Europa

L’ambiente scomparso dall’agenda Renzi

Green deal Nella legge di Stabilità sono assenti la tutela del mare e del suolo, la biodiversità, i controlli e le bonifiche

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 28 novembre 2014

Dal disegno di legge sulla legge di Stabilità 2015 non emergono elementi di novità o segnali rilevanti che consentano di registrare un’inversione di tendenza rispetto alle scelte di fondo sulle grandi opere, in materia energetica e per valorizzare e tutelare adeguatamente il capitale naturale del Paese. Si aggiunga che il governo non dedica alcuna attenzione al capitolo ambiente: la spesa per la difesa del mare e del suolo, la tutela della biodiversità, delle aree protette e delle specie a rischio, i controlli e le bonifiche ambientali si attesta ad una quota inqualificabile dello 0,8% (poco più di 253 milioni di euro) dell’ammontare dell’intera manovra (per il 2015 di 30,928 miliardi di euro).

Le grandi opere (infrastrutture strategiche, autostrade e linee ad AV) pesano ancora oggi per una quota del 10,5% (3255.701 miliardi di euro) dell’ammontare complessivo della manovra, mentre alla rete tradizionale si destina poco più di un miliardo (ferrovie, 767 milioni, e strade, 241 milioni). Non si registra quindi alcun ripensamento rispetto alla impostazione fallimentare del Primo Programma delle infrastrutture strategiche, che costituisce di fatto non uno strumento per individuare gli interventi prioritari su scala nazionale, ma la più imponente operazione a favore degli appetiti speculativi delle grandi imprese e delle clientele politiche locali, mai tentata in Italia.

Anche in materia energetica la linea governativa non si discosta dagli obiettivi fossili della Strategia Energetica Nazionale, voluta all’inizio del 2013, alla vigilia della sua caduta, dal Governo Monti. Strategia, ormai desueta, che è però puntualmente attuata con le disposizioni del decreto Sblocca Italia, con il quale si è stabilito che debbano essere considerati strategici e quindi beneficiare di corsie preferenziali – in deroga alle procedure autorizzative, alle valutazioni ambientali e ai controlli ordinari – gli interventi relativi alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi a terra e a mare, nonché lo stoccaggio degli idrocarburi nel sottosuolo, come anche i gasdotti, i rigassificatori e lo stoccaggio di gas.

Anche per la difesa del suolo i segnali nella manovra 2015 sono debolissimi, ben lontani da quel fabbisogno necessario di almeno 2 miliardi di euro l’anno per 20 anni, calcolato alla fine del 2012 dal ministero dell’Ambiente. Nella Legge di Stabilità 2015 alla difesa del suolo vengono destinate nuove risorse pèr 190 milioni di euro, cioè il 9,5% di quanto è stato stimato sarebbe necessario ogni anno, secondo le stime ministeriali. Ancora oggi si fa riferimento in linea teorica al “tesoretto” di 2 miliardi di euro per il dissesto idrogeologico che giace nelle contabilità speciali dei commissari di governo (da cui si può attingere per le cifre non ancora impegnate al 31 dicembre 2013 grazie alla legge di Stabilità 2014), ma ancora si deve ben capire con quali tempi e su quali priorità di intervento impiegare queste risorse.

Da questi dati parte la contro-manovra in campo ambientale voluta da Sbilanciamoci che punta (grazie al lavoro comune di Legambiente e Wwf) innanzitutto a sottrarre 1,5 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi previsti in grandi opere per destinarli più produttivamente all’attuazione di una strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici e alla manutenzione del territorio (500 milioni che vanno a incrementare il tesoretto dei fondi già disponibili) e per finanziare le piccole e medie opere necessarie per il potenziamento delle infrastrutture di trasporto esistenti, a cominciare di quelle al servizio delle aree urbane (1 miliardo di euro per servizi ferroviari per i pendolari, tramvie, linee di metropolitana).

Si chiede che il governo definisca finalmente una Roadmap per la decarbonizzazione che punti ad andare oltre gli obiettivi stabiliti a livello europeo entro il 2020 e che per il 2030 punti a una riduzione delle emissioni nazionali almeno del 55%, ad un incremento dell’efficienza energetica del 40% e ad un aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili di almeno del 45%. Tra le misure immediatamente attuabili, coerenti con questa disegno, si chiede, tra l’altro di: eliminare i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili; favorire l’autoproduzione da fonti rinnovabili; incentivare la installazione di impianti fotovoltaici con accumulo; l’introduzione di una carbon tax selettiva che premi i settori energetici più efficienti in termini di emissioni di CO2.

Altro capitolo rilevante in campo ambientale è quello dedicato all’attuazione della Strategia nazionale della biodiversità, approvata nel 2010 e sinora rimasta inattuata, che dovrebbe finalmente divenire realtà, grazie al concorso di finanziamenti statali e regionali. Si chiedono anche 30 milioni di euro aggiuntivi ai 4 milioni di euro che sono destinati agli interventi che fanno capo alle aree protette nazionali marine e terrestri, per meglio tutelare un patrimonio naturale che è il più ricco e vario d’Europa.

Ma sono anche i paradigmi tradizionali che vanno messi in discussione. Da qui le richieste di andare oltre i limiti di calcolo del Pil, attraverso l’istituzione immediata di quel Comitato per il capitale naturale, previsto dal collegato ambientale alla legge di Stabilità 2014 (ancora all’esame del Parlamento), che serva a compiere una valutazione ex ante ed ex post degli effetti delle politiche pubbliche sul capitale naturale della nazione e sui servizi forniti dagli ecosistemi nell’ambito del processo di programmazione economica nazionale.

Un pacchetto di misure e di proposte innovative che vogliono mettere i piedi nel piatto di una manovra che affronta la crisi nella maniera tradizionale, mentre propria ora è il momento di pensare ad una ri/conversione ecologica dell’economia che abbia i suoi punti di forza nella ricerca di soluzioni tecniche a basse emissioni, efficienti e sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale, che consentano di risparmiare e conservare le risorse naturali e a garantire un futuro al Paese.

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