L’abc dell’economia
È evidente il disorientamento dei governi nazionali e delle istituzioni monetarie europee, di fronte al fallimento delle politiche di austerità dall’inizio della crisi. Recita il motto latino che «errare è umano ma perseverare è diabolico». Siamo dunque scivolati nell’inferno economico europeo?
È evidente il disorientamento dei governi nazionali e delle istituzioni monetarie europee, di fronte al fallimento delle politiche di austerità dall’inizio della crisi. Recita il motto latino che «errare è umano ma perseverare è diabolico». Siamo dunque scivolati nell’inferno economico europeo?
Può sopravvivere la democrazia ai tempi della crisi? Trattiamo il tema intervistando Ilvo Diamanti al termine della sua lezione inaugurale – tenuta a Urbino lunedì 1 settembre – della Summer School «L’economia come è, e come può cambiare», organizzata dal Dipartimento di Economia Società Politica dell’Università Carlo Bo in collaborazione con Sbilanciamoci!.
Due ore di riflessione sulla democrazia, la sua evoluzione storica a partire dalla modernità capitalistica, le contraddizioni e le sfide emerse a partire dalla fine degli anni ’70, con il declino del partito di massa e delle tradizionali forme di aggregazione e mobilitazione collettiva. Alla luce dell’analisi di Diamanti, l’obiettivo della scuola estiva – capire come funziona il sistema economico e se un altro modello è possibile – appare un punto di partenza per affrontare la crisi che attanaglia le nostre democrazie e dare una risposta alla domanda di orientamento e di partecipazione che attraversa le nostre società.
«Vi è una domanda di partecipazione non espressa», ci spiega Ilvo Diamanti, professore di Governo e Comunicazione politica all’Università di Urbino, direttore del laboratorio LaPolis e autore di numerosi libri, tra cui il più recente «Democrazia ibrida» (Laterza, 2014). «Per questo, studiare l’abc del sistema in cui viviamo è cruciale per comprendere e agire. Studiare significa allora poter rimettere in circolo la domanda di partecipazione che esiste oggi».
Una domanda di partecipazione che s’inserisce in un contesto dominato dalla sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni della democrazia rappresentativa.
«Nella fase attuale, la sfiducia ha sostituito la fiducia come motore di legittimazione delle nostre democrazie. Se il fondamento della democrazia è il rapporto tra istituzioni e società, oggi noi viviamo una dissociazione, siamo in una democrazia con governi non dotati di consenso.
Abbiamo così assistito al passaggio dai leader agli anti leader, che anche quando parlano di rinnovamento lo fanno contro gli altri. La risorsa principale è dunque la sfiducia, che secondo Pierre Rosanvallon anima l’ “universo controdemocratico”. Penso che la sfiducia sia una risorsa, ma da sola non è sufficiente. Bisogna far ripartire una democrazia della fiducia. Per questo, studiare significa anche costruire».
Le trasformazioni della democrazia al tempo della crisi sono una tematica cruciale. Già Carlo Donolo, nello speciale di Sbilanciamoci! «Democrazia svendesi» (il manifesto, 11 luglio), aveva analizzato lo schiacciamento della democrazia ad opera della spinta neoliberista. L’analisi di Diamanti, invece, si concentra su come siamo arrivati alla fase attuale della democrazia, che lui stesso definisce «ibrida». «Nella democrazia dei partiti di massa, le due facce della democrazia rappresentativa, istanze di governo e partecipazione, stavano insieme nel partito. Con la crisi di quel modello, si è passati a una democrazia del “pubblico”, dove il terreno della politica si è disgregato perché i partiti sono stati progressivamente sostituiti dalle persone, le organizzazioni sul territorio sono state rimpiazzate dalla comunicazione e i cittadini sono diventati sempre più pubblico». Una fase che vede in Italia la sua espressione più emblematica. «La personalizzazione e la mediatizzazione si traducono nel partito personale e mediale, il cui archetipo è espresso da Berlusconi. Un Berlusconi imitato, poi, a fatica da altri».
Alla democrazia del pubblico è seguita la fase attuale, caratterizzata da un legame ancora più stretto tra democrazia e comunicazione. «Sulla base della democrazia del pubblico, s’innestano le nuove tecnologie, che non solo costituiscono un canale di partecipazione alternativo e ripropongono il confronto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta, ma diventano autentiche icone». Assistiamo a un’ibridazione dei modelli, del consenso e partecipazione. «Forme che sembrano apparentemente opposte in realtà si combinano. Assistiamo all’uso contemporaneo di queste forme, perché la tv resta il canale più frequentato e la rete non copre tutto. Nelle campagne elettorali, i soggetti politici si muovono allora in molteplici direzioni. Si veda l’esempio di Grillo, che, alle ultime elezioni europee, ha utilizzato tutti i canali simbolo delle diverse fasi della democrazia: ha fatto della mobilitazione uno spettacolo in streaming; come un partito di massa, ha chiuso la campagna elettorale con un comizio in piazza, scegliendo un luogo simbolico come Piazza San Giovanni; ed è ritornato in televisione con l’intervista di Bruno Vespa».
Da Grillo a Renzi, che non solo utilizza diversi media ed esprime la personalizzazione della politica democratica, ma si avvale della principale struttura della democrazia rappresentativa, il partito. Una democrazia sempre più ibrida, insomma. In che direzione?
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