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L’altro confine coreano

L’altro confine coreano – Reuters

Succede in Asia la Northern Limit Line nel Mar giallo il simbolo della divisione delle due Coree

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 25 novembre 2013

Forse non è la zona demilitarizzata, in realtà il confine più protetto e militarizzato al mondo, ma la Northern Limit Line nel Mar giallo il simbolo della divisione delle due Coree e della politica sudcoreana stessa.

La linea di confine marittima mai accettata dal regime di Pyongyang è da mesi al centro del dibattito politico a Sud per lo scandalo che ha investito l’agenzia nazionale per la sicurezza, accusata di aver condotto una campagna per gettare discredito sull’opposizione liberale e orientare le preferenze dei cittadini nelle presidenziali dello scorso dicembre a favore della candidata conservatrice Park Geun-hye, oggi capo di Stato.

Il confine marittimo è uno dei punti caldi del conflitto mai pacificato tra le due Coree. È a ridosso di questa linea che si trova l’isola di Yeonpyeong, bombardata dai nordcoreani a novembre del 2010.

Nel corso della passata campagna elettorale la NLL diventò argomento di dibattito quando un parlamentare conservatore accusò l’ex presidente Roh Moo-hyun di aver fatto concessioni all’allora leader nordcoreano Kim Jong-il durante il vertice intercoreano del 2007.

Sia Roh sia Kim sono morti. Il primo nel 2009, forse suicida per le accuse di corruzione che aleggiavano sulla sua carriera, il secondo stroncato da un attacco cardiaco a dicembre del 2011. Lo scontro politico si è concentrato inizialmente sul modo in cui i parlamentari conservatori ottennero le trascrizioni del summit, che in teoria sarebbero dovute restare confidenziali.

Dalle indagini aperte sul caso, proprio nelle scorse settimane, è emerso un particolare sfruttato dai conservatori per rivoltare le accuse contro i liberali. Dagli archivi di Stato, è l’annuncio degli inquirenti, è stata cancellata parte dei documenti. A dare l’ordine sarebbe stato lo stesso Roh.

Due funzionari che lavorarono nella sua amministrazione sono stati incriminati per violazione della legge sui documenti presidenziali e la maggioranza punta il dito contro il candidato dei liberali nella scorsa tornata, Moon Jae-in, all’epoca sottosegretario alla presidenza, ma per ora ritenuto estraneo.

Secondo il quotidiano Hankyoreh, ad essere illegale è invece il fatto che i parlamentari siano venuti a conoscenza del contenuto delle conversazioni e che le abbiano usate in campagna elettorale.

“In un certo senso, i pm stanno mischiando i temi e rispondo alle accuse del partito Seanuri (la forza di maggioranza, ndr) e della stampa conservatrice sulla distruzione dei documenti”.

Il caso delle trascrizioni si inserisce nella bufera che ha investito l’agenzia per la sicurezza per la vicenda elettorale e per la campagna online per screditare i candidati liberali e progressisti. Attività di cui sono accusati anche settori del unità per la guerra psicologica e cibernetica. Sullo sfondo c’è lo scandalo della sinistra sudcoreana. Il governo chiede la messa al bando del Partito progressista unito, la forza più a sinistra dell’arco parlamentare, per presunti legami con la Corea del Nord contro cui il Sud è ancora formalmente in guerra.

Nei mesi scorsi un parlamentare è stato arrestato assieme ad altri militanti con l’accusa di aver ordito un complotto e pianificato attentati per favorire Pyongyang in caso di conflitto. L’UPP, è opinione diffusa, deve fare i conti con le posizioni al suo interno, ad esempio per quanto riguarda la condanna delle violazioni dei diritti umani a Nord. Nei mesi precedenti il partito si è tuttavia distinto nel denunciare le attività dell’agenzia per la sicurezza nazionale.

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