Visioni

Lady Macbeth domina la scena al Covent Garden

Lady Macbeth domina la scena al Covent GardenAnna Netrebko e Zeljko Lucic in «Macbeth»

Musica Anna Netrebko superstar nell’allestimento dell’opera verdiana per la regia di Phyllida Lloyd. Dirige l'orchestra e il coro della Royal Opera House Antonio Pappano

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 6 aprile 2018

Seguendo l’onda di una recente uscita cinematografica – che però partiva da Leskov e anticipava Sostakovich – anche la produzione attualmente in cartellone al Covent Garden di Londra avrebbe potuto intitolarsi Lady Macbeth. Non succede poi così di rado nel Macbeth di Verdi che la Lady rubi la scena al suo consorte, ma l’attesa e l’entusiasmo montati intorno a Anna Netrebko per la sua più recente interpretazione verdiana erano sicuramente fuori dal comune, anche se il teatro londinese è abituato ai sold out. Lo spettacolo di Phyllida Lloyd, nato a Londra nel 2002, rinchiude i protagonisti dentro minacciose mura di fortilizio e raduna intorno ai letti della coppia assassina i delitti, la corona, il banchetto e la battaglia. Un cubo dorato – lo spettacolo scaligero di Graham Vick, amato e odiato, ha comunque fatto scuola – ospita l’assassino di Duncan e il duello finale con la sconfitta di Macbeth e racchiude quella corona che per la coppia diventa l’ossessione cui sacrificano ogni fibra. Onnipresenti le streghe dal rosso turbante, che infestano ogni scena governandone il passo, fino a gravare mute perfino sul trionfo finale di Macduff e Malcolm.

Antonio Pappano domina la partitura verdiana con naturalezza: anche se dispone a Londra di uno strumento meno caldo e idiomatico dei complessi romani di Santa Cecilia, con l’orchestra e il coro della Royal Opera House il direttore definisce una pregevole tavolozza di colori foschi. Le sonorità trasparenti, esaltano i tratti più lividi della partitura verdiana e trovano perfetta corrispondenza nei fasci di luce che le filtrano dalle porte socchiuse della fortezza. Costante la tensione e la cura del fraseggio – reso ancor più efficace dall’uso del piano nei recitativi – nei duetti, nelle scene delle streghe e nei grandi assiemi). Anna Netrebko ha oggi una voce ampia e brunita che indubbiamente le consente l’approdo a parti lirico-spinte di maggior peso rispetto a quelle che hanno contraddistinto la prima parte della carriera (Violetta, Mimì, Adina, Donna Anna, Elvira nei Puritani).

Tuttavia il registro e il metallo di Lady Macbeth è diverso da quello di Giovanna d’Arco e di Aida, ma anche dalla Maddalena da poco interpretata alla Scala nello Chenier inaugurale. Abbiamo ascoltato una Lady possente, ma brutale, che allarga la voce, pur sempre cospicua e bella, intuba nel petto i gravi, con un fraseggio solo a tratti efficace e luciferino («immoto sarai tu nel tuo disegno»). Qualche instabilità nell’aria di sortita, ma i successivi appuntamenti sono onorati comunque con incisività, incluso l’arduo re bemolle del Sonnambulismo, con particolare rilievo nei duetti con Macbeth. Zeljko Lucic tratteggia un protagonista protervo quanto insicuro, quasi fosse stanco della sua impresa sin dal primo atto. L’aggiunta della scena finale del 1847 non migliora le cose per il baritono serbo, che comunque si sostiene anche grazie a una presenza scenica notevole, come Ildebrando d’Arcangelo, che per Banqo dispiega un canto brunito e una magnifica proprietà d’accento.

La seconda coppia della serata era separata dagli eventi, visto che Yusif Eyvazov, compagno nella vita di Anna Netrebko, militava nel campo avverso come Macduff. La voce non ha guadagnato alcuna dovizia timbrica dallo Chenier milanese, ma ancora una volta i requisiti tecnici, l’accento e il calore interpretativo risultano convincenti. Successo convinto per tutti, le recite continuano anche nella prossima settimana, con Anna Pirozzi come interprete di alcune recite.

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