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La via della crisi torna nell’alveo extraparlamentare

La via della crisi torna nell’alveo extraparlamentare

L'atteso imprevisto Una normativa cogente degli affari correnti non c’è. Mattarella ricalca il contenuto tipico di tali direttive, come quella adottata da Conte il 26 gennaio 2021

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 22 luglio 2022

Strana, imprevedibile, folle, irresponsabile, incomprensibile, sconcertante, improvvida. Sono – senza pretesa di completezza – gli aggettivi rivolti alla crisi del governo Draghi. Ma in realtà il copione era scritto da tempo, almeno a partire dalla turbolenta rielezione di Mattarella al Colle. E l’ultimo atto arriva ora con lo scioglimento delle Camere disposto dal capo dello Stato, e con il voto – a quanto si dice – il 25 settembre.

Il documento in nove punti presentato da M5S ha determinato un piano inclinato sul quale fermare la corsa verso la crisi è stato alla fine impossibile. La diffida ad adempiere consegnata a Draghi non poteva che sollecitare altri partner di maggioranza a presentare le proprie richieste, dai balneari ai tassisti ai cinquanta miliardi nelle tasche degli italiani. La principale chiave di lettura la troviamo allora in queste parole di Draghi in Senato: “Non votare la fiducia a un Governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro … Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo”.

La mossa M5S ha spinto il governo in una palude, data dal mix tra la eterogeneità genetica della maggioranza e un crescente clima pre-elettorale. Ha creato le condizioni per la tempesta perfetta, che apre ora a un confronto elettorale in cui – ad oggi – un centrodestra unito partirebbe favorito, in specie per la legge elettorale vigente.

Draghi premier poteva piacere o no. Personalmente trovavo l’esecutivo sbilanciato a destra, e su qualche punto, come l’autonomia differenziata, ero in radicale dissenso. Ma rimane inopportuna una crisi di governo in un contesto carico di urgenze e di emergenze. La parlamentarizzazione della crisi voluta da Mattarella non ha avuto successo. Il beneficio ipotizzabile ritornando nell’assemblea elettiva dipende dalla qualità delle forze politiche. Il parlamento attuale si candida a essere quello più sgangherato della storia repubblicana, per l’insostenibile leggerezza dei partiti e soprattutto per l’implosione di M5S, che paradossalmente ora, se per la scomparsa del “campo largo” corresse da solo, rischierebbe di riportare nelle assemblee una sparuta pattuglia di poche decine di parlamentari.

La crisi è rientrata conclusivamente nell’alveo di una crisi extra-parlamentare. Mattarella ha “preso atto“ delle dimissioni, che saranno formalmente accettate insieme alla nomina del nuovo governo per evitare una cesura di continuità nella funzione di governo. Rimane il nodo della permanenza in carica dei ministri che non hanno votato la fiducia. In ogni caso, l’esecutivo rimane in carica per “il disbrigo degli affari correnti”.

Quali sono? Mattarella ha dato indicazioni nell’annunciare lo scioglimento delle camere. Ha sottolineato che il governo “dispone comunque di strumenti per intervenire sulle esigenze presenti e su quelle che si presenteranno … il periodo che attraversiamo non consente pause negli interventi indispensabili”. Ha richiamato in specie l’emergenza economica e sociale soprattutto per i più deboli, la guerra in Ucraina e le esigenze di sicurezza dell’Italia e dell’Europa, l’attuazione del Pnrr, la pandemia. Ha auspicato un contributo costruttivo di tutti anche nel contesto elettorale.

È una moral suasion del Presidente. Una elencazione normativa cogente degli affari correnti non c’è. Secondo prassi, vengono definiti in una direttiva del presidente del consiglio dei ministri, non pubblicata in Gazzetta Ufficiale, e destinata ai ministri, viceministri e sottosegretari. Va detto che l’esternazione di Mattarella ricalca nelle grandi linee il contenuto tipico di tali direttive, come si può vedere leggendo ad esempio quella adottata dal dimissionario Conte il 26 gennaio 2021. Vi troviamo compresi gli atti di contrasto alla pandemia, e in generale gli atti urgenti e indifferibili, o soggetti a scadenze non prorogabili, come decreti-legge, decreti delegati in caso di scadenza della delega, nomine, osservanza di obblighi europei. Certo, alcune cose rimangono comunque precluse, come la presentazione di nuovi disegni di legge governativi. Questo chiude ad esempio la porta alla legge-quadro Gelmini sull’autonomia differenziata.

Bisogna però considerare la debolezza politica inevitabile di chi non ha il sostegno parlamentare. Il limite di ciò che non è oggettivamente urgente o è scelta non assoggettata a termini indifferibili non è sempre chiaro e netto. Tutto diventa più difficile e incerto. Tutto si rallenta. Mentre così non è per le domande e i bisogni del nostro vivere quotidiano.

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