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L’Ambasciatore Luca Attanasio come Ilaria Alpi?

L’Ambasciatore Luca Attanasio come Ilaria Alpi?

Non è stata una «rapina andata a male», troppi i lati oscuri. E la famiglia non si dà pace. Il governo alzi la voce e usi tutti gli strumenti in suo possesso per ottenere la verità

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 13 gennaio 2022

Il 22 Febbraio del 2021 nella regione del Kiwu, nel nord est del Congo, veniva ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere che lo scortava Vittorio Iacovacci, e l’autista congolese Mustapha Milambo.
L’agguato venne superficialmente tradotto dai mass media come «tentata rapina andata a male», senza porsi molte domande. Per esempio: che ci faceva l’ambasciatore Attanasio in un’area del Congo notoriamente pericolosa? Come mai aveva un solo carabiniere che scorta? Perché non era stata presa un’auto blindata come di consueto? E dov’erano i Caschi blu dell’Onu (Monusco) e l’esercito regolare (Fardc)? La famiglia Attanasio, i genitori e la moglie non si sono dati pace, non si sono rassegnati ed hanno fatto di tutto per sensibilizzare l’opinione pubblica, magistrati e politici, facendo emergere dati inquietanti.

RICOSTRUIAMO BREVEMENTE i fatti. Luca Attanasio, ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo, giovane diplomatico italiano apprezzato a livello internazionale, viene invitato dal responsabile del Pam (Programma Alimentare Mondiale) a visitare una scuola in un villaggio del Nord est del Kiwu dove doveva avvenire la distribuzione di beni alimentari. Sembra che questo sito fosse per il Pam del Congo una sorta di centro-modello per la distribuzione degli alimenti ad una popolazione estremamente impoverita. Il giorno prima l’ambasciatore era partito da Kinshasa con un aereo per Goma e, appena atterrato, si era recato a visitare un centro di distribuzione del Pam vicino alla capitale del Kiwu. L’indomani insieme al carabiniere Iacovacci e a Rocco Leone, vicedirettore del Pam nella Repubblica Democratica del Congo, era partito in auto da Goma per il villaggio di Rutshuru. Poco prima di arrivare la sparatoria e la strage che viene derubricata come una sorta di incidente di percorso.

Oggi, grazie alle testimonianze di Baraka Dabu Jacson e di Julien Kitsa sappiamo che non è stata una rapina andata a male da parte di improvvisati banditi. L’indagine aperta dalla magistratura ha innanzitutto evidenziato una cosa rilevante e scandalosa: la non collaborazione, la chiusura totale dei responsabili del Pam, rispetto alle richieste dei magistrati. In particolare, risulta che la missione non è stata scortata dai caschi blu delle Nazioni unite che per prassi accompagnano le missioni dei diplomatici, che il responsabile della sicurezza dell’area Mansour Rwagaza ha falsificato i nomi sul diario di bordo della missione, omettendo la presenza dell’ambasciatore Attanasio nel convoglio. Che lo stesso Rocco Leone, l’altro italiano che partecipava alla missione come responsabile del Pam, non offra una adeguata collaborazione; e le indagini si trovano di fronte ad un muro alzato per difendere Mansour Rwagaza con il pretesto di una immunità diplomatica che non esiste.

INSOMMA, UN VERO e proprio giallo che fa sospettare che dietro questo eccidio si nasconda qualcosa di grosso che ha a che fare con l’economia criminale che, è noto da anni, controlla in buona parte la distribuzione degli aiuti alimentari. La presenza dell’ambasciatore italiano in quel villaggio a chi dava fastidio? Sicuramente non si tratta di un gruppo di criminali locali che ha organizzato l’attentato, ma la regìa va trovata molto in alto.
Il presidente della Repubblica Democratica del Congo, Tshisekedi, è venuto tre volte in Italia nello scorso anno, ma non sembra che ci sia stata una pressione significativa del nostro governo perché si apra una collaborazione vera e fattiva con le autorità congolesi sul caso dell’ambasciatore Attanasio.

NON È ACCETTABILE CHE due servitori dello Stato muoiano in questo modo senza che il nostro governo non alzi la voce e usi tutti gli strumenti di pressione in suo possesso per ottenere la verità. Qualunque altro paese europeo l’avrebbe fatto. Non è accettabile che le interrogazioni parlamentari su questo omicidio vengano portate avanti da Fratelli d’Italia, nel totale colpevole silenzio della «sinistra» e del M5S. Non è accettabile che la vice-ministra degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale, on. Marina Sereni, abbia risposto alla prima interrogazione che «l’ambasciatore Attanasio forse è stato poco prudente»(sic!).

PERSONALMENTE ho avuto l’onore di far intitolare un ponte, prima città in Italia, che unisce il lungomare di Reggio Calabria al suo porto, alla memoria dell’Ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Jacovacci e dell’autista Mustapha Milambo.
Durante la cerimonia ufficiale il 22 luglio scorso ho avuto l’occasione di conoscere i familiari delle vittime e di assumere, insieme ad altri, il compito morale di tenere viva l’attenzione su questi omicidi finché i colpevoli non verranno consegnati alla giustizia. Vorrei che tanti altri si unissero in questa battaglia sacrosanta per conoscere la verità su questo efferato pluriomicidio.

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