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La via d’uscita: se ne va il ministro, resta il vicepremier

La via d’uscita: se ne va il ministro, resta il vicepremier

Retroscena Evitare il voto di fiducia. Oggi assemblea del Pd per decidere il che fare

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 17 luglio 2013

A discolparsi, forte di una relazione del capo della polizia che pare uscita da un filmaccio demenziale di serie b, c’è il ministro degli interni Angelino Alfano. Ma sulla graticola c’è il Pd. Che fare? Fingere di credere alla versione farsesca buttata giù senza nemmeno spremersi troppo le meningi dal capo della polizia Pansa? Assolvere con formula piena il ministro e magari aggiungerci pure una nota d’encomio per la rapidità con cui ha saputo individuare e colpire i pasticcioni (nulla di più, sia chiaro) che hanno combinato il danno, anzi il pasticcione perché è chiaro che alla fine a pagare sarà solo il capo di gabinetto Procaccini? Oppure difendere uno straccio di dignità e votare la mozione di sfiducia presentata da M5S e Sel, che verrà discussa venerdì prossimo al senato?
Nel primo caso il rischio, anzi la certezza, è fare la stessa ridicola e vergognosa figura raccolta a suo tempo dai berluscones, quando giurarono con voto solenne di credere alla famigerata versione di Berlusconi su Ruby nipote di Mubarak, come giustamente segnala in aula il senatore di Sel Peppe De Cristofaro. Ma nel secondo si tratta né più né meno che di crisi di governo. Impossibile dubitare, nessun margine per speranze o pie illusioni. Sin dal mattino il martellamento dei berlusconiani è continuo. Da Rotondi a Cicchitto, da Bondi a Brunetta, il coro suona una nota sola, ossessiva, monotona, minacciosa però efficace: «Se cade Alfano, il governo non regge nemmeno 10 minuti». E poi i moniti. Ricordate che «la crisi sarebbe per il paese la sciagura peggiore» (Cicchitto). Quelle due kazake valgono davvero tanto? Infine il titillamento sapiente delle rivalità nel Pd: qui non si tratta di Alfano, ma di «Renzi contro Letta» (Brunetta). “Establishment” democratico avvertito…
Il Pd sa che non si tratta di un bluff. Stavolta Berlusconi fa sul serio, la crisi sarebbe garantita. La cosa migliore sarebbe trovare una terza via. Così in serata dal cilindro della crisi spunta la classica via di mezzo. Se davvero Berlusconi vuole evitare la crisi di governo con matematica certezza deve fare a meno di arrivare al voto di fiducia, perché in quel caso nulla è garantito.
Come fare? Semplice, Alfano dovrebbe dimettersi da ministro degli interni vanificando così la mozione di M5S e Sel ma conservare la carica di vicepremier. Salvando così la faccia di Alfano e la vita del governo Letta. Che il Pdl possa accettare una soluzione del genere non è affatto detto. Ma il Pd conta sul fatto, come dicono senza perifrasi i suoi senatori, che oggi se c’è qualcuno che ha tutto da perdere nella fine del governo è proprio lui, Berlusconi, imputato e quasi condannato.
La partita a poker durerà tutta la notte. E domani l’assemblea dei democratici deciderà in base ai segnali che gli saranno arrivati dalle parti di Arcore. Non sarà comunque un’assemblea tranquilla, perché il Pd senza psicodrammi non sa vivere e pur avendo già abbassato i mutandoni riuscirà oggi a farlo nella maniera peggiore possibile.
I malumori che serpeggiano tra i senatori del Nazareno sono forti, ma non si appuntano sul ministro Alfano. Meno che mai sul capo della polizia Pansa e sulla sua relazione che nemmeno in un film di Costa Gavras. No, il problema è Guglielmo il reggente, Epifani insomma, che in un forum con “Repubblica” si è spinto sino ad affermare che, ove fosse accertato che don Angelino era al corrente del fattaccio, il medesimo dovrebbe alzare i tacchi. Ma come? Non si rende conto che con quelle parole ha ammesso che Alfano poteva sapere! Non capisce che così lascia scoperti i poveri senatori? Sono in parecchi a sibilare «Se questa è la linea del partito, io voto la sfiducia». In realtà il povero Epifani tentava un esercizio d’equilibrismo. Metteva le mani avanti garantendo la sfiducia, però solo in circostanze che, con ogni evidenza, non si sarebbero mai verificate, ma la debolezza della difesa di Alfano e l’inconsistenza della relazione di Pansa hanno messo ancor più in difficoltà lui e il suo partito.
Tutto, a parte la sfiducia di grillini e Sel, è quanto mai incerto. Con Vendola durissimo («la vergogna si chiama Alfano»), forse la Lega, che però preferirebbe prendersela direttamente con Letta. E per il resto tutto tornerà come prima, proprio come per gli F-35, salvati dal solito Pd poche ore prima.

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