La vita dei mostri non è addomesticabile
Saggi «Dal Leviatano al drago. Mostri marini e zoologia antica tra Grecia e Levante» di Anna Angelini, uscito per Il Mulino
Saggi «Dal Leviatano al drago. Mostri marini e zoologia antica tra Grecia e Levante» di Anna Angelini, uscito per Il Mulino
Un viaggio nella mostruosità quello di Anna Angelini, Dal Leviatano al drago. Mostri marini e zoologia antica tra Grecia e Levante (il Mulino, pp. 268, euro 20), fra due figure limite, fra culture e epoche diverse. Draghi propriamente detti, cioè come quelli che animano le vite dei santi, le compilazioni enciclopediche e i commentari patristici, nel mondo greco-romano antico non compaiono. In questa tradizione il drago è una delle occorrenze che rimanda al variegato mondo dei serpenti, nei quali accade di trovare tratti supernaturali che poi caratterizzeranno anche il drago medievale.
FORSE IL LASCITO più importante del mondo greco-romano a quello che sarà il drago cristiano è che il termine che lo indica inizia a specializzarsi per descrivere i «serpenti esotici soprattutto africani e indiani», cioè quelli meno familiari con l’ambiente naturale tipico della civiltà classica. Il drago della tradizione greco-romana è un essere che non rientra nella normale tassonomia scientifica naturalistica dei serpenti. Tende a indicare una casella vuota, eventualmente da riempire con ciò che si configura come anormale, eccezionale.
TALE ECCEZIONALITÀ è rimarcata anche dal fatto che il drago viene descritto come vivente in luoghi anecumenici estremi quali gli abissi salati del mare, le oscurità delle spelonche, le fetide putredini delle paludi, le superfici infuocate dei deserti, gli inaccessibili e gelidi picchi dei monti. Proprio vivendo in questi ambienti estremi, il drago sviluppa poteri eccezionali che tuttavia non se ne stanno appartati, ma incombono minacciosi su ciò che gli uomini hanno costruito addomesticando la natura.
È PER ANALOGIA a tale eccezionalità che i draghi del mondo classico vengono associati ai mostri biblici di Behemot e, soprattutto, a quello che è il mostro per eccellenza dell’antico testamento e della tradizione ebraica e cioè il Leviatano. Anche questo mostro si trova a suo agio in ambienti estremi e in particolare nel mondo liquido degli abissi marini. Similmente ai serpenti supernaturali dell’antichità classica, anche il Leviatano è dotato di poteri eccezionali che incombono sulla normalità e l’umanità. Poteri così eccezionali da assumere caratteri satanici; quegli stessi che ritroviamo nella personificazione cristiana del diavolo nel drago. Anche quest’ultimo, pur confinato negli inferi, come il Leviatano incombe sul mondo umano.
Una delle acquisizioni più cospicue dell’analisi del mostruoso condotta da Anna Angelini è quella che corrobora l’idea di un’animalità circolante nella quale le specie e gli individui sono per certi gradi ancora aperti e per questo combinabili anche in forme che possono risultare anormali. In tal senso, il mostro sarebbe il risultato della combinazione di parti disparate di animalità reale in forme che eccedono la realtà. Questa mistione di realtà e eccezionalità non rende facile collocare creature mostruose come il drago e il Leviatano completamente nell’immaginario o nel reale. Questi mostri si potrebbero allora considerare dentro un’altra dimensione, quella della definizione che Todorov dà del fantastico, secondo cui quest’ultimo sarebbe il risultato dell’elaborazione poetica derivante dall’accettare di vedere ciò a cui non crediamo. Tuttavia, la formula di Todorov che pretende di farci raffigurare quello a cui non siamo disposti a credere, esprime una mostruosità già addomesticata, la cui eccezionalità è solo il negativo di una norma che si tiene temporaneamente sospesa.
Dallo studio di Anna Angelini, invece, la mostruosità che si dipana dal Leviatano al drago è diversa, opposta a quella evocata dal fantastico di Todorov. Il Leviatano e il drago afferiscono qui a un differente tipo di mostruosità: quella nella quale noi già ci troviamo a credere, benché non riusciamo a raffiguracela se non evocandola mettendo insieme pezzi diversi, come un puzzle o un bricolage.
A QUESTO TIPO di mostruosità noi non scegliamo di credere, come avviene nel fantastico di Todorov. Qui la credenza, per così dire, ci salta addosso. Essa è la paura, il terrore, l’orrore, la persuasione sovrana che esercita su di noi un immediato comando con il quale dobbiamo venire a patti. Forse è proprio a causa di questo tipo di persuasione terrifica, che si vorrebbe tenere a bada raffigurandocela ad ogni costo, che nelle favole e genealogie politiche i mostri sono ancora saldamente presenti.
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