Cultura

Il sillabario magico di Bouabré

Il sillabario magico di BouabréFrédéric Bruly Bouabré nella sua casa di Abidjan – Foto di Manuela De Leonardis

Arte Addio a Frédéric Bruly Bouabré. L'artista della Costa d'Avorio, che ha inventato una sorta di alfabeto pittografico del suo popolo bété, è morto nella sua casa di Abidjan a 91 anni

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 28 gennaio 2014

 

Le pareti azzurre della sua casa di Abidjan (Costa d’Avorio) hanno accompagnato l’ultimo sonno di Frédéric Bruly Bouabré (Zéprégüé 1921 o 1923), nella notte tra il 27 e il 28 gennaio.

Bruly Bouabré era conosciuto anche come Cheik Nadro. Cheik è anche l’appellativo che si usa per il capo villaggio, l’anziano, il saggio. Lui è stato molto di più. Era il vate dell’arte africana, “scoperto” negli anni Ottanta da André Magnin e portato con successo sulla scena artistica internazionale. Tra le mostre ricordiamo, oltre alla recentissima partecipazione al Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni alla 55/ma Biennale d’arte di Venezia, la doppia personale Frédéric Bruly Bouabré + Aboudia alla Galerie Cécile Fakhoury, Abidjan (2012), Frédéric Bruly Bouabré alla Tate Modern, Londra (2010-2011); 100% Africa, Guggenheim, Bilbao (2006-2007); Magiciens de la Terre al Centre Pompidou, Parigi (1989).

Instancabile lettore, amante della letteratura ma anche dei saggi di antropologia e sociologia, Bruly Bouabré è l’inventore dell’alfabeto pittografico della lingua bété, l’etnia a cui apparteneva, composto da oltre 400 ideogrammi monosillabici.

Opere visionarie le sue, fresche e immediate, mai banali o retoriche. Dagli anni ’70, ovvero dal momento in cui ha iniziato a dipingere dopo aver avuto la rivelazione, ha sempre associato disegno e pittura alla scrittura, realizzando raffigurazioni apparentemente ingenue, ma ironiche e piene di doppi sensi, soprattutto quando gli argomenti sono l’Africa e la civilizzazione.

Come ha sempre sostenuto: “Da una parte c’era Picasso e dall’altra Victor Hugo. Ma è Picasso, con il suo disegno, ad avermi catturato. Ma non sono io che mi sono avvicinato all’arte è l’arte che è venuta da me.”

Il successo (persino un orologio modello Cheik Nadro lanciato da una nota casa svizzera nella collezione primavera/estate 1996) non ha mai proiettato Frédéric Bruly Bouabré fuori dalla sua dimensione autentica e speciale.

Era sempre all’opera, circondato da figli, nipoti e pronipoti oltre che ospiti di passaggio. Usava per lo più cartoncini bianchi di formato cartolina, ma anche tele di grande formato. Un invito a riflettere quel suo modo di parlare della bellezza come possibile salvezza per la civiltà.

 

 

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