A Natale una tradizione, al pari del panettone, sono i film da vedere in compagnia dei propri cari. La lista di queste pellicole è varia e comprende l’evergreen delle reti tv, Una poltrona per due di John Landis con Eddie Murphy, Dan Akroid e una splendida Jamie Lee Curtis, poi Gremlins con il suo mix adorabile di horror e commedia, senza dimenticare il classico di Frank Capra, La vita è meravigliosa che non dimostra di certo i suoi 77 anni. Qualcuno in un’ipotetica lista potrebbe infilarci anche il vanziniano Vacanze di Natale con una colonna sonora assolutamente da hit parade che mostra i muscoli con Mike Oldfield, i Gazebo, e i dimenticati Bandolero che cantano l’immortale Paris Latino. Però non parleremo di questi film, ma di una serie di pellicole natalizie dalle colonne sonore notevoli che da noi non hanno avuto il successo che i produttori speravano.

LE COMMEDIE
L’anno prossimo vado a letto alle 10 è un film sulla carta perfetto per le vacanze natalizie: nel cast un attore allora giovane e amato dal pubblico, Ricky Memphis, la regia di Angelo Orlando, pochi anni prima premiato con un David Donatello per Pensavo fosse amore… invece era un calesse di Massimo Troisi, e una serie di battute ciniche e stralunate sulla falsariga del recente Clerks. Solo che qualcosa non funziona, la pellicola fa fatica a uscire nei cinema, quasi subito sbarca in tv e non diventerà mai un cult. In realtà non era così male con una ambientazione post natalizia che lasciava il segno. A fare però la parte del leone, più dei suoi interpreti, della sceneggiatura o della regia, è la straordinaria colonna sonora del compianto Roberto Ciotti, chitarrista straordinario scomparso ad appena 60 anni nel 2013. La sua soundtrack spazia dal blues all’elettronica fino a toccare elementi di rebetiko, complessa e suadente, ipnotica e malinconica, è quel capolavoro che purtroppo non è stato L’anno prossimo vado a letto alle 10. Sulla pagina Facebook del regista qualcuno scrive: «Dovrebbe diventare il film di capodanno come Una poltrona per due! Una tradizione!». Se il citato Vacanze di Natale è un cult con almeno una decina di pseudo sequel non all’altezza, difficile che qualcuno si ricordi di Vacanze sulla neve di Mariano Laurenti, l’autore di tanta commedia di serie B italiana con Lino Banfi e Alvaro Vitali. Non si sta parlando di un’opera imprescindibile, ma di un pessimo film che non fa mai ridere con una poco convinta Alessia Mertz e un Guido Nicheli sottotono con il pilota automatico di battute scontate da «cumenda» milanese di matrice vanziniana. Però le musiche della pellicola sono bizzarre per una commedia vacanziera e avrebbe meritato sicuramente un altro lido dove approdare. Berto Pisano compone una colonna sonora dalla influenze anni Settanta, vicino al suo lavoro svolto nel capolavoro gotico di Aristide Massaccesi La morte ha sorriso all’assassino, con un ritmo lento, l’uso dei piatti, l’andamento sinuoso che riporta a inaspettate tonalità lounge. Meno efficace quando sul finale i protagonisti, Attilio Fontana e Laura Chiatti, si lanciano in un’atroce canzone alla Disney, sbilenca come un film vacanziero privo di hit musicali.
Spostiamoci negli States con un film di Natale che mai ha avuto il successo meritato: Natale in affitto (Surviving Christmas), veloce, divertente, ben scritto e interpretato con convinzione da un giovane Ben Affleck, dal compianto James Gandolfini e da una smagliante Christina Applegate. Siamo in campo Una poltrona per due con un milionario che vive male le feste natalizie e, non avendo più una fidanzata con la quale festeggiare, paga una famiglia per fingere di essere suoi parenti. Se il film è scatenato (da antologia la sequenza del nonno Jurass), lo stesso vale per l’allegra colonna sonora di Randy Edelman, che riporta l’aria natalizia di allegria festosa e allegra stupidità. Lavorando con l’Hollywood Studio Symphony (e, insolitamente, senza alcun elemento elettronico), Edelman crea una partitura dolce e tenera, con archi morbidi, pianoforte e fiati che aprono la strada al lounge jazz di Kissed by a Snowflake, il miglior brano, con pianoforte e contrabbasso.

I CARTONI ANIMATI
Natale è anche cartoni animati, soprattutto Disney, da vedere al cinema o in streaming con i parenti. Però esisteva un tempo lontano fatto di vhs presi nei cestoni del supermercato a pochi spiccioli e di scalcagnate tv che passavano film d’animazione, non così famosi o ricchi come i parenti statunitensi, ma altrettanto efficaci. A fine anni Ottanta, per esempio, un evergreen dei canali minori era La regina delle nevi, il capolavoro di Lev Atamanov, una delle fonti di ispirazione per Hayao Miyazaki. Girato nel lontano 1957, prodotto dalla Disney sovietica, la Sojuzmul’tfil’m, sfoggia una splendida colonna sonora, composta da Artemij Ajvazjan, che negli Stati Uniti venne svilita da nuovi, e non altrettanto efficaci brani musicali scritti ed eseguiti da Diane Lampert e Richard Loring (The Snow Queen, Do it While You’re Young e la strumentale The Jolly Robbers). La regina delle nevi resta un’opera d’arte dell’animazione, una vera opera musicale che ora purtroppo non passa più in tv ma che andrebbe riproposta a chi ingiustamente non la conosce o non ne ha più memoria.
Quest’anno sono poi ben 140 anni dalla nascita di uno dei nostri capolavori letterari, Le avventure di Pinocchio, scritto da Carlo Collodi e messo in scena al cinema e in tv da artisti come Luigi Comencini, Guillermo Del Toro e, ovviamente, il (capo)lavoro corale sotto lo sguardo di Walt Disney ad opera di Ben Sharpsteen, Hamilton Luske, Norman Ferguson, Wilfred Jackson, Bill Roberts, T. Hee e Jack Kinney. Le tv private hanno fatto conoscere alcune vicende alternative di questo burattino di legno con il classico Le nuove avventure di Pinocchio (Kashi no Ki Mokku, letteralmente «Mokku della quercia») del 1972 con la donnola che, nella versione italiana, diventa un gatto, e i toni cupi, quasi da favola dei Grimm. Commovente poi la sigla Pinocchio perché no?, cantata da Luigi Lopez, che recita nel ritornello «Pinocchio, ma dove vai? Pinocchio, che cosa fai? Pinocchio, la fantasia è solo una bugia». L’originale Kashi no Ki Mokku, cantata da Kumiko Kaori, è più ingenua, dal ritmo infantile, e non riesce a competere con la versione nostrana, fresca ed efficace anche a distanza di decenni. Gli ultimi due episodi uscirono in dvd (e vhs) come Buon Natale, Pinocchio, a sancire la visione festiva di questo cartone.
Esiste poi una versione musical live di Pinocchio, tratta non da Collodi, ma da Il compagno Pinocchio di Aleksej Nikolaevic Tolstoj. Nei paesi dell’Est diventò un piccolo cult delle feste natalizie, The Adventures of Buratino di Leonid Nechaev, che fa dimenticare la sua durata importante, ben 125 minuti, con numeri musicali straordinari e una certa malinconia di fondo nelle musiche medievaleggianti. Da noi, sembra, arrivò come Le avventure di Pinocchio, ma si sono perse le tracce di una versione italiana.
Però quando il picolo Dmitriy Iosifov urla, davanti a una folla di bambini, la parola «Burattino», musicandola, viene voglia di ballare sulle note della colonna sonora di Bulat Okudzhava e Aleksey Rybnikov fregandocene del successo o meno di queste opere.