Zaia non si discute, chi lo mette in discussione si mette fuori gioco”. Non è che Tosi si sia fatto intimidire: “La decisione della candidatura alle regionali spetta alla Liga Veneta e non alla Lega Nord”, insomma tutto come nella migliore tradizione delle solite beghe tra veneti e lombardi. Ma questa volta c’è dell’altro.

Perché lo scalpitare del sindaco, il suo guardare a “tutto il centrodestra”, contraddice l’idea di fondo dell’ascesa di Salvini che – per ora – dice di non voler avere a che fare con chi sta al governo con Renzi (leggi alleanze alle regionali di giugno). Proprio per questo, per mettere in riga l’infedele, Matteo Salvini ha anche “sgridato” Tosi per la sua adesione poco calorosa alla marcia romana di sabato. “E’ una questione di rispetto, facciamo una manifestazione in piazza del Popolo per una politica diversa da quella del governo Renzi, sulle tasse, sulle partite Iva, sull’immigrazione fuori controllo, e la gente che viene lo fa pagando di tasca propria partendo alle cinque del mattino. E un dirigente che ricopre delle cariche grazie alla Lega e prende dei soldi non può dire mah non so se vengo. L’affondo “populista” ha colto nel segno. Tosi ha detto che farà di tutto per esserci, nonostante i suoi tanti impegni a Verona: “Farò l’impossibile per andarci per non prestare il fianco a dei miserabili che ci speculano sopra”. Poi la precisazione obbligata: “Non mi riferisco a Salvini”.

Sabato romano a parte, è evidente che i due siano incompatibili. Hanno visioni diverse del partito e, come spiega il filosofo Massimo Cacciari, si stanno misurando “per questioni di potere personale”. Se compromesso sarà, come tutti si augurano all’interno della Lega – dal mite Maroni all’iracondo Borghezio – allora alle prossime elezioni regionali non ce ne sarà per nessuno. Altrimenti, nell’ipotesi di una lista Tosi – e sarebbe un terremoto – il centrosinistra potrebbe anche farci un pensierino.

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