Visioni

L’algoritmo su misura del maschio bianco

L’algoritmo su misura del maschio bianco

Cinema «Coded Bias» di Shalini Kantayya in streaming al Trieste Science+Fiction Festival

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 31 ottobre 2020

Il futuro è già qui, ed è tutt’altro che rassicurante. Virus, pandemie, catastrofi ambientali. I peggiori incubi del cinema e della letteratura sci-fi, con ogni possibile rappresentazione di società distopiche del domani, si sono materializzati nel presente diventando il nostro pane quotidiano.

TRIESTE Science+Fiction Festival, online in questi giorni su MyMovies.it fino al 3 novembre, non ne fa mistero e, anzi, ne offre chiare evidenze all’interno del suo programma: un ventaglio di anteprime e prime visioni che tra lungometraggi, documentari, corti e serie tv, si apre alla scoperta delle produzioni più interessanti del 2020 in ambito fantascientifico e fantastico.

Alone, secondo lungometraggio dello statunitense Johnny Martin, in streaming stasera alle 22 (on demand per le successive 24 ore) è ambientato durante lo scoppio di una pandemia che getta il mondo nel caos, mentre gli esperti invitano i cittadini ad auto-isolarsi per sopravvivere; Skylin3s di Liam O’Donnell, terzo capitolo della fortunata saga sci-fi, nella serata di apertura, ci ha mostrato la diffusione di un nuovo e devastante virus che minaccia la vita sulla Terra; 2067 dell’australiano Seth Larney, in anteprima italiana fuori concorso martedì prossimo alle 22.30, si affida alle capacità di Kodi Smit-McPhee (il Nightcrawler della saga degli X-Men) nei panni di un astronauta del tempo, spedito nel futuro a impedire un disastro ambientale in una Terra ormai vicina al collasso, dopo anni in cui quasi nulla è stato fatto per fermare il cambiamento climatico. Ma gli scenari da horror non sono solo quelli della fiction. Al contrario. Una delle rappresentazioni più inquietanti del nostro presente arriva infatti da un documentario, Coded Bias, calato nel nostro vivere quotidiano, sempre più immerso nella tecnologia, sempre più in mano agli algoritmi, all’intelligenza artificiale, cui troppo spesso affidiamo le nostre scelte, ignorando i risvolti sinistri che si celano dietro a questo stato di distratta alienazione.

TUTTO HA INIZIO quando Joy Boulamwini, ricercatrice del Massachusetts Institute of Technology, avvia una ricerca sui programmi di riconoscimento facciale, scoprendo che la maggior parte dei software sviluppati non identifica correttamente i volti delle persone, in particolare delle donne e specialmente di colore. Salta fuori che neppure l’Intelligenza Artificiale è imparziale ma speculare alla società, costruita su misura del maschio bianco dal maschio bianco, simile anche nei pregiudizi. Del resto, si sa, l’A.I. si nutre di accumulo di dati. E se a fornire le informazioni è stata una cerchia ristretta di uomini, quegli stessi uomini che hanno forgiato la cultura della Silicon Valley, è inevitabile che l’algoritmo tenda a ricalcare il modello.
Si apre il vaso di Pandora. Coded Bias (disponibile per 24 ore a partire dalle 17.30 di oggi) è un racconto di donne, matematiche, scienziate, sognatrici, ribelli, in lotta per un mondo più equo e per un uso etico delle nuove tecnologie. Una questione che ci riguarda tutti. Perché ciascuno di noi, indipendentemente da genere o razza, attraverso le nostre ricerche online, gli acquisti, le preferenze, i dati biometrici e ogni tipo di informazione che così generosamente offriamo ai social network e agli home devices, ha già un suo «profilo» (e potenziale punteggio). Che ci definisce in base all’orientamento, al comportamento, al conto in banca e ci cataloga come potenziali «acquirenti» ma anche come potenziali «rischi» per la società. A priori. L’esempio della Cina è lampante, ma non è che gli Usa e gli stati europei siano da meno.

IL PUNTO è l’aver più o meno inconsapevolmente affidato un potere di potenzialità allarmanti ai «detentori dei codici», i colossi che controllano i Big Data: Google, Facebook, Amazon; Apple, Microsoft. E se oggi l’algoritmo influenza la nostra capacità di acquisto, è innegabile che possa condizionarci (com’è già accaduto) nel voto, mentre il futuro, tra corpi di polizia «preventiva» alla Minority Report e social rating alla Black Mirror, appare se possibile persino più preoccupante. La regista Shalini Kantayya, autrice e produttrice del documentario, ci ricorda che la lotta per i diritti civili è ancora lunga e si allarga a nuovi pericolosi scenari.

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