Cultura

L’amore di due donne si trasforma nella furia della vendetta

L’amore di due donne si trasforma nella furia della vendetta

NARRATIVA «Nessuno può uccidere Medusa» è il nuovo libro di Giuseppe Conte edito da Bompiani

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 5 novembre 2024

«Voglio la sua testa!», disse Vittorio. «E iu ve l’haju a purtari», rispose Calì il suo uomo di fiducia. Con Nessuno può uccidere Medusa (Bompiani, pp. 272, euro 17) il poeta Giuseppe Conte si affida al romanzo per un viaggio alla ricerca dell’altra metà della luna, quella meno visibile e oscura, anzi, oscurata. È una storia di sopraffazione e di vendetta. Di stupore e di grazia. «C’erano buio e orrore, ma anche bellezza e luce».
«Signurina, quannu vi deciditi a farvi ‘n zito?» Amedea è la più giovane delle tre sorelle Corallo. Quella che non pensa a sposarsi, a sistemarsi. E al sud, ancora oggi, per una femmina questa può essere una condanna, una maledizione. Esmeralda, invece, deve sposare Vittorio Ventura per obbedire a suo padre e salvare le sorti della famiglia. Avrebbe voluto resistere fino all’ultimo ma non ce l’ha fatta. Ha conosciuto l’amore ma non è stato Vittorio a insegnarglielo. È stata Med, Amedea, a baciarla e accarezzarla per la prima volta. Vittorio, invece, sposa Esmeralda, ma vuole prendersi come un predatore rapace Med. Non è uno scontro tra generi, è sempre la solita tremenda storia della sopraffazione del più forte.

SIAMO IN SICILIA. Ma sono pochi gli elementi che ci possano aiutare a precisare tempi e luoghi. Ci troviamo ad attraversare luoghi letterari e metafisici. È la terra d’origine (in parte) di Conte, che filtra attraverso la memoria e gli inserimenti dialettali, più deittici che narrativi. Esmeralda e Meda amano i classici. La storia di Ulisse «scorre come in un romanzo di mare, d’avventura e d’amore». Le donne sono importanti: sono indipendenti, sono loro che danno fascino all’eroe, «come se la scrivessero loro». Nell’Iliade accade il contrario, schiave o principesse, «hanno risalto solo grazie al loro uomo».

Anche Giuseppe Conte ama i miti. Tutta la sua opera è tesa a farli rivivere nella nostra storia quotidiana. Anche questa storia ha sullo sfondo un mito, ma Amedea è una Medusa inversa. Non pratica l’astuzia ma la tenerezza. Non pietrifica ma ammalia con la sua dolcezza. Esmeralda, invece, è un’Ifigenia che resiste invitta. Ama Meda ma si sacrifica per la famiglia e sposa un mostro. Lei è Esmeralda, Vittorio non è un triste Quasimodo: è una vera e propria bestia, e Meda diventa la sua preda. Come nell’Odissea e al contrario dell’Iliade, Vittorio non avrebbe un ruolo senza la bellezza di Esmeralda e di Meda. Anche gli altri personaggi maschili, come il fruttivendolo tunisino e il colto sacerdote greco Homer Grant si muovono come animati dalla stessa sorgente femminile.

«L’INFERNO MI HA PRESO e mi ha attirato a sé come le ragnatele attirano le mosche». La violenza subita la trasforma in un angelo vendicatore. «Non poteva permettere che Vittorio archiviasse l’accaduto. Voleva che dentro di lui si insinuasse una paura più terribile, che vedesse ombre sul suo futuro, che tremasse al pensiero del suo passato». Grazie alla rielaborazione del mito, Conte riesce ad allungare la messa a fuoco sui temi civili della pace, dell’ambiente, della violenza di genere. Sottratti all’afasia della cronaca quotidiana, acquistano un’aura universale e senza tempo. Tolti dall’attualità dei temi e (ri)collocati nella stanza degli archetipi, acquistano una solidità rassicurante. Ci ricordano chi siamo e dove siamo.
Meda combatte una guerra personale e solitaria. Questa condizione porta anche lei a diventare orrenda: a un certo punto comprende che deve riuscire a fermarsi in tempo. Deve trasformare la sua lotta in una battaglia collettiva. Per esempio, difendere il Giardino dei Cento Alberi dalla furia distruttrice dello sviluppo senza qualità. Questo è lo snodo decisivo. Nessuno può uccidere Medusa, perché Medusa non è esiste più. S’è mutata di un’Artemide liberatrice.

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