Entrata nell’orbita «nazionale» del Teatro della Toscana, la storica sala di Rifredi mantiene il profilo di spazio in progress, civilmente impegnato, politicamente corretto, vigile al dialogo e attento alle giovani generazioni, fra drammaturgia contemporanea e sensibilità europea, tradizione e innovazione. Prova ne è lo spettacolo che ha aperto in prima assoluta la nuova stagione: L’amico ritrovato, dal romanzo «in miniatura» di Fred Uhlman, uscito in America nel 1971, dopo la morte dell’autore divenuto un caso letterario e un best seller mondiale.

TRASFERITA sullo schermo nel 1989 da Jerry Schatzberg, con la complicità di Harold Pinter che si prese molte libertà in fase di sceneggiatura, la storia dell’incontro tra due adolescenti nella Germania del 1933 all’ombra del nazismo, diversi per carattere e portamento quanto divisi dalla cultura e dal censo ma uniti dal seme strenuo dell’amicizia, prende la via del palcoscenico grazie al catalano Josep Maria Miró, autore di una riduzione nobile e fedele, coinvolgente per parsimonia emotiva e austerità narrativa, che dà conto dell’inquietudine dilaniante della giovinezza. Con altrettanta coerenza e sofferto rigore la dirige ora Angelo Savelli (sua anche la traduzione) che, quasi in dissolvenza, con pudore e rispetto, evoca la kantoriana Classe morta, non per mero gusto citazionista ma per farne sudario di vita e fondale di memoria condivisa. Ne sono diligenti interpreti Federico Calistri, Mauro D’Amico, Roberto Gioffré, in sintonia con le musiche originali di Federico Ciompi.