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«L’alleanza nel Lazio col Terzo polo ci porta in una terra incognita»

«L’alleanza nel Lazio col Terzo polo ci porta in una terra incognita»Massimiliano Smeriglio – LaPresse

Lazio Dopo la scelta da parte del Pd D'Amato,il candidato alla presidenza della Regione gradito a Calenda e Renzi, parla Massimiliano Smeriglio, europarlamentare dei Socialisti e democratici

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 12 novembre 2022

«In un pomeriggio è cambiato tutto», dice Massimiliano Smeriglio, parlamentare europeo che avrebbe potuto essere il trait d’union tra il Partito democratico, le sinistre e il M5S nella contesta elettorale per la Regione Lazio. La prima dopo la vittoria elettorale delle destre e la prima che potrebbe segnare una difficoltà per il governo Meloni che già mostra tutti i suoi limiti.

Non condivide la scelta di puntare su Alessio D’Amato?
Il Pd ha fatto una scelta legittima. E stimo Alessio. Ma questa decisione legittima si colloca in uno schema politico inaspettato, a mio modo di vedere destinato alla sconfitta e tutto spostato a destra. Auspico una rettifica immediata. Dopo le politiche Letta, segretario uscito, commette il medesimo errore aggravandolo. Non solo rinuncia alla ricerca di un terreno condiviso con i 5 stelle ma sceglie Calenda e Renzi come interlocutori privilegiati.

È la pietra tombale sul «campo largo»?
In questi anni abbiamo lavorato su due schemi: il «campo largo» oppure un’alleanza tradizionale di centrosinistra, il «campo stretto». Nel primo caso si è sperimentata quella che Giuliano Ferrara chiama la «connessione tra diversi», ovvero la necessità elettorale di collegare, senza mischiarsi, Pd, sinistra, Verdi, Terzo polo e 5 Stelle allo scopo di battere la destra. Così è andata in Regione Lazio. Nel secondo caso, il «campo stretto», abbiamo sperimentato un processo di valorizzazione del profilo autonomo del Pd e delle altre forze progressiste. Così è andata a Roma. Dove noi della Sinistra civica ecologista, ci siamo guadagnati voti e rappresentanza in uno schema di alleanza condiviso. Con Calenda orgogliosamente e radicalmente all’opposizione.

Di cosa D’Amato è il segnale?
Il Pd fa un testa-coda, consegnando la trazione della alleanza a Calenda e Renzi. Questo nuovo assetto ci preoccupa, è fuori dagli schemi sperimentati sin qui. Ci troviamo in una terra incognita, apparsa all’orizzonte il giorno dopo la fine della esperienza Zingaretti. Fine peraltro consumata non tra applausi e ringraziamenti a Nicola per aver garantito quindici anni di governi progressisti tra Provincia e Regione, piuttosto tra il silenzio generalizzato.

L’oggetto del contendere, la discriminante della nuova alleanza, è il mega-termovalorizzatore di Roma.
È un tema che andrebbe gestito con cautela estrema, non un feticcio discriminante, un oggetto sacro indiscutibile che ha contribuito a far cadere un governo e ora contribuisce a consegnare alla destra la Regione.

Come reagirete?
Discuteremo con le nostre reti territoriali. Ma è difficile prendere voti a sinistra e tra gli ecologisti se la narrazione è quella dei cosiddetti riformisti senza riforme eque che vogliono abolire il reddito di cittadinanza esattamente come Meloni e che schifano le piazze della pace esattamente come la destra e che magari per fare la campagna elettorale si sposteranno da Latina a Viterbo con il jet privato. Voglio anche dire che sarebbe ancor più grave se tutto questo cambio di linea politica fosse avvenuto non pensando al bene dei cittadini del Lazio ma alle fazioni impegnate nel pre-campionato del congresso del Partito democratico.

Senza accordo col M5S si va verso la sconfitta?
Mi pare chiaro che si è deciso di non provare a vincere sul serio, cosa possibile solo con una alleanza larga. E qui le responsabilità sono anche della freddezza 5 stelle. Per le forze della sinistra civica ed ecologista mi pare complicato trovare piena cittadinanza in un contesto tutto spostato sul terreno moderato, liberista e energivoro. Il primo abbraccio di D’Amato è stato per Calenda. Il quale, ovviamente, fa il suo mestiere: smontare pezzo pezzo il Pd. Ma qui non si capisce cosa fa il Pd, quale profilo programmatico e valoriale mette in campo. Il Pd rompe ancora una volta con il M5S consegnandosi ai populisti di centro, passando dalla vecchia vocazione maggioritaria a una vocazione alla sconfitta, subendo un’egemonia esterna, una sudditanza al senso comune delle élite mainstream incomprensibile.

Si parla ancora di primarie…
Ieri è girato anche il mio nome, ma non ho nessuna intenzione di partecipare a primarie in cui il profilo dell’alleanza è tutto spostato a destra. Tra l’altro le primarie per scegliere il candidato che alle elezioni arriverà secondo (o terzo?) non mi paiono particolarmente intelligenti.

Cosa succede adesso?
Vedremo nelle prossime ore. A noi interessa una proposta coerente, una Regione di pace, accogliente, una regione porto sicuro, del reddito per il cittadino in formazione, una Regione capace di investire tutto sulla conoscenza, la parità di genere e la transizione ecologica. E in un modo o nell’altro questo spazio politico lo presiederemo.

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