Internazionale

La violenza delle immagini e quella delle parole

La violenza delle immagini e quella delle paroleThe Falling Man, prima del crollo delle Torri Gemelle – Richard Drew - AP

Archivio /11 settembre 2001 Questo articolo è comparso sul manifesto del 13 settembre 2001

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 11 settembre 2021

La realtà batte la fantasia e la tv batte il cinema. Ormai da più di 24 ore, dalla piccola La7 alle grandi sorelle Rai e Mediaset, la televisione segue in diretta, con una staffetta tra reti e telegiornali, l’apocalisse scatenata dalla follia terrorista. Per La7 è una sorta di prova generale di quel canale “all news” che vorrebbe (e potrebbe) diventare.

Per i network del duopolio è stato un rivoluzionamento di tutti i palinsesti (bloccato anche l’esordio della seconda edizione de “Il grande fratello”) per costruire una diretta che ininterrottamente prosegue notte e giorno, con notizie non-stop e dibattiti serali (in 8 milioni hanno seguito l’edizione speciale del “Porta a Porta” di martedì).

Colpisce che le prime immagini della tragedia, quelle dell’aereo che trapassa la torre d’acciaio come un panino di burro, siano state girate da un filmaker che stava riprendendo i lavori di alcuni operai del gas.

L’uomo sente il rumore strano di un aereo troppo basso, alza la telecamera e riprende tutto: nel paese dei grandi network, è dunque una piccola telecamera privata, un video amatoriale a essere il primo testimone oculare del disastro destinato a cambiare il corso della storia. Il potere del grande occhio è fatto anche dalla straordinaria diffusione dell’occhio elettronico che ne fa un oggetto di uso comune.

Più passano le ore e più, dopo lo sgomento e l’angoscia, comincia a farsi strada l’analisi dei come e dei perché dell’attacco agli Stati Uniti. E nelle spiegazioni, sensibilità e opinioni diverse cominciano a animare la dialettica politica.

Non solo attraverso la diretta del dibattito parlamentare (il Tg4 dopo il discorso di Berlusconi ha chiuso la sua edizione straordinaria, la Rai invece ha trasmesso tutta la seduta di Montecitorio). Un servizio offerto ai telespettatori che così hanno potuto ascoltare gli appelli della sinistra a non abbandonare la bussola della politica, del rispetto tra occidente e oriente, e, dall’altra parte, le lugubri difese della Civiltà Occidentale, pronunciate dal rappresentante di An.

La politica entra anche nella costruzione dei notiziari. Nel Tg4 di Emilio Fede (il primo a dare la notizia dell’attacco) si nota un certo uso delle immagini, con un accostamento, ripetuto e insistito, tra le terribili sequenze dell’attacco terrorista e l’esultanza di donne, uomini e bambini nei Territori dei palestinesi (“ve le faremo rivedere in modo ossessivo non per fare spettacolo, ma perché poi possiate valutare meglio l’eventuale reazione americana”). Un montaggio che tuttavia non si spinge fino al punto da sposare la violenza dell’intervento di Vittorio Feltri. Intervistato al telefono, il direttore di “Libero” aizzava gli animi puntando il dito contro il nemico interno, un bersaglio facile facile, “quelli dei centri sociali, gli Agnoletto e i Casarin” che, a suo dire, inneggiavano e gioivano di ciò che era accaduto all’America di Bush. “Sono le opinioni di Feltri” (Fede).

Ma, per fortuna, nello stesso tempo bisogna rilevare che, proprio sulla stessa rete, in un programma del mattino seguito da casalinghe e pensionati (“Forum”), la giovane conduttrice, tra una lite di condominio e l’altra, polemizzava con forza (“questo è solo razzismo, sono parole che indignano e offendono l’umanità”) con le tante e-mail e i fax che invitavano il governo a cacciare via tutti gli immigrati provenienti dai paesi mussulmani. La violenza delle parole può essere anche più forte di quella delle immagini.

Non altrettanto apprezzabile invece la tendenza a “confezionare” l’orrore secondo gli schemi del video-clip, come hanno fatto a La7 montando le immagini della giornata con un sottofondo musicale, perdipiù sottolineato dalla insopportabile retorica del ralenty. No, grazie. Non c’è davvero bisogno di sollecitare la commozione dell’opinione pubblica, nè di caricare ulteriormente la terrificante realtà. I nostri occhi sono già abbastanza provati.

C’è, infine, un ultimo aspetto paradossale: mentre dopo le macerie dei terremoti, siamo abituati a vedere i corpi, questa volta agli annunci di migliaia di morti non fa riscontro la visione dei cadaveri. E’ una morte in diretta senza morti.

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