La vendetta di Di Maio: promossi solo i suoi
Sottosegretari, malumori nel movimento L'ex vicepremier sceglie solo i fedelissimi. E rompe le regole interne. I parlamentari in dissenso: ha deciso da solo, ci saranno strascichi
Sottosegretari, malumori nel movimento L'ex vicepremier sceglie solo i fedelissimi. E rompe le regole interne. I parlamentari in dissenso: ha deciso da solo, ci saranno strascichi
Quando la lista dei viceministri e dei sottosegretari che completano il governo di Giuseppe Conte comincia a circolare, in mattinata, tra molti parlamentari grillini circola sgomento. «Non erano questi i patti», dice un deputato reduce dalla sfiancante e tortuosa manovra che avrebbe dovuto restituire «collegialità» al processo decisionale del Movimento 5 Stelle. Anche Roberto Fico pronuncia la parola magica: «Nel M5S serve più collegialità» da Napoli parlando coi giornalisti. E invece scorrendo l’elenco dei nominati ci si accorge che Luigi Di Maio ha deciso da solo. Aveva il compito di fare la sintesi tra le cinque candidature per ogni ministero che i presidenti di commissione grillini gli avevano consegnato e ha scelto di sistemare soprattutto quelli che considera più vicini. Una specie di vendetta: dopo aver subito le pressioni di deputati e senatori per far nascere l’alleanza col Pd e lasciar cadere la condizione che venisse confermato vicepremier, Di Maio ha deciso di mandare di traverso il governo a quelli che più lo avevano voluto.
Ed eccoli, gli intoccabili che fanno storcere il naso a molti eletti. Vito Crimi, dunque, lascia il posto da sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’editoria ma si trasferisce al ministero dell’’interno. La sua rimozione suona come una promozione. Crimi al Viminale trova il confermato Carlo Sibilia. Laura Castelli, uno dei nomi più discussi nei conciliaboli, resta all’economia. Vince il derby con Stefano Buffagni che va allo sviluppo economico. Manlio Di Stefano è confermato agli esteri: sarà il ministro ombra e supporterà Di Maio impegnato su più fronti. L’economista tarantino Mario Turco va alla presidenza del consiglio, da sottosegretario con delega alla programmazione economica. Un incarico non da poco. Balza agli occhi che l’unico dei 5 Stelle proveniente dalla città che alle politiche ha consegnato percentuali bulgare ai grillini non ha partecipato alle mobilitazioni contro l’inquinamento dell’Ilva, non viene dalla gavetta dell’attivismo di base, non si è sottoposto alle primarie. È stato catapultato alla candidatura, all’uninominale, proprio da Di Maio che adesso lo trasloca a Palazzo Chigi con l’idea di fargli tampinare il ministro dell’economia Gualtieri. I malumori che circolano per la scelta dei sottosegretari grillini vanno oltre la rivendicazione di maggiore pluralismo. Sono stati i mortificati i processi di partecipazione della base parlamentare che credevano di avere aperto una fase nuova durante le infuocate assemblee dei gruppi dello scorso mese di agosto.
La cosa più grave per i codici grillini sta nel fatto che con le scelte di ieri non si sarebbero rispettate state le regole. A più riprese era stato scandito che i presidenti di commissione o gli eletti ad altro incarico non erano nominabili per la poltrona di sottosegretario. Il che aveva messo fuori gioco alcuni tra i più attivi e decisi nel contrastare la linea del capo politico come Carla Ruocco, Luigi Gallo e Giuseppe Brescia. Ma Di Maio ha chiamato come viceministro della salute Pierpaolo Sileri, che fino a ieri era presidente di commissione. Anche Sileri, come Turco, non è un 5 Stelle doc: è un indipendente, chiamato da Di Maio a candidarsi al senato in uno dei collegi uninominali di Roma (la spuntò per poco). Anche la nomina di Giancarlo Cancelleri è una rottura dei patti: ha dovuto dimettersi da deputato all’Assemblea regionale siciliana per andare al ministero delle infrastrutture. «Si era dimostrato efficiente collaborando col ministro Toninelli», dicono dai vertici grillini. Altri ricordano che Cancelleri, al secondo mandato all’Ars, già in passato piazzato aveva piazzato sua sorella Azzurra alla camera. «Cominciamo malissimo, ci saranno strascichi», dice un parlamentare.
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