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L’Amazzonia è una savana, ma Bolsonaro arresta gli ambientalisti

L’Amazzonia è una savana, ma Bolsonaro arresta gli ambientalistiAmazzonia, agosto 2019 – Afp

Brasile Tra il primo agosto del 2018 e il 31 giugno del 2019, la deforestazione è cresciuta del 65% rispetto al periodo precedente, passando da 260 a 429,9 chilometri quadrati

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 28 novembre 2019

Diventa sempre più reale il rischio che l’Amazzonia si trasformi in breve in una savana. L’ultimo studio dell’Istituto brasiliano di ricerche spaziali, basato sui dati raccolti dal programma di monitoraggio satellitare Prodes divulgati il 18 novembre, conferma in pieno la gravità del quadro emersa già la scorsa estate: tra agosto del 2018 e luglio del 2019, per effetto del disboscamento e degli incendi, sono andati distrutti circa 10mila chilometri quadrati di foresta, il 29,5% in più rispetto all’anno precedente. E se si tratta del tasso di deforestazione più alto registrato dal 2008, con una perdita di area forestale equivalente a 1,4 milioni di campi da calcio, è destinato con assoluta certezza ad aggravarsi: ad agosto, l’indice di disboscamento è stato infatti superiore del 222% in relazione allo stesso mese del 2018 e, a settembre, del 96%.

GRAVISSIMA APPARE, in particolare, la situazione all’interno delle aree indigene, dove, tra il primo agosto del 2018 e il 31 giugno del 2019, la deforestazione è cresciuta del 65% rispetto al periodo precedente, passando da 260 a 429,9 chilometri quadrati. E se il principale responsabile dello scempio è sicuramente il governo Bolsonaro, con i suoi micidiali e sistematici attacchi alle politiche di protezione ambientale a favore delle lobby degli agricoltori e degli allevatori, delle imprese minerarie e delle industrie del legname, nulla indica che ci sarà un’inversione di rotta.

CHE PER IL GOVERNO I NEMICI siano, al contrario, i difensori dell’ambiente, lo mostra bene anche il caso dei quattro giovani volontari di una Brigada antincendio arrestati martedì scorso a Santarém, nello stato del Pará, con l’accusa di aver dato fuoco alla foresta in un’area denominata Alter do Chao, allo scopo di ricevere finanziamenti internazionali attraverso l’ong Saúde e Alegria (la cui sede è stata perquisita da uomini armati addirittura di mitra). Una ong impegnata tra l’altro in un importante progetto di riforestazione nelle aree distrutte dagli incendi, all’interno di una regione come quella di Santarém particolarmente segnata dal conflitto sociale e ambientale legato al disboscamento e agli interessi dei cercatori d’oro, delle compagnie minerarie, dei coltivatori di soia e dei commercianti di legno.

QUANTO ALLE PROVE presentate dall’accusa, si tratterebbe di video realizzati dagli stessi arrestati che hanno ripreso l’incendio mentre tentavano di spegnerlo, oltre alle donazioni ricevute dal Wwf Brasil attraverso un contratto di 70mila reais (pari a 16mila euro), messe in relazione dall’accusa con la donazione di 500 mila dollari al Wwf dell’attore Leonardo di Caprio.

E mentre il governo è impegnato a criminalizzare gli ambientalisti, la drammaticità della situazione è confermata anche da una ricerca realizzata dalla Nasa da cui emerge come, negli ultimi 20 anni, l’atmosfera amazzonica sia diventata meno umida, a causa tanto dell’elevata concentrazione di gas a effetto serra in atmosfera quanto agli incendi appiccati nella foresta. Una perdita di umidità che, se dovesse prolungarsi, potrebbe minacciare, secondo gli scienziati della Nasa, l’esistenza stessa della foresta, stravolgendo il ciclo idrologico che la tiene in vita.

Con il mortale circolo vizioso innescato dalla deforestazione – con conseguente riduzione della copertura vegetale e dunque della traspirazione delle piante, che, rendendo l’atmosfera più secca, comporta l’inaridimento del suolo e l’aumento del rischio di incendi più estesi e devastanti – il punto di non ritorno, al di là del quale l’ecosistema potrebbe collassare, si sta pericolosamente avvicinando. Come spiega il noto climatologo brasiliano Carlos Nobre, che papa Francesco ha voluto tra gli invitati al Sinodo sull’Amazzonia, in un’ampia fascia meridionale e orientale di 2 milioni di chilometri quadrati, la stagione secca è già aumentata di 3-4 settimane: se si prolungherà per più di quattro mesi (rispetto alla media attuale di tre mesi), la foresta si trasformerà in una savana tropicale nel giro di 15-30 anni, almeno stando «all’attuale ritmo crescente di deforestazione unito alla continuità del riscaldamento globale e alla maggiore vulnerabilità dell’Amazzonia agli incendi».

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