Si è spento ieri mattina ad Avellino, a 94 anni, Ciriaco De Mita. Fu segretario della Democrazia cristiana. Era l’ultimo presidente del consiglio dello scudo crociato ancora in vita. Fino all’ultimo ha partecipato al dibattito politico da sindaco della sua Nusco, il paese irpino che ospiterà i funerali quest’oggi, nella chiesa di Sant’Amato. Alla cerimonia funebre parteciperà anche Sergio Mattarella, che ha diffuso un messaggio non formale in onore alla storia di colui che lo strappò alla vita accademica per catapultarlo sulla scena politica. Nel suo commiato, il presidente della Repubblica evidenzia che De Mita si mosse «nel solco di quel cattolicesimo politico che trovava nel popolarismo sturziano le sue matrici più originali e che vedeva riproposto nel pensiero di Aldo Moro».

DA QUESTA CULTURA discendeva quella che Mattarella definisce la «curiosità intellettuale» di De Mita. Dalla tendenza alla speculazione teorica discende il soprannome che al leader democristiano diede Gianni Agnelli e che gli è rimasto appiccicato: «l’intellettuale della Magna Grecia». Lui stesso diceva che a causa della sua passione per il dibattito non avrebbe mai potuto correre per il Quirinale: «A me piace l’analisi, il pensiero, mi piace chiacchierare. Un presidente della Repubblica non può chiacchierare», aveva fatto sapere. Per Mattarella, l’esponente della sinistra Dc aveva una «visione della democrazia come processo inesauribile» che richiede «il rinnovamento e l’adeguamento delle nostre istituzioni». Poi cita «la sua visione internazionale e, in modo particolare, l’attenzione che ebbe per ciò che la leadership di Gorbaciov stava producendo in Unione sovietica». Questa proiezione globale arriva mentre dal piccolo centro irpino dal quale era partito rimbalzano storie sul contraltare iper-local dell’identità di De Mita: le partite a carte, il barbiere di fiducia, il cugino consigliere comunale e oppositore di sinistra con il quale si scambiavano sfottò, le passeggiate sul corso.

IN MEZZO ALLE DUE dimensioni, planetaria e paesana: Roma. Dove De Mita sbarcò dopo la laurea a Milano (con borsa di studio: era figlio di un sarto e non proveniva da famiglia agiata) e una carriera politica iniziata da minorenne. L’ultimo segretario del Partito popolare, Pierluigi Castagnetti, per ricordarlo comincia dalla fine, cioè dal suo tentativo di riformare la Costituzione prima del tracollo della Prima repubblica, tra il 1992 e il ’94, che segnò la fine della sua presenza nella prima linea della scena politica. «Aveva la convinzione che solo il popolarismo avrebbe potuto bloccare la deriva populista – dice Castagnetti – la certezza che senza la rigenerazione di una passione popolare non si sarebbe riusciti a bloccare la deriva della democrazia».

MOLTI ESPONENTI del Partito democratico, tra di essi il segretario Enrico Letta e Dario Franceschini oltre al padre nobile Romano Prodi, hanno evidenziato l’altra caratteristica di De Mita: la scelta del dialogo col Partito comunista, venuta dopo (e nonostante) il fallimento del compromesso storico. Quel progetto lo mise in rotta di collisione con il Psi di Bettino Craxi. «Tra i due ci fu un conflitto politico aspro, frutto di visioni e mondi diversi, ma all’insegna della politica come terreno di confronto tra i migliori» dice Stefania Craxi. Pierferdinando Casini, anche lui democristiano ma della corrente destra di Arnaldo Forlani, sceglie queste parole: «Si è sempre definito, solo e semplicemente, un democratico cristiano, anche dopo la morte della Democrazia cristiana». «Pur avendo un carattere spigoloso – rievoca Paolo Cirino Pomicino, che fu ministro della funzione pubblica nel suo governo – possedeva una dimensione tale da diventare il segretario più longevo nella storia della Dc». Poi la destra: Matteo Salvini e Giorgia Meloni esprimono stima «nonostante la differenza di opinioni». Da Forza Italia Antonio Tajani ricorda la convivenza tra diversi nel Partito popolare europeo.

COME DE MITA viene dalla Campania Luigi Di Maio, espressione ultima della politica moderata in chiave postmoderna: «Se ne va una grande personalità, che ha sempre coniugato il lavoro per il territorio con l’impegno in politica nazionale», afferma il ministro degli esteri. Lo ricorda anche l’Anpi. Con queste parole: «Antifascista, esponente del cattolicesimo democratico, fu tra i sostenitori dell’arco costituzionale e nel corso della sua lunga militanza politica ha sempre contrastato i tentativi di riforma della Carta miranti a stravolgerne i principi fondamentali».