Cultura

L’agricoltura non è una religione

L’agricoltura non è una religioneVeduta di parte della mostra «Gobeklitepe l’enigma di un luogo sacro» al Colosseo

Patrimoni «Göbeklitepe: l’enigma di un luogo sacro», l’esposizione allestita nel secondo anello del Colosseo. La mostra si focalizza su un’installazione immersiva che insegue la promozione turistica, puntando sulla visione identitaria delle radici mediterranee della civiltà

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 31 ottobre 2024

Göbeklitepe: l’enigma di un luogo sacro, visitabile fino al prossimo marzo lungo il secondo anello del Colosseo, celebra il trentennale dall’inizio degli scavi nel più antico sito megalitico finora scoperto, situato nel sud-est della Turchia in un’area a maggioranza curda. A partire dal 9500 a.C., su un’altura nei pressi del confine siriano, fu una popolazione nomade a ricavare dalla roccia numerose strutture circolari che inglobano pilastri monolitici dalla forma a T, sui quali furono incise per lo più figure di predatori. Avevano – probabilmente – carattere rituale.

IL MAGGIORE INTERESSE del sito, dove non sono testimoniate quelle stratificazioni sociali che a Çatalhöyük due millenni dopo sarebbero diventate evidenti, è legato allo studio delle prime forme di società: la rivoluzione agricola fu il primo passo verso il superamento della condizione di homo homini lupus o la perdita dell’Eden? Nessuna delle due affermazioni ha forse senso, come insegnano i saggi di David Graeber e Stefano Radaelli, perché l’umanità ha sempre negoziato le proprie condizioni sociali. Le alternative esistono da sempre e ovunque; una maggiore giustizia è perseguibile anche quando le collettività si fanno complesse.

Di tale dibattito, nella mostra al Colosseo (curata da Alfonsina Russo, Roberta Alteri, Daniele Fortuna e Federica Rinaldi), non c’è traccia. Dopo aver ricordato quanto «crediamo nell’importanza morale e etica dell’archeologia», il deputato di FdI Federico Mollicone, presente all’inaugurazione in veste di presidente della Commissione cultura, ha dichiarato come Göbekli Tepe esemplifichi l’esistenza di una «sensibilità per il sacro già prima che l’uomo scegliesse l’agricoltura».

COMPRENSIBILE che questo scarto verso l’irrazionale provenga da un lettore di Tolkien alla ricerca dell’egemonia culturale. Meno che debba essere un politico a illuminarci su quale sia la narrazione alla base di una mostra che tale non è. Piuttosto si tratta di un’installazione che insegue la promozione turistica, puntando sulla visione identitaria delle radici mediterranee della civiltà. Sulla soglia d’accesso a quella che vuole essere un’esperienza immersiva è riportata la rivendicazione di una maggiore antichità rispetto a Stonehenge e alle piramidi; una citazione di Hölderlin appare in primo piano per farci rimpiangere «la nostalgia di quei giorni primordiali».

Come? Attraverso foto del sito allestite in maniera da assecondare le ellissi dell’anfiteatro e appena tre copie di rilievi in calcare dal museo di Sanlıurfa, tra cui la splendida statua di un cinghiale in posizione d’attacco, a grandezza naturale e dipinta con colori rossi, neri e bianchi.

SPETTA A UN VIDEO più realista del re, proiettato a pochi passi dal cinghiale e prodotto da National Geographic, ribadire quel che in fondo Mollicone non ha frainteso, ma compreso bene e sintetizzato con maggiore moderazione: può essere stata la religione a spingere l’umanità a diventare sedentaria. Lamarck applicato all’archeologia – insomma – con buona pace del nesso logico tra cause e conseguenze. Perfino il direttore degli scavi a Göbekli Tepe, Necmi Karul, appare a questo punto perplesso.
«Il video non dice tutta la verità – puntualizza al manifesto – Anche le nuove evidenze confermano che, all’inizio del processo di sedentarizzazione cui assistiamo, possiamo al limite parlare di sistemi di credenze, non certo di religione. L’aumento della densità abitativa creerà un surplus: darà origine a una gerarchia, che genererà dei valori che alla fine cominceranno a organizzarsi in una religione. C’è una sequenza: all’inizio l’umanità è naïf, si sente parte della natura».

E COM’ERA LA SOCIETÀ di Göbekli Tepe? «Non abbiamo nessuna prova di una struttura verticale – risponde Karul – Semplicemente ci sono artisti e persone che decidono dove innalzare i monumenti e cosa rappresentare sui pilastri. Prima del sedentarismo si scolpiscono solo animali. Quando invece con il neolitico l’uomo si mette al centro del mondo, compaiono le sculture antropomorfe. E le guerre».

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