La centralità dell’agricoltura e del mondo rurale è stata a lungo derubricata dalla politica e dalle istituzioni, eppure il futuro delle campagne è «la cruna dell’ago dove debbono passare le grandi questioni della nostra epoca»: questa consapevolezza è al centro del saggio di Famiano Crucianelli Reddito di contadinanza (manifestolibri, 2024) ed è maturata con il suo impegno nel costruire, a partire dal 2013, il Biodistretto della via Amerina e delle Forre, del quale è presidente. Nel percorso delineato dal saggio, ricco di dati e riferimenti, la chiave di volta sono i «contadini, i piccoli produttori, le aziende familiari che l’agricoltura industriale non ha cancellato» e che anzi continuano a coltivare la gran parte della superficie agricola utilizzata (Sau), ma devono fronteggiare dominio multinazionale, monocolture, liberalizzazione dei mercati agricoli.

LA QUESTIONE AGRICOLA è questione ambientale. Sfruttamento industriale e chimico della terra, nemico della biodiversità. Rischio di estinzione di quel suolo che è fonte di sopravvivenza per l’umanità e gigantesco serbatoio di carbonio. Circolo vizioso fra cambiamenti climatici e agricoltura, in particolare per gli allevamenti intensivi. Emergenza acqua. Malattie legate ai pesticidi ed erbicidi, che colpiscono i lavoratori del settore come i consumatori di alimenti. La fuoriuscita da queste trappole va sussidiata. Ma non basta.

LA LOGICA DI UN MERCATO falsamente oggettivo, con un’iniqua politica dei prezzi al produttore, umilia il reddito agricolo, spiega Crucianelli: «Nella dialettica che vede in campo i consumatori, le grandi corporations dell’agro- industria e la politica, i contadini restano marginali e senza potere. Sono l’ultima ruota del carro, non di rado obbligati a sostenere i loro stessi «carnefici». Intanto le aree interne sono abbandonate, i giovani al lavoro nei campi sono pochi, le aziende si concentrano.

IL GIUSTO REDDITO E’ il primo passo per un «nuovo rinascimento del lavoro dei campi», con i giovani come primi interlocutori: «Dare un salario minimo ai contadini che intendono assumersi la responsabilità di garantire cibo sano e sostenibilità ambientale e avviare, così, una nuova relazione fra le attività umane e la natura». Un salario, un reddito ai contadini custodi del territorio non è assistenza, ma investimento sul futuro e riconoscimento della loro funzione sociale, per la sicurezza alimentare e per la rigenerazione dei campi. Del resto «il cibo è un diritto e non una merce qualsiasi; la natura, il suolo e l’acqua ci chiedono di essere liberati dalla macchina distruttiva del profitto».

POI LA PAC – E NON SOLO. Sottolinea l’autore: «Il reddito di contadinanza può fungere da leva per il cambiamento, ma non si può pensare di entrare in una fase nuova se la politica non interviene in tempi ragionevoli su quattro grandi questioni: la nuova politica agricola comune; una nuova strategia per le zone interne e rurali; il cambiamento del rapporto attuale tra città e campagna; una normativa per la tutela delle piccole aziende, delle aziende familiari, di tanti lavoratori stranieri entrati come componente ormai importante della nostra agricoltura». Occorre una vera, profonda riforma della Pac (che da sempre privilegia i grandi produttori), perché anche i suoi nuovi regolamenti non corrispondono ai principi di sostenibilità, biodiversità, qualità, equità. E poi una neo-riforma agraria: consentire l’accesso a quelle decine e decine di migliaia di ettari che nel corso del tempo sono stati abbandonati. Una Banca della terra, con il sostegno pubblico, potrebbe recuperare lo spirito della legge 285 del 1977 (Berlinguer Anselmi) che aveva aperto le porte al lavoro socialmente utile per centinaia e centinaia di migliaia di giovani. Ma, nell’oggi e nel domani, l’agroecologia deve essere il principio guida.

DALL’AGRICOLTURA al territorio: il «settore primario» non può essere un corpo separato dal resto dell’economia, né dalla città. E gli agricoltori non possono procedere da soli; società civile, istituzioni, ricerca sono necessarie per una alternativa di sistema – non facile da raggiungere. I Biodistretti, costruzione collettiva, fanno parte della strategia per rifondare un’altra idea di economia, di società e di democrazia. Ma, insieme agli enti locali, devono avere poteri e risorse.