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L’altra danza di Matthew Bourne

L’altra danza di Matthew Bourne

Intervista Incontro con il regista e coreografo britannico che completa la trilogia dedicata a Ciaikovskij con l’allestimento de «La bella addormentata». «Solo il 10% del mio pubblico viene dal balletto, con la mia compagnia vogliamo portare altri appassionati alla danza»

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 16 aprile 2016

Uno stuolo di perfidi, fascinosi cigni maschi, nel cuore della notte balla al chiarore della luna, stregando un giovane principe spaventato dalla vita. È l’immagine icona del titolo culto Swan Lake (Lago dei cigni) di Matthew Bourne, regista e coreografo britannico che ha fatto dell’arte dello storytelling, del racconto e della riscrittura di grandi storie, la chiave vincente del suo teatro. Quel Lago dei cigni del 1995 era il secondo titolo, dopo Schiaccianoci del 1992, nel quale Bourne rivisitava con guizzo inventivo sorprendente il mondo fiabesco e incantato dei grandi balletti ottocenteschi musicati da Ciaikovskij. Dalla trilogia ballettistica del compositore russo mancava La Bella Addormentata.

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Ed eccola, sfornata nel 2012, 460 repliche negli ultimi tre anni. Una Bella ricca di colpi di scena, che flirta con la storia tradizionale riscrivendola nel piglio dei personaggi e in un particolare che la trasforma totalmente: le fate sono vampiri buoni, come sono vampiri terribili la diabolica Carabosse e suo figlio Caradoc (nuovo nella storia). La stessa Principessa Aurora, monella e insofferente alle regole di palazzo, si salva grazie al bacio salvifico di un innamorato reso eterno dal morso dell’alato Conte dei Lillà. Una riscrittura che strizza l’occhio ai romanzi gotici in voga nell’Ottocento, come Frankenstein, non certo priva di appeal per i fan contemporanei della saga di Twilight. Arrivato da noi nel 2013, al festival di Ravenna, Sleeping Beauty – A Gothic Romance è dal 5 all’8 maggio agli Arcimboldi di Milano, unica tappa italiana dell’attuale tour internazionale della compagnia di Bourne, New Adventures.

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Un ritorno da non perdere, che ha portato Bourne a Milano. «Il mio Schiaccianoci e il mio Lago sono dei primi anni Novanta. Non riuscivo a trovare un’idea che mi soddisfacesse per Bella Addormentata. Trovavo troppo ottocentesco il fatto che il Principe svegli Aurora e la sposi senza che ci sia stato il tempo di vivere una storia d’amore. La letteratura sui vampiri mi ha dato la soluzione». Il balletto, riscritto in quattro atti, inizia nel 1890 e finisce al giorno d’oggi. «Mi sento libero di accostarmi ai classici con freschezza. Lo posso fare perché la mia non è una compagnia di base classica. Aurora, nella mia versione, danza a piedi nudi anche il famoso Adagio della rosa, che è trasformato in un duetto con il suo innamorato, un giardiniere. Aurora riflette lo spirito di Isadora Duncan, la pioniera della modern dance, è una donna moderna che guarda al futuro in modo libero». A danzarla a Milano sarà l’australiana Ashley Shaw, a cui Bourne ha affidato anche la parte protagonista della nuova creazione Scarpette rosse, debutto a Londra in novembre, in arrivo probabile a Ravenna nel 2017. «Un titolo sul conflitto tra carriera e amore, su cosa c’è dietro al destino di una stella, un tema che interessa molto la gente oggi, si pensi anche alla popolarità di programmi come X Factor».

Artista residente al Sadler’s Wells, vincitore di Olivier Awards e di molti premi internazionali, regista di musical e di spettacoli come My Fair Lady, Mary Poppins, Edward Scissorhands da Burton, i balletti The Car Men e Cinderella, Bourne ha una visione chiara di ciò a cui punta: «Non credo in un messaggio da consegnare alla gente, sarei presuntuoso, quello che voglio è raccontare delle buone storie. Solo il 10% del mio pubblico viene dal balletto, con la mia compagnia cerchiamo di portare un nuovo pubblico alla danza, un pubblico che magari non conosce le partiture di Ciaikovskij, che per me hanno la forza di una sceneggiatura, come fossero opere di Shakespeare, ma che attraverso storie nuove scopre il potere di commozione che ha la musica. Un pubblico che magari, come è già capitato, dopo aver visto un mio lavoro, va a vedere per la prima volta un grande classico». Una considerazione degli spettatori che ha dato i suoi frutti. «Vent’anni fa il mio Lago dei cigni scandalizzò. Ci tengo a ribadire che i cigni del mio Lago non sono maschi perché drag, cigni en travesti. Sono uomini a danzare quella parte perché è il cigno, come animale, ad avermi ispirato una mascolinità potente del ruolo. Ma ci fu chi uscì da teatro indignato. Adesso il mio Swan Lake è uno spettacolo natalizio per famiglie, in vent’anni sono cambiate molte cose nella società. Ed è anche bello che molti giovani abbiano scelto di fare il ballerino, ispirandosi ai miei cigni, e che ci sia chi si stupisce quando scopre che nella versione classica i cigni sono donne».

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Ma c’è un consiglio che un uomo di teatro quale è Bourne si sente di dare alle nuove generazioni di coreografi e ballerini?
«Ai coreografi direi di essere curiosi, di andare al cinema, di visitare le mostre, di leggere, di non imitare ciò che è già di moda, ma di fare qualcosa in cui credono. Ai ballerini ricordo che le grandi compagnie di tradizione affidano creazioni ai coreografi contemporanei: un danzatore deve trovare un modo per entrare in una relazione vera con il coreografo, senza pregiudizi di stile o genere, allora si arricchirà. La versatilità è forse oggi la dote più importante da coltivare».

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