L’accoglienza in nome della terra
In Calabria non c’è solo Riace. Andando verso sud lungo la statale jonica 106, si percorrono molti chilometri accompagnati dal mare da un lato e dai fichi d’india dall’altro. È […]
In Calabria non c’è solo Riace. Andando verso sud lungo la statale jonica 106, si percorrono molti chilometri accompagnati dal mare da un lato e dai fichi d’india dall’altro. È […]
In Calabria non c’è solo Riace. Andando verso sud lungo la statale jonica 106, si percorrono molti chilometri accompagnati dal mare da un lato e dai fichi d’india dall’altro. È una bellezza silenziosa, a tratti inquinata dall’abusivismo edilizio e da una lunga serie di case non finite. Ed è qui, in questa terra preda della ‘ndrangheta, che sono nate piccole realtà solidali che includono i migranti e le fasce deboli della società.
LUNGO QUESTA STRADA, nel cuore della Locride si incontra Gioiosa Ionica, primo comune a costituirsi parte civile contro le cosche ‘ndranghetiste nel ‘77. Qui nel 2017 Maurizio Zavaglia ha creato la cooperativa Nelson Mandela, che si occupa di agricoltura e turismo. Basta percorrere qualche chilometro fuori dal paese per arrivare alla sua sede: Villa Santa Maria, una struttura ricettiva immersa in ettari di agrumeti. La cooperativa, infatti, ha in affitto dei terreni, fino a quel momento abbandonati, e produce agrumi e olio con metodi completamente naturali: «L’idea è quella di dare dignità al lavoro, coinvolgendo anche i migranti, e prendersi cura della terra, che è una nostra grande risorsa», spiega Maurizio, che è presidente della cooperativa, mentre raccoglie le arance che devono essere spedite per gli ordini dei Gruppi di Acquisto Solidale. Poi c’è tutto il lavoro legato al residence Villa Santa Maria, che però non è soltanto un luogo di villeggiatura: «Grazie alla Chiesa Valdese, ospitiamo famiglie di richiedenti asilo tramite i corridoi umanitari: l’anno scorso abbiamo avuto una famiglia siriana, adesso ci sono una mamma e i suoi quattro figli provenienti dalla Somalia. Qui stanno bene ed entrano a far parte del sistema di accoglienza Sprar: sono molto ben voluti nel paese».
A PARTIRE DAL 2013, INFATTI, Gioiosa Ionica ha aderito allo Sprar, supportato fin dalla sua nascita dallo stesso Maurizio Zavaglia, che è anche amministratore comunale. Da qui fino ad ora sono passate circa 400 persone, prevalentemente africane, e di volta in volta hanno ripopolato le case vuote del paese. Qualcuno è anche riuscito a rimanere, in questa terra da cui i giovani scappano, e ora lavora come pizzaiolo, interprete, tappezziere.
Ma anche questa realtà sta subendo i colpi del Decreto Sicurezza: i migranti che oggi ne fanno parte non sono più di quaranta, mentre la capacità di accoglienza del paese è di quasi il doppio. «Con il sistema Sprar siamo riusciti a contrastare il fenomeno mafioso (che qui avviene per lo più a livello familiare) e a dare opportunità lavorative sia ai giovani calabresi che ai migranti. E non abbiamo mai avuto problemi, perché è questa la forza dell’accoglienza diffusa: i migranti sono parte integrante della città, non vivono ai suoi margini».
QUALCOSA DI SIMILE AVVIENE anche in un paesino sull’altra sponda della Calabria: Cinquefrondi, 6.500 abitanti nella Piana di Gioia Tauro, che grazie al sistema Sprar accoglie una quindicina di richiedenti asilo. Qui ci si arriva attraversando il verde dell’Aspromonte e si scopre subito che la presenza di migranti è ricchezza spontanea: già da dieci anni, infatti, c’è una folta comunità bulgara integratasi autonomamente nel paese. «L’idea che ci guida è aiutare chi ha bisogno e i migranti rientrano fra questi, ma accanto a loro facciamo un importante lavoro sul territorio», racconta Michele Conia, sindaco «di strada».
CAMMINANDO CON LUI FRA I VICOLI si scopre un paesino che brulica di vita, associazioni e solidarietà internazionale: Cinquefrondi è gemellata con Kobane, ci sono una Casa delle associazioni dedicata a Vittorio Arrigoni e uno spazio sociale, il Frantoio delle idee, situato nel bel mezzo di un agrumeto confiscato alla mafia, che con le sue iniziative ha una forza attrattiva regionale e nazionale.
Tutti questi spazi sono luoghi tolti al potere della ‘ndrangheta e non è un caso che il sindaco abbia subìto attentati e minacce di morte, di cui l’ultima lo scorso dicembre. «La nostra è una politica per il territorio e per questo diamo fastidio; ma noi continueremo, ricordando sempre quanto sia importante educare alla bellezza».
SEMPRE NELLA PIANA DI GIOIA TAURO, quindici chilometri a nord da Cinquefrondi, c’è Rosarno. Oggi conosciuta per la tendopoli di San Ferdinando, questo paese ha visto nascere nelle sue campagne un progetto che si definisce «anticapitalista, antirazzista, ambientalista e mutualista» e che tradotto in positivo significa lavoro senza sfruttamento della terra e dei lavoratori, con una particolare attenzione all’inclusione dei migranti. Si tratta di SOS Rosarno, una rete nata nel 2010 e oggi gestita attraverso la cooperativa Mani e terra.
«I fatti di Rosarno avevano sconquassato tutto: dovevamo trovare una soluzione più incisiva sul territorio, che non fosse semplice attivismo solidale. C’era la crisi dei nostri produttori locali per via della grande distribuzione e c’era lo sfruttamento dei braccianti nella Piana: messe insieme le due cose, abbiamo dato vita ad un progetto comune, che coinvolgesse dunque anche i migranti», spiega Peppe Pugliese, uno dei fondatori. Oggi, grazie ai G.A.S. e alla rete “Fuorimercato” di cui fa parte, SOS Rosarno vende agrumi, miele, olio, formaggi ad un prezzo equo, dando una paga giusta ai suoi lavoratori e cercando di garantire un impiego che non sia solo stagionale. Qualche frutto già c’è: Lamine, senegalese, è nel consiglio di amministrazione della cooperativa e oltre a lui altri migranti riescono ad essere indipendenti grazie a questo lavoro, così come i produttori riescono a vendere i propri prodotti ad un prezzo giusto.
MA SOS ROSARNO È GUIDATA anche da una certa idea politica, per cui ogni anno parte del guadagno è destinata ad un progetto sociale: si va dal trasporto di una scuola, da Trento verso la tendopoli di San Ferdinando, al sostegno ai progetti della Mezzaluna Rossa Curda in Rojava. In questi mesi, poi, è partita l’iniziativa dell’«arancia sospesa», con cui si possono regalare arance a famiglie bisognose pagando metà del prezzo, perché «da soli non costruiamo comunità».
COMUNITÀ, LOTTA, INCLUSIONE, amore per la terra: parole che risuonano come un’eco, mentre si risale verso quel Nord che ci racconta questa terra solo per i fatti di ‘ndrangheta. Si sorride, dopo aver realizzato che c’è un’altra bellezza oltre quella del mare e della terra. E che vibra di un’energia nuova.
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