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L’alternativa critica di Riccardo Lombardi

L’alternativa critica di Riccardo LombardiRiccardo Lombardi

Scaffale «Tre interventi per tre stagioni. Dall’azionismo al socialismo critico», introduzione e cura di Jacopo Perazzoli e Giovanni Scirocco, postfazione di Paolo Bagnoli, edito da Biblion. Lombardi ripropone un punto di vista di lungo periodo rispetto al Pci con la cui base sociale era necessario dialogare in una prospettiva, che oggi appare lontanissima, di superamento degli interessi e dei rapporti di forza del capitalismo. Ci impone dunque una riflessione sul futuro anche al di là delle sue scelte contingenti

Pubblicato 13 giorni faEdizione del 3 ottobre 2024

La Rivista storica del socialismo pubblica nella sua «biblioteca» alcuni discorsi di Riccardo Lombardi, Tre interventi per tre stagioni. Dall’azionismo al socialismo critico (introduzione e cura di Jacopo Perazzoli e Giovanni Scirocco, postfazione di Paolo Bagnoli, Biblion, pp. 146, euro 12). Tra i contributi della «biblioteca», biografie ma anche percorsi sui problemi della storia dei socialismi nel loro rapporto con la società.

MOLTI DIRIGENTI DEL PSI del secondo dopoguerra erano giunti al partito dopo lo scioglimento del Partito d’azione: De Martino, Brodolini, Foa e, appunto, Lombardi, che hanno avuto rapporti diversi con la «sinistra» organizzata nel Psi ma tutti lo hanno interpretato come una forza di sinistra in qualche caso anche radicale, autonoma dal Pci sul piano internazionale ma assolutamente non riducibile al ruolo di «terza forza» cui il Pci stesso tendeva a confinarlo. Lombardi si propose di portare nel centro-sinistra istanze di riforma radicale che trasferissero nella vita quotidiana quelle «riforme di struttura» che costituivano anche la formula del Pci per mantenere un riferimento anticapitalistico rendendo esplicito il rispetto delle forme della democrazia nonostante il riferimento internazionale all’Urss. Perciò, anche più dei dirigenti di lunga militanza, Nenni innanzitutto, gli «azionisti» nel Psi si sono distinti per un riferimento classista caratterizzato dall’autonomia dei soggetti sociali.

Il percorso di Lombardi è ricostruito con intelligente precisione da Perazzoli e Scirocco, e riassunto da Bagnoli. Ma, qui, si vuole proporre un interrogativo di fondo. Che cosa percorre la vita politica di Lombardi attraverso le «tre stagioni»? Un aspetto che lo caratterizza, inconsueto e peculiare della sua personalità, è che l’esperienza di governo non lo ha spinto a sempre maggiori compromessi ma al contrario ha innalzato le sue esigenze fino a rinunciare, in nome dei suoi contenuti, a un ruolo ministeriale.

CON L’ESPERIENZA DI GOVERNO è venuta anche la consapevolezza che una politica economica si può fare dall’alto ma ha bisogno di sindacati che la prefigurino dal basso «senza accontentarsi» in termini di redistribuzione e di orientamento degli investimenti e di finalità della produzione, di autonomia soggettiva anche nel rapporto di lavoro.

Come per molti militanti della sua generazione, l’incontro con la politica avvenne attraverso l’antifascismo; l’adesione a Giustizia e Libertà non gli impedì quindi di partecipare ad azioni anche pericolose con socialisti e comunisti. Negli anni della Resistenza, in cui ebbe un importante ruolo nelle nuove istituzioni, si trattò di dare contenuti politici a quella scelta. Contenuti annunciati nel primo testo del volume: governo dell’economia non con una statalizzazione integrale ma con la nazionalizzazione delle industrie strategiche; adozione di una politica keynesiana; estensione delle autonomie dei comuni e degli enti locali. Sono temi che riemergono nel centro-sinistra in cui nella felice formula «per una società diversamente ricca» si indicano anche gli scopi di quella combinazione di economia privata e controllo statale: uno sviluppo economico rivolto all’estensione dei beni collettivi, culturali e sociali che non interessano all’iniziativa privata e che invece contribuiscono ad ampliare l’autonomia dei cittadini e innanzitutto dei lavoratori.

LOMBARDI NON SEGUE FOA nella scissione dello Psiup ma rivolge al centro-sinistra esigenze ambiziose di prefigurazione di un altro modello di società. Il «discorso di Piacenza» rivolto da Lombardi al suo partito nel periodo della conquista da parte di Craxi sembra particolarmente importante anche oltre la circostanza che l’ha provocato. Esso contesta la definizione di «riformista» per una sinistra che agisca in un contesto in cui nessuna forza politica – anche quelle a sinistra del Pci – mettevano all’ordine del giorno una rivoluzione violenta. I riformisti «storici» infatti non si definivano innanzitutto tali ma facevano riferimento a una rivista di nome Critica sociale. La dimensione critica era comune a tutte le forme di socialismo compreso quello «socialcomunista», come avrebbe detto Luigi Cortesi. Dunque una critica che anticipa ampiamente la deformazione del termine «riformista» nella discussione politica e giornalistica attuale.

Lombardi ripropone un punto di vista di lungo periodo rispetto al Pci con la cui base sociale era necessario dialogare in una prospettiva, che oggi appare lontanissima, di superamento degli interessi e dei rapporti di forza del capitalismo. Ci impone dunque una riflessione sul futuro anche al di là delle sue scelte contingenti.

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