Internazionale

L’accusa di Putin alla Turchia

L’accusa di Putin alla Turchia

Mosca-Ankara Il presidente russo attacca Erdogan: «Jet abbattuto per coprire il contrabbando di petrolio con l’Is»

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 1 dicembre 2015

Se l’Unione europea descrive la Turchia come paese sicuro, le strade del paese raccontano un’altra storia: di conflitto sociale, civile, repressione dei movimenti e strategia della tensione. Prima di tutto lo scontro tra Turchia e Russia in merito all’abbattimento dello scorso martedì del bombardiere Sukhoi Su-24 ha prodotto una crisi senza precedenti tra Mosca e Ankara. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha rivelato di sospettare che il jet sia stato abbattuto «per assicurare forniture illegali di petrolio da Is alla Turchia». Il confine tra Siria e Turchia continua ad essere poroso al passaggio di armi dei jihadisti e sigillato per profughi e aiuti umanitari diretti a Kobane. Gli Usa hanno confermato la versione turca secondo cui il jet russo sarebbe entrato in territorio turco per circa 17 secondi: evenienza che è stata duramente negata da Mosca.

Putin non ha neppure incontrato il suo omologo turco ai margini del summit sul clima di Parigi. «Questo incontro non è in agenda», ha chiosato con la stampa Dmitri Peskov, portavoce di Putin. Da giorni ormai il presidente russo non risponde alle telefonate di Erdogan. I due sono a tal punto ai ferri corti che Ankara si rifiuta di presentare scuse ufficiali per giustificare quanto accaduto. «Non ci possiamo scusare per aver fatto il nostro dovere», ha tuonato il premier, Ahmet Davutoglu, che ha incontrato a Bruxelles il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.

Putin ha visto invece a Parigi il presidente Usa. Barack Obama ha espresso il suo rammarico per l’abbattimento del Sukhoi e ha auspicato progressi nei colloqui di Vienna per arrivare a «un cessate il fuoco» in Siria. Obama ha ribadito la richiesta che il presidente siriano, Bashar al-Assad, lasci il potere e che si rafforzi la strategia congiunta, mai decollata, tra Russia e coalizione internazionale contro lo Stato islamico.

Le autorità turche hanno anche chiesto al Cremlino di rivedere la decisione di imporre sanzioni commerciali alla Turchia. Le prime sanzioni economiche contro Ankara prevedono il bando su frutta e verdura, lo stop ai voli charter e ai pacchetti turistici per cittadini turchi, oltre al ripristino dei visti e al divieto di assumere manodopera turca dal primo gennaio prossimo. Non è ancora chiaro cosa accadrà con i grandi progetti turco-russi, come la prima centrale nucleare turca e il gasdotto Turkish Stream.

Anche il primo ministro greco, Alexis Tsipras, è entrato nella polemica tra Ankara e Mosca denunciando le continue violazioni dello spazio aereo greco da parte dell’aviazione turca. Tsipras ha definito «oltraggiose e incredibili» le oltre 1600 violazioni turche dello spazio aereo greco.
Come gesto distensivo, Ankara ha recuperato e consegnato alle autorità russe il corpo del pilota del Su-24, il tenente colonnello Oleg Peshkov, rimpatriato ieri in Russia. Ad attenderlo c’erano il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, e il capo di stato maggiore dell’aeronautica, Viktor Bondarev. Ma per Mosca non basta. I suoi bombardieri volano al confine turco-siriano con missili aria-aria per difendersi da eventuali attacchi. Momenti di tensione si sono registrati anche nello Stretto dei Dardanelli quando un’imbarcazione di supporto logistico della Marina militare russa ha incrociato un sottomarino turco.

Il Kurdistan turco vive uno stato di tensione permanente. Un ragazzo è stato ucciso a Cizre, roccaforte di Hdp e città sotto assedio per oltre nove giorni alla vigilia del voto primo novembre scorso che ha confermato la presenza in parlamento della sinistra filo-kurda. Mentre a Derik, l’esercito ha bombardato la città in cui vige da giorni il coprifuoco.

Una giornata storica per il paese è stata la scorsa domenica quando decine di migliaia di persone hanno partecipato a Diyarbakir ai funerali del capo dell’Ordine degli avvocati, Tahir Elci, ucciso a sangue freddo per strada ai margini di un flash mob che denunciava lo stato di assedio del Kurdistan turco. Elci aveva difeso la legittimità ad esistere del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e per questo è stato arrestato ed era in attesa di giudizio. In verità le forze di polizia continuano addirittura a negare che Elci fosse il vero obiettivo degli attentatori. I suoi funerali sono diventati un evento per tutti i turchi per manifestare contro la repressione in corso nel paese. La folla ha urlato «assassino» in riferimento alla campagna anti-Pkk, mascherata da anti-Isis, perpetrata dai leader turchi. «Il Pkk non è un’organizzazione terroristica», «Non ci arrenderemo. Il Pkk è il popolo e il popolo è qui», dicevano altri slogan. Una simile manifestazione si era tenuta sabato ad Istanbul ed è stata dispersa dalle forze di sicurezza. Proprio il sostegno che la sinistra filo-kurda del partito democratico dei Popoli (Hdp) ha nelle grandi città turche dimostra la dimensione urbana e nazionale che ha assunto ormai il movimento. Nella città si sono svolti anche i funerali dei due poliziotti uccisi nell’attacco.

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