La zona euro sta attraversando la recessione più lunga della sua storia. La brutta notizia è stata confermata di nuovo ieri dai dati Eurostat. Nel 2008-2009 c’era stata la Grande Recessione. Era più intensa di quella di oggi, ma era durata meno. Adesso, la zona euro è in recessione da un anno e mezzo, dal quarto trimestre del 2011 ha registrato complessivamente un pil in calo. E nel club dei paesi in recessione è entrato un nuovo membro, la Francia, che ha registrato due trimestri consecutivi di calo del pil (meno 0,2% nei primi tre mesi di quest’anno, che fanno seguito a un analogo calo nell’ultimo trimestre 2012).

La Germania si salva per un pelo, con un più 0,1% nei primi tre mesi di quest’anno, dopo un calo dello 0,7% (più alto del previsto) nell’ultimo trimestre 2012. Ma Berlino ha registrato una diminuzione del 3,9% dell’export nella zona euro, esportazioni diminuite anche dello 0,2% fuori Europa. Solo tre paesi hanno registrato una leggera crescita: oltre alla Germania, il Belgio (+0,1%) e la Slovacchia (+0,3%). L’Austria è ferma, con crescita zero. Per tutti gli altri, il segno è negativo: oltre alla Francia, l’Italia è a meno 0,5%, che porta la caduta del pil a meno 2,3% su un anno, il peggiore regresso dopo Grecia, Cipro e Portogallo.

Per la Grecia, i dati non sono di Eurostat ma dell’istituto nazionale di statistica Elstat, che ha registrato un meno 5,3% del pil ellenico nei primi tre mesi del 2013. Cipro è a meno 4,1%, il Portogallo a meno 0,3%, la Spagna ancora a meno 0,5% (che porta il crollo a meno 2% su un anno).

I primi tre mesi del 2013 sono stati negativi anche per due paesi del fronte del rigore, che hanno finora spalleggiato la Germania nella richiesta di proseguire nella stretta di bilancio: la Finlandia e l’Olanda hanno registrato un meno 0,1% nel primo trimestre di quest’anno. E le cifre a 27 non sono molto migliori, con un meno 0,7% su un anno. Anche se il calo non è fortissimo e resta inferiore al crollo della Grande Recessione del 2008-09, bisogna considerare che l’impatto resta molto forte – prima di tutto in termini di disoccupazione – perché si abbatte su un tessuto economico già deteriorato.

[do action=”citazione”]Hollande in difficoltà, tutti i fattori di crescita sono in negativo. Bruxelles pretende un programma di riforme[/do]

Per la Francia, c’è anche un altro dato molto negativo: il potere d’acquisto è calato dello 0,9% nel 2012 secondo l’Insee (l’Istat francese), cioè il più forte ribasso da 29 anni. Così tutti i fattori che determinano la crescita sono in rosso: consumo delle famiglie, investimenti privati, spesa pubblica e bilancia commerciale. “La produzione totale è a un punto morto, il consumo atono, le spese di investimento in declino, le esportazioni calano ancora” ha riassunto l’Insee. Ieri, François Hollande è andato a rapporto a Bruxelles, dove ha incontrato tutti i commissari. “Un’umiliazione” per il Front de gauche, un’occasione per spiegare la posizione di Parigi, secondo Hollande, che ha di nuovo parlato di “attrezzi” pronti all’uso per recuperare competitività e oggi organizza all’Eliseo la seconda conferenza stampa della sua presidenza.

“La Francia deve proporre un programma credibile di riforme” ha insistito il presidente della Commissione, José Manuel Barroso. Olli Rehn, commissario agli affari economici e monetari, ha difatti fatto una concessione alla Francia, dando due anni in più – come alla Spagna – per rientrare nel parametro del 3% di deficit (le previsioni per Parigi sono di un deficit del 3,9% quest’anno e del 4,2% nel 2014). Ma, in cambio, Bruxelles pretende un impegno preciso sulle “riforme”, che sono la solita litania: tagli alla spesa pubblica, riforma delle pensioni, accresciuta flessibilità del lavoro. Per Hollande, che è oggettivamente con le spalle al muro tra le pressioni di Bruxelles e il crollo di popolarità, il problema è che questo tipo di riforme (che equivalgono a un programma politico di destra) prima di dare qualche risultato aumentano la disoccupazione e, intraprese in un periodo di recessione, rischiano di scatenare una spirale depressiva. Per Hollande la navigazione diventa estremamente rischiosa.

Ma l’entrata in recessione della seconda economia della zona euro ha permesso di smuovere la Germania dalle sue certezze e ha portato all’allungamento delle redini del rigore di fronte all’evidenza delle cifre, in Francia e altrove: l’austerità non dà i risultati ricercati, anzi, perché la recessione porta a un aumento del debito che si voleva combattere. “Nella prospettiva delle europee del 2014, dopo il successo di Beppe Grillo in Italia e le manifestazioni a Cipro – ha spiegato il ministro degli affari europei Thierry Repentin – nessuno ha voglia di vedere crescere il campo degli euroscettici”.

Secondo i dati dell’inchiesta annuale dell’istituto Usa Pew Research Center realizzata in otto paesi europei, tra il 2012 e il 2013 l’approvazione dell’Unione europea è calata dal 60 al 45%: “la popolarità dell’Ue è al livello più basso nella maggior parte dei paesi europei”.