Europa

L’alternativa al Ttip deve tener conto delle esigenze dei cittadini

Euromemorandum/1 La «Nato economica» va bloccata e ripensata la politica commerciale europea. A partire dal coinvolgimento della società e dallo sviluppo dei paesi più poveri

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 10 aprile 2015

Di recente molti esperti di geopolitica atlantica hanno sottolineato i vantaggi geopolitici del Ttip. Il Ttip legherebbe la Ue, come partner minore, agli Stati Uniti allo stesso tempo in cui cresce rapidamente l’interesse strategico degli Stati Uniti in Asia e gli Usa, con i contemporanei negoziati sull’accordo di Partnership Trans-Pacifica (Tpp) intendono esplicitamente cercare di limitare il crescente potere normativo della Cina. In tale contesto, nientemeno che Hilary Clinton ha definito il Ttip una Nato economica. L’argomentazione generale è che, nel contesto della intensificata rivalità tra, da una parte, le potenze occidentali alleate, ovvero Ue e Stati Uniti, e, dall’altra, i paesi emergenti, in particolare la Cina e, più recentemente, la Russia (in particolare a causa del conflitto con la Ue sull’Ucraina), vi sarebbe necessità per Stati Uniti e Unione europea di serrare i ranghi e unire la loro forza economica e politica. Quindi, i valori liberali occidentali dovrebbero essere imposti contro le potenze emergenti autoritarie e il Ttip viene presentato come un meccanismo fondamentale per raggiungere questo obiettivo. Più in particolare, il Ttip è raffigurato come un nuovo standard aureo globale per la regolamentazione di un’economia mondiale aperta e sempre più integrata. Si sostiene che gli standard bilaterali armonizzati del Ttip prima o poi dovranno essere fatti propri dal resto del mondo, senza possibilità di negoziato da parte dei paesi terzi. Ovviamente, questo argomento si basa sul presupposto che gli Stati Uniti e la Ue concordino sull’armonizzazione degli standard. La storia della cooperazione transatlantica in materia di regolamentazione sembrerebbe tuttavia suggerire il contrario. L’armonizzazione degli standard ha dimostrato di essere costosa, di richiedere tempo e si è rivelata assai controversa. Piuttosto, l’esito probabile dei negoziati Ttip sull’allineamento della regolamentazione sarà il riconoscimento reciproco. Questo è sia meno controverso in termini politici, dal momento che non è richiesto nessun cambiamento della regolamentazione domestica, che preferito dalle imprese, non comportando alcun costo di adeguamento. Dunque, bisogna aspettarsi molto poco dal Ttip come strumento per introdurre uno standard aureo di regolamentazione.

Joseph Stiglitz ha assolutamente ragione a mettere in guardia l’Europa a non accettare il Ttip nella forma attualmente proposta. I negoziati sul Ttip devono essere interrotti, per mettere all’ordine del giorno un ripensamento fondamentale della politica commerciale Ue. Questo vale anche per i negoziati sull’accordo commerciale Canada-Ue (Ceta), pur già concluso. Infatti, molto di ciò che è stato giustamente criticato nel dibattito sul Ttip è stato implementato nel Ceta. Il compito più urgente è, quindi, quello di fermare l’accordo Ceta prima che venga accettato dai governi europei e ratificato dai parlamenti europeo e nazionali.

Un approccio alternativo europeo al commercio dovrebbe essere basata sui seguenti principi. Stabilire piena trasparenza del processo e dei documenti negoziali. Tenere regolarmente pubbliche consultazioni con il Parlamento Ue e i parlamenti nazionali durante i negoziati. Salvaguardare l’autonomia politica, sia all’interno della Ue che nei confronti dei partner commerciali, di legiferare nel pubblico interesse. Ciò comporta, in particolare, che le competenze sulla regolamentazione non debbano essere trasferite a organi tecnocratici o del settore privato. L’applicazione di un approccio alla liberalizzazione degli scambi che tenga conto delle preferenze collettive dei cittadini della Ue per quanto riguarda, ad esempio, la protezione dei servizi pubblici; delle lezioni della recente crisi globale e finanziaria per quanto riguarda la liberalizzazione del commercio dei servizi finanziari; delle priorità di sviluppo dei paesi partner, in particolare dei paesi più poveri e meno sviluppati. Rendere vincolanti disposizioni volte al riconoscimento e al rispetto dei diritti umani fondamentali, in particolari il rispetto degli standard fondamentali sul lavoro elaborati dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e delle norme ambientali internazionali. Rifiutare l’introduzione di sistemi privati di arbitrato per la compensazione dei presunti danni causati da modifiche normative agli investitori, quale sarebbe il proposto meccanismo di composizione delle controversie tra investitori e stati immaginato dal Ttip. La Ue dovrebbe, invece, sostenere la regolamentazione nel pubblico interesse quale prerogativa democratica. In prospettiva, apparirebbe utile l’istituzione di una corte internazionale pubblica che si occupi di giudicare sui ricorsi degli investitori internazionali, ma anche sui ricorsi delle parti negativamente colpite dalle iniziative degli stessi investitori internazionali.

Questi principi potrebbero contribuire a immettere la politica commerciale della Ue su un binario diverso, che offra un contributo positivo sia al modello sociale dell’Unione europea che ad un ordine economico internazionale basato sul rispetto reciproco e la cooperazione, piuttosto che sul dominio.

(Traduzione Monica di Sisto)

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