Lacrime e tormenti, la telenovela nel carcere femminile
Media A fine Ramadan si conclude anche la stagione delle oltre sessanta telenovelas egiziane. Spariti i racconti rivoluzionari dopo il ritorno al potere dei militari, la serialità si normalizza. Con qualche eccezione
Media A fine Ramadan si conclude anche la stagione delle oltre sessanta telenovelas egiziane. Spariti i racconti rivoluzionari dopo il ritorno al potere dei militari, la serialità si normalizza. Con qualche eccezione
Con la fine del Ramadan, si chiude anche la stagione delle musalsalat, le telenovelas che ogni anno incollano allo schermo milioni di egiziani. I festeggiamenti e le canzoni per bambini nei giorni dell’Eid hanno segnato anche la chiusura di oltre sessanta produzioni televisive che, dopo i datteri e le grandi abbuffate delle colazioni (iftar) a interrompere il digiuno, hanno accompagnato le brevi notti del mese sacro per l’Islam fino al sohur, il pasto frugale che segna la fine della giornata di penitenza.
Spariti i racconti rivoluzionari dopo il ritorno al potere dei militari, archiviata la primavera delle soap dell’anno al potere (2012-2013) dei Fratelli musulmani, il panegirico della polizia e dell’esercito, nonché comicità bassa e drammi nazionali, hanno segnato il palinsesto televisivo, con qualche eccezione.
La propaganda di regime ha puntato sulla nostalgia per l’ex presidente Gamal Abdel Nasser, precursore del nasserismo a cui genericamente si ispira la nuova stagione di autoritarismo di Abdel Fattah al-Sisi. E così le strade del Cairo sono state tappezzate dei poster di un giovane Nasser e del suo amico di sempre Hakim Amer. Sadik Amer (l’amico Amer), diretto da Magdi Ahmed Ali per la sceneggiatura di Mahmud Lehsc (scrittore nasserista e sindacalista, vicino al regime) ha però deluso le aspettative. L’accento siriano degli attori e una ricostruzione un po’ fantasiosa dei fatti storici, hanno fatto storcere il naso a non pochi egiziani.
Le produzione tv del 2014 sono infatti invase dalla manodopera siriana. Gli attori, sbarcati a frotte da Damasco al Cairo per la crisi politica in corso nel paese vicino, sono stati accolti a braccia aperte dalle produzioni egiziane che hanno offerto loro cachet a basso costo, chiudendo le porte alle più blasonate star del paese.
Ha ottenuto un successo inatteso invece Sign El Nessa, diretta da Kamal Abu Zekri per la sceneggiatura di Mariam Nawm. Prigione di donne racconta le vite del braccio femminile di un carcere egiziano. Ghalia (interpretato da Nelly Karim) è la secondina che dirige una pletora di vite perse tra droga, furti, prostituzione, difendendo le protagoniste dalla brutalità di una polizia insofferente. «È l’unica eccezione, i teleromanzi di quest’anno glorificano la polizia», ci spiega la giornalista Amany Ali Shawky.
La denuncia delle condizioni delle carceri egiziane richiama alla mente le torture e la disperazione di decine di attivisti in prigione dopo il golpe del 2013. Le protagoniste di Sign El Nessa usano l’arabo colloquiale e sono le più sobrie (tra trucco leggero e abiti trasandati) degli schermi egiziani. Queste donne in prigione raccontano le vite di madri, figlie e la povertà che le ha costrette in carcere: un microcosmo e un rifugio per molte di loro. Tra le figure che spiccano nella sceneggiatura di Nawm (che aveva curato l’adattamento di Zaat di Sonallah Ibrahim lo scorso anno), l’incorruttibile Ghorra, intenzionata a tutto per evitare di cadere nel crimine ma costretta a compromessi per la sopravvivenza della sua famiglia, e Samer (Ahmed Dawood), compagno di Ghalia e personaggio centrale che mostra la brutalità del maschilismo nella società egiziana.
L’ultimo feuilleton da segnalare quest’anno è I sette comandamenti, diretto da Khaled Maraie per la sceneggiatura di Mohammed Amin Rady (che lo scorso anno aveva firmato Niran Sadika con Menna Shalabi). Giocando su ambientazioni e canzoni sufi, la telenovela racconta la storia di sette fratelli che per disperazione decidono di uccidere un padre che rende le loro vite impossibili. Ma la figura paterna li perseguiterà anche da morto costringendoli a vagare nelle principali città egiziane prima di un anelato riscatto.
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