La valle del Pankisi, un passaggio in Georgia
Reportage In un luogo divenuto tristemente famoso per la forte presenza jihadista, una comunità di origini cecene svolge un antico rito celebrato da sole donne
Reportage In un luogo divenuto tristemente famoso per la forte presenza jihadista, una comunità di origini cecene svolge un antico rito celebrato da sole donne
Il percorso tra Tbilisi e il piccolo villaggio di Jokolo, nel mezzo della Valle del Pankisi, offre un suggestivo scenario di montagna. Dalla capitale georgiana, immersa in una valle verdeggiante, la strada prosegue verso le pendici dei monti caucasici, mostrando tutto il suo fascino. In lontananza un minareto ornato di linee e piastrelle finemente colorate d’ oro si fa spazio tra i tetti di un agglomerato di piccole case; inoltrandosi verso la vasta pianura, il richiamo alla preghiera caro ai musulmani (Adhan), echeggia tra le alture circostanti.
Siamo nella Valle Del Pankisi, una regione della Georgia nordorientale, confinante con la Repubblica di Cecenia della Federazione Russia. L’area ha subito un significativo periodo di instabilità tra il 1999 e il 2004. L’inizio della seconda guerra russo-cecena nel 1999 ha portato alla migrazione di alcuni combattenti separatisti ceceni nel territorio, accompagnati da un piccolo numero di miliziani stranieri impegnati nella guerra. Questi sono tornati in brevissimo tempo in territorio russo ed alla fine vi sono morti combattendo.
«Un territorio alla mercé di jihadisti radicali» è stato spesso letto su alcuni media internazionali negli ultimi anni, basandosi su poche conoscenze della stessa area. Le diverse comunità che convivono nella valle rifiutano fortemente questo epiteto negativo, spiegando chiaramente che «la breve situazione di incontrollabilità è divenuta solo una questione di sicurezza quando elementi criminali coinvolti in sequestri e contrabbando di droghe hanno sfruttato la situazione caotica sul confine per fare soldi». Non è un caso che la zona sia la patria di una cultura molto particolare, oggigiorno ancora ben fiorente nell’area, spesso criticata ed attaccata dagli stessi islamisti radicali. Il Pankisi è infatti la valle dove, dal lontano XVIII secolo, vivono i Kisti, un’antica comunità musulmana e d’origine cecena, altamente influenzata dal sufismo.
Il fiume Alazani, che ha origine nel Grande Caucaso, scorre tranquillo, non lontano da alcune abitazioni del piccolo villaggio di Jokolo. Molti locali, per rinfrescarsi dalla calda estate, siedono sulle sue sponde quando l’acqua non tende a minacciare le case, rilassandosi e godendosi la vista sule vette caucasiche. Tra i cavalli lasciati pascolare liberi in questo angolo tranquillo, alcuni anziani controllano i loro animali che pasturano vicini alle rive del fiume.
«Queste sono le terre dei Kisti», afferma un anziano mentre passeggia tra gli alberi in prossimità dell’Alazani, puntando lo sguardo verso le cime caucasiche e l’immensa vallata. Un altro uomo, seduto su un tronco d’albero ed intento ad ascoltare la conversazione, ribadisce: «Abbiamo le nostre tradizioni radicate nel tempo, uniche nel loro genere, come il Dkhir. È un antico rituale sufi, praticato solo da donne della valle». Il suo nome è Tengizi, un Kisto che vive da sempre nella valle come allevatore.
È proprio tale rito che rende questa valle unica in tutto il mondo. Il sufismo è un ramo mistico dell’Islam che enfatizza l’incontro diretto e personale con Dio.
Il Dhikr, che significa «ricordare» in arabo, si riferisce sia ad un appello silenzioso verso la divinità che ad una preghiera comune destinata a dissipare la paura, sbloccare il potenziale personale e portare il partecipante più vicino ad Allah. Consiste in una celebrazione estatica comunitaria fatta nel nome di Dio che prende la forma di canto, ballo esuberante e, qui nel Pankisi, nella richiesta di marshua kavkaz «pace nel Caucaso».
«Le donne che praticano questo rituale vogliono esortare il mondo esterno a pensare alla pace, piuttosto che alla guerra. Questa meravigliosa valle deve essere conosciuta per questo», spiega Arbi, uno studente d’ inglese locale, incontrato durante una passeggiata tra i boschi che sovrastano la valle.
«La maggior parte delle donne che partecipano al rituale, si considerano Hadjiiste, ovvero seguaci del mistico ceceno pacifista del XIX secolo chiamato Kunta Hadji-Kushiev, che predicava una dottrina intrisa d’amore fraterno e resistenza nonviolenta», continua a raccontare il giovane ragazzo. È Venerdì nella valle e come ogni settimana la cerimonia del Dhkir avrà luogo nella più antica moschea di Duisi, il villaggio principale dell’area. Oggi è il giorno del Jumu’ah, la principale preghiera settimanale per i musulmani ed a Duisi, tra un piccolo gruppo di case, si scorge il singolare minareto della moschea antica; all’interno del suo cortile principale, da un angolo adiacente l’edificio dominante, fa capolino una piccola struttura in legno nella quale dodici donne siedono silenziosamente.
«Ecco dove conduciamo Dhikr» spiega una delle donne, Khadishat, tra le personalità più influenti del Pankisi. In un silenzio contemplativo, la cerimonia ha inizio. Le donne siedono in un cerchio, cantando mestamente il nome di Dio e Maometto accrescendo l’intensità della voce minuto dopo minuto, accompagnandosi con il battito delle mani, finché giunte ad un apice d’ispirazione si alzano d’improvviso. Il ritmo sempre più avvincente si mescola alla melodia della voce, poi correndo in cerchio entrano in uno stato estatico, cantando più e più volte, «La ilaha illa Allah» – «non c’è divinità se non Dio». Per chi non conosce affatto la tradizione Sufi, queste donne possono essere parzialmente paragonate ai famosi dervisci vorticanti in Turchia.
L’atmosfera è suggestiva, la voce e lo stato di abbandono delle donne della cerimonia rapisce l’attenzione per l’ardore che viene espresso nel recitare il Dhikr nonostante la loro età compresa tra i 60 e gli 80. La cerimonia raggiunge il punto di massima intensità nel momento in cui la ritmica simultanea delle voci segue in maniera assidua il calpestio cadenzato dei piedi ed il battito delle mani ad una velocità estrema. Lo stato estatico di ogni donna cancella l’affaticamento dovuto al movimento incessante, finché il ritmo riduce la sua velocità in una mistica tranquillità naturale, seguendo lentamente la melodia della voce che continua a recitare il nome di Allah. La Cerimonia si conclude con il saluto delle presenti al «Gran Maestro», che ha guidato il Dhikr, con abbracci e strette di mano. Il recitare con forte enfasi il nome di Dio non viene mai interrotto.
C’è un gran silenzio dopo la cerimonia. Tra le case del Pankisi il richiamo alla preghiera guida i passi tra i campi della valle sino a che, poco distanti da Jokolo, un contadino locale visibilmente affaticato da una dura giornata di lavoro ai piedi delle montagne racconta, «Questa è una valle ricca di pace, di cultura e di persone diverse che vivono la tranquillità delle montagne» le ultime parole di Khasan, ultra ottantenne della Valle di Pankisi.
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